di Serena Allevi
Gli attacchi di panico sono un disturbo, spesso invalidante, sempre più comune. Infatti, l'OMS ha stabilito che ben il 7% della popolazione mondiale soffrirebbe di attacchi di panico e, secondo i dati più recenti dell'Istituto Superiore della Sanità, circa un milione di persone all'anno in Italia sperimenta un disturbo di panico.
Insomma, vietato sentirsi soli: la fascia di popolazione più a rischio di attacchi di panico, è quella composta da donne di età compresa tra i 20 e i 40 anni. E c'è di più, sempre secondo questi dati, a essere colpite da questo disturbo sono soprattutto le donne apparentemente più sicure di sé, controllate ed equilibrate.
I SINTOMI FISICI
L'attacco di panico si manifesta con una sintomatologia che, spesso, è confusa con un attacco cardiaco o una patologia di tipo neurologico. Soprattutto se si è colpiti da un disturbo di panico per la prima volta nella vita.
I sintomi fisici più comuni sono: sudorazione, tachicardia, respirazione difficoltosa, debolezza muscolare, disturbi visivi, svenimento, formicolii. Emotivamente, il panico si manifesta con la sensazione di impazzire, di claustrofobia (non avere via di uscita), di morte imminente. I sintomi possono durare fino a 10 minuti che, però, sembrano davvero un'eternità.
LA PAURA CHE RICAPITI
Soffrire di attacchi di panico può essere davvero invalidante, dal momento che limita fortemente la vita lavorativa e sociale del paziente. Infatti, come ben descrive il Centro Milanese di Psicoanalisi C. Musatti, l'attacco di panico è la manifestazione imprevedibile di un'angoscia intensa, di un vissuto non elaborato in cui è nascosta proprio la paura di cui non si è consapevoli. La stessa paura che scatena l'attacco di panico.
Ed è in questi momenti che i meccanismi neurovegetativi sfuggono a ogni tipo di controllo razionale e la paura che l'attacco di panico si ripeta scatena, nel paziente, una serie di strategie limitanti e frenanti (per esempio, non andare al cinema o non guidare o, ancora, non riuscire a fare la spesa al supermercato).
Spesso, infatti, al disturbo di panico si associa anche una condizione di agorafobia: ansia di trovarsi in luoghi e situazioni in cui sarebbe complicato allontanarsi.
PSICOTERAPIA
Considerato il quadro invalidante dei sintomi del disturbo di panico e dell'agorafobia, è necessario trovare una soluzione che sia, però personalizzata. Infatti, come sottolineano gli esperti, un attacco di panico nasconde una paura profonda e non elaborata, di cui ovviamente non si è inizialmente consapevoli.
Tanto che l'attacco di panico viene descritto come improvviso e inaspettato, colpendo soprattutto le persone sicure di sé e controllate. L'esigenza, quindi, è duplice: imparare a gestire l'attacco, superandolo, attenuandone i sintomi e non limitando la propria vita sociale, e scoprire la causa scatenante attraverso un percorso di psicoterapia.
Come descritto nel volume "Il disturbo di panico. Psicoterapia cognitiva, ipnosi e EMDR" di Giannantonio e Lenzi, l'approccio cognitivo-comportamentale per curare il disturbo di panico, si deve arricchire di strumenti operativi provenienti, oltre che dalla psicoterapia cognitiva, anche dalla psicoterapia ipnotica e dell'EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing).
STRATEGIE SOS
Quando l'attacco di panico colpisce, è importante sapere cosa fare. La prima mossa consigliata dagli esperti è quella di allontanarsi dalla situazione contingente.
Per esempio, cercando di uscire dalla folla, sedendosi, aprendo le finestre o spostandosi in una zona ombreggiata. Molto importante è anche estraniarsi mentalmente, attraverso l'applicazione di tecniche di distrazione cognitiva (per esempio, contando alla rovescia saltando tre numeri o, ancora, pensando a una situazione piacevole e arricchendola di dettagli descrittivi).
Inoltre, è molto importante concentrarsi sulla respirazione e, appoggiando una mano all'altezza dell'ombelico, focalizzarsi solo sull'aria che entra ed esce. In questo senso, possono rivelarsi molto utili tecniche come lo yoga, la meditazione o il training autogeno.
NO AL FAI DA TE
In Italia, secondo lo studio Ipsad (Italian Population Survey on Alcohol and other Drugs) guidato dall’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pisa, a fare uso di psicofarmaci sarebbe il 5,5% della popolazione. Con una spiccata predominanza femminile: gli uomini, infatti, tenderebbero ad affogare ansie e disturbi correlati nell'alcol (analoga forma di dipendenza).
Spesso si ricorre agli psicofarmaci applicando un pericoloso fai da te e, soprattutto, non sempre ci si attiene alla prescrizione del medico curante in termini di dosaggio e durata della cura.
Se si soffre di disturbo di panico, è necessario effettuare tutti gli step necessari previsti dalla terapia specifica: dalla psicoterapia alle tecniche di rilassamento, per arrivare in ultima istanza al trattamento farmacologico prescritto tassativamente dal medico specialista.