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Sesso: quando è una malattia

Quando il rapporto con il sesso diventa patologico può danneggiare la vita delle persone. Scopri cos’è la sex addiction

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Dopo che è salito a più di 100 il numero di attrici, modelle ed ex dipendenti che lo hanno accusato di molestie, il produttore americano Harvey Weinstein ha finalmente preso coscienza dei suoi problemi e ha annunciato di voler effettuare una terapia per combattere la dipendenza da sesso.

E non è il primo vip a confessarlo: prima di lui, lo hanno fatto star del grande schermo come Michael Douglas, Mickey Rourke, Burt Reynolds e anche Sharon Stone... Ma qual è lo spartiacque tra un’intensa vita sessuale e la sex addiction?


I segnali sono chiari

«Il rapporto con il sesso, al pari di quel che succede con il gioco d’azzardo o lo shopping, diventa patologico quando si trasforma in un disturbo compulsivo, una sorta di sexbulimia, scandita a suon di avventure prive di sentimenti, affettività ed emozioni e, soprattutto, fuori da ogni controllo», spiega la dottoressa Nicoletta Suppa, psicoterapeuta specialista in sessuologia clinica a Roma.

«Si stima che in Italia ne soffra il 6% degli uomini e il 3% delle donne, per i quali il sesso è una vera e propria droga, un’ossessione che impedisce di controllare i propri impulsi e di scegliere se e quando esprimerli.

Chi soffre di sex addiction ricorre anche a ripetuti rituali solitari, scanditi da ossessive fantasie sessuali, pratiche eccitatorie e masturbatorie, sesso virtuale e utilizzo smodato di pornografia, che arrivano addirittura a impedirgli di svolgere le attività quotidiane e il lavoro.

Il sesso diventa anche un anestetico per combattere lo stress, una illusoria via di fuga al proprio malessere interno. Questo disturbo ha inevitabilmente un impatto negativo sulla vita di relazione (l’altro diventa un oggetto) e quella professionale e nel tempo genera senso di frustrazione, vergogna, solitudine, abbassamenti e sbalzi dell’ umore, spesso legati all’impossibilità di scaricare la tensione sessuale, o al non riuscire a ridurla o a bloccarla».


Cura dallo psicoterapeuta

Disintossicarsi dal sesso è possibile. «Bisogna ricorrere alla psicoterapia. Si effettua da soli e/o in gruppo presso centri che si occupano in modo specifico di dipendenze, attivi in molti ospedali pubblici ed effettuabili con il solo pagamento del ticket», spiega la dottoressa Suppa.

«Nel rapporto individuale il terapeuta cerca di far emergere gli aspetti emotivi legati alla dipendenza,  prendendo contatto con i reali bisogni soddisfatti con il comportamento sessuale. Nello stesso tempo, lavora sul senso di frustrazione e nell’aumentare l’autostima.

La terapia di gruppo è utile per migliorare gli aspetti relazionali, uscire dall’isolamento e lavorare sul senso di vergogna, aspetto che è più facile affrontare quando il confronto è tra “pari”. Di solito una decina di sedute sono sufficienti per iniziare a rompere le maglie di questa schiavitù.

Quando necessario, la psicoterapia può essere associata a un trattamento farmacologico finalizzato a stabilizzare l’umore. In alcune città italiane esistono inoltre gruppi di autoaiuto, simili a quelli degli alcolisti anonimi, che possono offrire un ulteriore sostegno».


Il peso della dipendenza

Uno studio condotto da un team della University of California di Los Angeles (Ucla) ha quantificato quanto la dipendenza dal sesso pesi sulla vita di chi ne soffre: sui 207 pazienti esaminati, il 17% ha perso il lavoro almeno una volta, il 39% ha dovuto chiudere una relazione, il 28% ha contratto una malattia sessualmente trasmissibile e il 78% ha rilevato un calo del piacere nell’avere rapporti sessuali con il partner.



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Articolo pubblicato sul n. 50 di Starbene in edicola dal 28/11/2017

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