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Colon irritabile: l’alimentazione giusta (più efficace dei farmaci)

Chi soffre di colon irritabile non si arrenda a dolori e pancia gonfia. Perché la scienza ha scoperto quali cibi vanno evitati (temporaneamente) e quelli da prediligere. Ecco il parere di un grande esperto e un esempio della dieta che funziona

Foto: iStock



In un mondo sempre più stressato era quasi impossibile che il nostro secondo cervello non seguisse il suo “fratello maggiore”, perlomeno irritandosi. Ed ecco, appunto, che la Sindrome dell’intestino irritabile (IBS) tocca, a seconda delle ricerche, fino al 15% della popolazione adulta (con una maggiore incidenza fra le donne), età media fra i 25 e i 50 anni. Ma questa sindrome, il colon irritabile, che unisce un insieme di sintomi alternanti (stipsi e dissenteria, per esempio) a segni clinici attribuibili a tutto e niente (come stanchezza o pancia gonfia) trova oggi soluzioni sempre più efficaci, a partire dal farmaco che si è dimostrato risolutivo in molti di questi casi, il cibo.

Il punto lo fa il professor Silvio Danese, gastroenterologo di fama e autorevole voce in questo campo, con il suo ultimo libro L’intestino e le sue diete (Ed. Sonzogno, 137 pagine, 17 €), scritto con Ambra Ciliberto, dietista della sua équipe all’Ospedale San Raffaele di Milano, che ha realizzato per Starbene una dieta con 6 giornate tipo a prova di bizze addominali.


Colon irritabile, enigma intestinale

Enigma intestinale:così definisce il colon irritabile Silvio Danese, parlando dei sintomi che lo contraddistinguono: «Un giorno ci si sente gonfi come un palloncino, quello dopo si hanno dei crampi che se non si raggiunge il bagno in fretta sono guai», ci spiega.

«Si possono poi aggiungere mal di pancia, meteorismo e una sensazione di svuotamento incompleto, persino la stanchezza. Il problema è che questi disturbi tendono a diventare cronici, con periodi di miglioramento e ricadute». Ciò spiega anche perché la Sindrome non è di facile individuazione. «Non esiste un test specifico: si fanno esami per escludere le altre malattie, come quelli del sangue per verificare se ci sono infezioni, test del respiro per le intolleranze al lattosio, al glucosio o al lattulosio», sottolinea Danese.

«Si può eseguire un’ecografia e, in certi casi, persino la colonscopia. Si verifica poi quando la flora intestinale è in equilibrio perché, se alterata, può rendere l’intestino più sensibile e reattivo. Inoltre, tengo sempre conto del fattore stress (il 35,9% dei pazienti con questo problema soffre di ansia a livelli importanti): intestino e cervello sono strettamente collegati attraverso un asse, una sorta di autostrada della comunicazione tra sistema nervoso e apparato digerente. Quando siamo ansiosi il nostro corpo rilascia cortisolo e altre sostanze che possono alterare la motilità intestinale e aumentare la sensibilità viscerale. Le donne, poi, notano un peggioramento in certi momenti del ciclo mestruale».


Colon irritabilee: l'alimentazione più efficace dei farmaci

L’anno scorso la prestigiosa rivista scientifica The Lancet Gastroenterology and Hepatology ha pubblicato un esperimento che dimostra che, in molti casi di IBS, modificare il proprio menu a tavola è più efficace di un farmaco. 241 donne e 53 uomini, tutti con colon irritabile, sono stati divisi in tre gruppi: il primo ha seguito una terapia farmacologica, il secondo una dieta povera di zuccheri fermentabili (FODMAP) e il terzo un regime alimentare povero di carboidrati. Le diete hanno migliorato i sintomi come gonfiore e dolore addominale, stipsi e diarrea molto più di quanto non avessero fatto le medicine.

«In particolare la dieta FODMAP ha dimostrato, attraverso molti studi e nella pratica, di essere efficace fino alla guarigione nel 70% dei casi di IBS», sottolinea la dottoressa Ambra Ciliberto. «Messa a punto nel 2004 dai ricercatori australiani della Monash University, è diventata famosa come “sgonfia-pancia”, ma non serve ad appiattire l’addome o a dimagrire».

FODMAP significa alimenti con alto contenuto di fibre a potere fermentativo e zuccheri a catena corta (oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli): «Fermentano nell’intestino aumentando il volume dell’acqua presente e scatenando, nelle persone con ipersensibilità a queste sostanze, i sintomi dell’IBS», sottolinea Ciliberto.


Dieta FODMAP, i cibi sì e i cibi no

«I FODMAP si trovano soprattutto nei latticini, nella frutta, nella verdura e nei legumi, ma anche nei dolcificanti artificiali come mannitolo e sorbitolo (occhio ai chewing-gum). Per fortuna non tutte queste categorie di cibi (alcune preziose per l’organismo) sono ad alto con tenuto di fibre fermentative e zuccheri “corti”: così nelle verdure sono troppo FODMAP asparagi e cipolla, mentre vanno bene carote, pomodori e zucchine; nella frutta no a mele e pesche, sì ad arancia e kiwi; nei latticini no al latte vaccino, sì ai formaggi stagionati o delattosati. E così via. Una tabella precisa messa a punto dai ricercatori consente di adottare una dieta a basso contenuto di alimenti “no” che prescrivo ai miei pazienti in tre step: la fase di eliminazione, quella di reintroduzione graduale dei cibi a rischio e una di mantenimento. I risultati sono sorprendenti».

Non si tratta di un regime a lungo termine perché rientrare nella dieta mediterranea è il traguardo dopo che si è riusciti a debellare i sintomi. «La fase di esclusione dei cibi a rischio dura massimo 8 settimane, perché non è equilibrata: per questo deve essere seguita dalla dietista, anche perché il 30% dei pazienti che non risponde a questa soluzione deve seguire altre terapie», spiega.

«I probiotici possono aiutare a riequilibrare il microbiota, le tisane a base di malva o finocchio rilassano le pareti addominali e quindi migliorano i sintomi, mentre gli antispastici riducono il dolore», aggiunge Danese. «Lassativi e antidiarroici sono permessi ma vanno calibrati su ogni paziente. Inoltre, in caso di forte ansia o stress, considero l’impiego di medicinali a base di benzodiazepine, che migliorano l’umore e hanno un effetto rilassante sulla muscolatura intestinale. Infine, diversi studi evidenziano come bassi livelli di vitamina D siano caratteristici delle persone con IBS, quindi si valuta un’integrazione».


Il trucco della patata

Un altro problema di chi soffre della Sindrome del colon irritabile è che, dovendo evitare le fibre per prevenire i sintomi più fastidiosi, si priva automaticamente dei vantaggi che queste ultime hanno per la salute in generale. Una soluzione arriva dal tubero più famoso, la patata.

«Dopo la cottura, una volta raffreddate, le patate rilasciano un tipo di amido resistente agli enzimi digestivi e indigeribile», spiega la dottoressa Ambra Ciliberto, dietista. «La sostanza si comporta come la fibra alimentare, nutrendo i batteri buoni presenti nel microbiota intestinale. Questa “finta fibra”, bypassando il problema tipico dell’IBS con questa tipologia di sostanze prebiotiche, potrebbe davvero integrare una dieta a basso contenuto FODMAP, per esempio in forma di frittata o in puré servito ore dopo la cottura, perché il trucco sta proprio nella fase che la segue».



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