Come scegliere il salmone e consumarlo senza rischi

Questo pesce dei mari freddi, ricco di preziosi nutrienti, piace sempre di più. Crudo o cotto, pescato o allevato, al naturale o affumicato: i nostri esperti ti spiegano come consumarlo senza rischi



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Arrivava in tavolta in occasione delle feste, soprattutto natalizie, oppure come prelibatezza per deliziare gli amici a cena: fino a qualche anno fa il salmone non faceva parte della nostra routine alimentare. Anche per via del prezzo che ne faceva un prodotto di lusso.

Oggi, invece, è decisamente apprezzato dagli italiani: con circa 2,4 kg pro capite l’anno, il nostro è il quinto Paese europeo per consumo. E piace prevalentemente affumicato (59,7%), in seconda battuta lo scegliamo fresco (30,1%) e in minor misura congelato (15,2%). Certo, sono arrivati il sushi e la cucina fusion di ispirazione orientale a renderlo di moda ed è anche aumentata in maniera esponenziale l’offerta, tanto che ormai questo pesce dei mari freddi si trova comodamente confezionato e già affettato al supermercato o si può acquistare al banco del fresco.

E poi ha l’approvazione dei nutrizionisti, grazie al ricco contenuto di grassi buoni, gli ormai famosi Omega 3, dai molteplici effetti benefici per il nostro organismo.

Nello stesso tempo, però, si tratta anche di un prodotto che è stato messo sotto accusa per via del suo ciclo produttivo e i potenziali pericoli per l’ambiente e la salute dei consumatori, diretta conseguenza della crescente richiesta del mercato che ha trasformato pesca e allevamento in una vera e propria industria.

Ecco perché abbiamo chiesto ai nostri esperti, il dottor Giorgio Donegani, tecnologo alimentare, e la dottoressa Flavia Bernini, biologa nutrizionista, di fare chiarezza in questa breve guida alla scelta e all’acquisto del salmone, per un consumo privo di rischi.


Il salmone è "pericoloso"? Allarmismo giustificato?

Come prima cosa bisogna fare distinzione tra il salmone pescato e di allevamento; quello che consumiamo è per la maggior parte salmo salar, specie allevata negli impianti di acquacoltura del Mare del Nord e dell’Atlantico, esportato da paesi come la Norvegia, la Scozia, il Canada e anche l’Irlanda.

Il pescato, conosciuto anche come salmone selvaggio, di solito arriva dal Pacifico, dall’Alaska: si tratta dell’oncorhynchus, e si trova generalmente tra fine primavera e inizio autunno. A creare preoccupazione e allarme, dopo la denuncia di diverse associazioni ambientaliste, sono proprio le conseguenze della produzione intensiva, sia rispetto al trattamento dei salmoni, sia per l’impatto ambientale.

Questa pratica di allevamento genera infatti un’enorme quantità di rifiuti biologici, organici e chimici; depositandosi sui fondali marini, gli scarichi sono dannosi per l’ecosistema. Inoltre, sono venuti alla ribalta casi in cui gli esemplari venivano ammassati a gruppi anche di 100mila nelle vasche (gabbie di rete immerse nel mare) di 30 m di diametro con tassi di mortalità che arrivavano a sfiorare il 25% a causa della proliferazione di parassiti; da qui il ricorso a antiparassitari e antibiotici in eccesso, in un circolo vizioso che aumenta le sostanze inquinanti e penalizza la qualità del prodotto.

Interviene al riguardo il dottor Giorgio Donegani: «Ci sono stati scandali inquietanti ma non è certo la regola. È vero che l’allevamento “intensivo” prevede un’alta concentrazione di pesce per volume d’acqua, però è sottoposto a limiti, norme e controlli. Oggi la sostenibilità impone tecniche di prevenzione rispetto al pericolo maggiore dell’acquacoltura intensiva, il cosiddetto “pidocchio del salmone” che si attacca al pesce e lo “mangia” mentre è ancora in vita: l’esemplare malato viene immediatamente ndividuato e isolato, proprio per imitare l’uso di medicinali e presidi chimici.

Gli allevamenti “virtuosi” si distinguono anche per la scelta dei mangimi, fondamentali per la qualità. A ulteriore tutela del consumatore sottolineo che, prima che il prodotto arrivi sul mercato, le autorità sanitarie verificano che siano rispettati i parametri stabiliti dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, per la somministrazione di antibiotici e antiparassitari; il limite previsto per eventuali residui è fissato a un livello dieci volte inferiore a quello di possibile rischio. Purtroppo permane il danno ambientale e per la fauna marina, dovuto agli scarti produttivi».

Fortunatamente, da qualche anno stanno nascendo acquacolture estensive, dove le condizioni di allevamento simulano quelle naturali e nel pieno rispetto dell’ambiente.


Il salmone fa parte a pieno titolo della nostra dieta

Il salmone è un alimento decisamente benefico dal punto di vista nutrizionale: «Oltre a fornire proteine di alta qualità, è una miniera di vitamine come la A e quelle del gruppo B, nonché di sali minerali, tra cui selenio e fosforo», conferma la dottoressa Flavia Bernini, biologa nutrizionista.

«Inoltre, è una fonte preziosa di Omega 3, acidi grassi a lunga catena, fondamentali per le loro proprietà antinfiammatorie, antiaggreganti e vasodilatatrici. Recenti studi hanno messo in relazione i “grassi buoni” contenuti nel pesce (i cosiddetti EPA, acido eicosapentaenoico e DHA, acido docosaesaenoico) a un rischio inferiore di mortalità. In particolare, soggetti con livelli più alti nel sangue presentano una pressione arteriosa più bassa, una riduzione dei trigliceridi ematici e un minor rischio di formazione dei coaguli».


Salmone fresco o affumicato: le porzioni consigliate

In una dieta equilibrata, si consiglia il consumo di pesce 2 o 3 volte a settimana: uno di questi pasti può prevedere una porzione da 150 g di salmone fresco e di qualità.

«Consiglio di gustarlo preferibilmente cotto, così da distruggere tutti i batteri», consiglia la dottoressa Bernini. La quantità consigliata cambia per quello affumicato: «È un prodotto conservato, che andrebbe consumato a dosi di circa 50 g a settimana: ha un’alta concentrazione di sale, dovuto alla salagione prima dell’affumicatura», osserva la nutrizionista.

Inoltre, i nostri esperti suggeriscono di limitare quantità e frequenza dei prodotti affumicati perché i fumi, rilasciati dal processo di combustione, contengono composti chimici che si depositano sulla superficie e vengono in parte assorbiti e che sono potenzialmente nocivi per la nostra salute.



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