AUTOMEDICAZIONE

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’automedicazione come «il prendersi cura della propria salute senza consultare il medico». A questo scopo il paziente acquista e assume farmaci che non richiedono una prescrizione e vengono definiti da banco o, dall’inglese, OTC (Over The Counter). Sono farmaci che servono per curare autonomamente disturbi passeggeri, eventualmente con il consiglio […]



L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’automedicazione come «il prendersi cura della propria salute senza consultare il medico». A questo scopo il paziente acquista e assume farmaci che non richiedono una prescrizione e vengono definiti da banco o, dall’inglese, OTC (Over The Counter). Sono farmaci che servono per curare autonomamente disturbi passeggeri, eventualmente con il consiglio del farmacista o sulla base di indicazioni date in altra occasione dal medico, ipotizzando la comparsa di un disturbo che non richiedesse la consultazione diretta di un sanitario.

Attualmente sono in commercio in Italia più di 80 specialità farmaceutiche definibili come OTC e che possono essere classificate, in base alla categoria terapeutica di appartenenza, in:

  • farmaci attivi sul sistema respiratorio (decongestionanti nasali, farmaci antitosse, antiallergici);
  • farmaci attivi sul tratto gastrointestinale: antiacidi, antisecretivi gastrici, antivomito (antiemetici), favorenti la regolare motilità gastrica (procinetici), purganti (lassativi), antidiarroici;
  • farmaci attivi contro il dolore (analgesici) o la febbre (antipiretici);
  • farmaci attivi sul metabolismo (integratori minerali, vitamine, prodotti per il controllo del peso corporeo).

Sebbene questi farmaci presentino una notevole sicurezza d’impiego, è importante tenere presente che anche per essi esistono alcuni potenziali pericoli.

I rischi maggiori sono connessi al fatto che, in assenza di prescrizione, c’è un minor controllo da parte dei professionisti sanitari e quindi può aumentare la probabilità che il farmaco venga usato per situazioni in cui esso non è indicato, a dosi non previste, per periodi non corretti o in associazione ad altri farmaci o alimenti che ne modifichino sicurezza ed efficacia.

Capita spesso che il paziente non consideri gli OTC come veri e propri farmaci e, di conseguenza, non si preoccupi di riferirne l’uso al medico curante. Questo atteggiamento può risultare estremamente pericoloso in quanto il medico potrebbe prescrivere un farmaco che, interagendo col prodotto da banco che il paziente assume senza averglielo riferito, potrebbe essere responsabile di gravi reazioni avverse o fallimenti terapeutici.

Per esempio l’acido acetilsalicilico, farmaco da banco, non andrebbe mai associato ad anticoagulanti da prescrizione, mentre gli antiallergici da banco potrebbero potenziare l’effetto sedativo di farmaci prescritti per l’ansia (benzodiazepine), antidepressivi o alcol, compromettendo così il livello di attenzione dei pazienti alla guida di autoveicoli.

Un altro importante fattore di rischio è dato dalla non conoscenza del contenuto dei farmaci da banco acquistati. Il paziente tende infatti a identificare il prodotto in base al nome commerciale e non in base ai principi attivi in esso contenuti, anche a causa delle pubblicità commerciali presenti sui mezzi di informazione di massa (giornali, riviste, radio e televisione) che per i farmaci OTC – diversamente dai farmaci soggetti a prescrizione – sono consentite. Come conseguenza, accade molto spesso che un paziente, inconsapevolmente, assuma due o più farmaci che in realtà contengono gli stessi principi attivi, ma che sono pubblicizzati per la cura di disturbi tra loro differenti (per esempio tosse, raffreddore, sintomi influenzali o febbre).

Il rischio è ancora maggiore quando gli OTC contengono due o più sostanze nella stessa formulazione (per esempio un decongestionante nasale più un antistaminico per la rinite allergica, oppure un decongestionante nasale più un antistaminico più un sedativo della tosse, oppure un antinfiammatorio più un decongestionante nasale per i sintomi influenzali, e così via). Il risultato è che questi pazienti potrebbero andare incontro a fenomeni di sovradosaggio, estremamente pericolosi soprattutto nel caso di sostanze come il paracetamolo (tossico oltre una certa quantità) o farmaci simpaticomimetici (quali i decongestionanti nasali).

I bambini sono i soggetti più esposti a rischio di danni da farmaci acquistati per automedicazione, poiché a differenza degli adulti il loro organismo non ha completamente sviluppato i meccanismi necessari per metabolizzare i farmaci assunti.

Non va infine sottovalutato il rischio che un disturbo anche banale (per esempio una sensazione di “acidità di stomaco”, una cefalea o una tosse) possa rappresentare un sintomo di una malattia ben più grave. In tali casi, il ricorso a farmaci da banco potrebbe ritardarne la diagnosi e conseguentemente creare maggiori danni al paziente. Per questa ragione, è importante recarsi dal medico nel caso in cui i sintomi non scompaiano dopo tre/cinque giorni di trattamento con farmaci da automedicazione.

Gravidanza e allattamento Molti farmaci sono in grado di filtrare nel latte materno a concentrazioni sufficienti a provocare effetti nocivi sul neonato. Durante l’allattamento, il verificarsi di reazioni avverse e la loro entità dipende dalla quantità di latte ingerita dal bambino, dalla dose del farmaco, dagli intervalli tra le dosi e dalla durata della terapia.

Se la donna deve seguire una terapia farmacologica contemporaneamente all’allattamento, dovrebbe assumere i farmaci lontano dalle poppate, alle più basse dosi efficaci e per il più breve tempo possibile.

Molti farmaci da banco, se assunti in gravidanza, possono anche produrre effetti dannosi sullo sviluppo fetale.

Quando, durante la gravidanza, è necessaria una terapia farmacologica, è opportuno scegliere sempre il farmaco che, a parità di efficacia, sia più sicuro per la madre e soprattutto per il feto, e il cui utilizzo avvenga al minimo dosaggio terapeutico e per un tempo limitato alla risoluzione dell’effetto. Tuttavia, questa linea di condotta non viene quasi mai seguita nella cura dei disturbi banali; si stima infatti che circa la metà dei prodotti assunti in gravidanza sia rappresentata da farmaci OTC.

Tanto per fare un esempio, l’uso inappropriato dei decongestionanti nasali costituisce un fenomeno frequente, non esente dalla possibilità di provocare gravi effetti collaterali alla madre e al feto. Il raffreddore è infatti una patologia piuttosto comune tra le gestanti, la cui insorgenza è facilitata dall’aumentata produzione di estrogeni che si ha durante la gravidanza.

Sono stati recentemente segnalati alcuni casi di gravi deformazioni agli arti in neonati esposti in utero a questi farmaci. Inoltre, un uso prolungato potrebbe indurre modificazioni della frequenza cardiaca del feto, fortunatamente reversibile alla sospensione della terapia.

Va infine ricordata la pericolosità associata all’uso di terapie combinate. Per esempio, se la madre assume del ferro in associazione a una terapia con un multivitaminico, quest’ultimo interferisce con l’assorbimento del primo, per cui il ferro sarà meno disponibile e quindi verrà compromessa la possibilità di ottenere una risposta positiva al problema per il quale il ferro era stato prescritto.

Anziani e OTC Gli anziani rappresentano una categoria a rischio, in quanto particolarmente soggetti allo sviluppo di reazioni avverse, dal momento che metabolizzano i farmaci in maniera più lenta e meno efficace. Inoltre, i soggetti in età avanzata possono essere affetti da una o più malattie concomitanti e spesso croniche, per le quali debbono assumere uno o più farmaci contemporaneamente, aumentando così il rischio di interazioni farmacologiche tra questi e i farmaci da banco eventualmente assunti.

Per esempio, i decongestionanti nasali (inclusi quelli solo per uso locale) non vanno somministrati a soggetti cardiopatici o con problemi di ritenzione urinaria (come sono i pazienti anziani con ipertrofia prostatica), poiché possono peggiorarne la sintomatologia.

Un’altra categoria di farmaci da automedicazione molto usata dagli anziani (ma non solo) è quella dei lassativi. Anche per questi (soprattutto quelli che aumentano la motilità intestinale come i derivati della Senna) esiste un rischio collegato al loro abuso o uso improprio. Quest’ultima circostanza si verifica per esempio nelle giovani donne che assumono lassativi a scopo dimagrante. L’uso abituale e prolungato di questi farmaci può determinare gravi danni sia sul tratto gastrointestinale sia sull’intero organismo.

All’abuso possono infatti conseguire disidratazione, gastroenteropatia con perdita di proteine del sangue, indebolimento dell’osso della colonna vertebrale per un’eccessiva perdita di calcio nelle feci. L’utilizzo cronico può comportare esso stesso una condizione di stitichezza dovuta alla perdita dei regolari e automatici movimenti intestinali (atonia colica), creando un ulteriore motivo per continuare l’automedicazione e innescando così un circolo vizioso che può causare seri danni alla salute.

Le conseguenze dell’abuso di lassativi in quest’ultimo caso sono spesso gravi: problemi cardiaci per eccessiva riduzione della concentrazione del potassio nel sangue, danni cerebrali per riduzione della concentrazione del sodio nel sangue, lesioni della mucosa intestinale e stitichezza cronica.

I farmaci del dolore e della febbre Una cura particolare va dedicata all’automedicazione con i farmaci in commercio come prodotti “da banco” per la cura dei dolori e della febbre. Se in quest’ultimo caso, infatti, si tratta generalmente di un impiego di breve durata, nel caso dei pazienti (specie anziani) con dolori cronici (quale può essere l’artrosi) un abuso di questi prodotti è estremamente frequente, con il rischio che si instaurino danni anche molto gravi all’organismo o che venga compromessa l’efficacia di altri farmaci assunti su prescrizione del medico, per esempio quelli per la cura della pressione alta.

Automedicazione: a chi rivolgersi? In caso di dubbi o incertezze e in assenza del medico curante è consigliabile chiedere un parere al farmacista sulla scelta del farmaco da banco e sul suo corretto uso. Il farmacista, inoltre, può svolgere un ruolo importante nel prevenire possibili problemi derivanti da un utilizzo non appropriato di questi farmaci. Per tale ragione, nell’acquistare un prodotto da automedicazione è buona norma riferire al farmacista le eventuali altre patologie di cui si soffre e gli altri farmaci che si stanno assumendo, inclusi i prodotti erboristici e gli integratori alimentari. [S.P., A.P.C.]