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Melanoma sul viso? Affidati al chirurgo plastico

A volte il melanoma spunta sul volto, in una zona ben visibilie. La cicatrice che ne consegue rischia di compromettere l’immagine del volto. Cosa può fare il chirurgo plastico

Foto: iStock



A volte il melanoma spunta sul volto, in una zona ben visibile: fronte, tempie, gote, mento e persino naso. La miglior garanzia in fatto di suture estetiche? Affidarsi a uno specialista in chirurgia plastica ricostruttiva, abituato a lavorare su pelle e tessuti molli e perciò in grado di assicurare la miglior cicatrice possibile, che risulti esteticamente gradevole.

«Dividiamo in volto in diverse “subunità estetiche” che possono essere agevolmente ricostruite anche in caso di melanomi di due o più centimetri», spiega il professor Giovanni Papa, direttore della Clinica di Chirurgia Plastica dell’Università di Trieste.

«Se la lesione è piccola, si fa una sutura diretta avvicinando i margini e cercando di sfruttare il più possibile le naturali pieghe della pelle (ad esempio, le rughe frontali in caso della fronte o la piega tra l’occhio e lo zigomo in caso di melanoma palpebrale), in modo che la cicatrice si mimetizzi.

Se invece bisogna asportare una lesione più grande, durante l’intervento si cerca di ricostruire tutta la subunità estetica in modo da non lasciare un’area depressa (in pratica un buco) nella sede operata. Ciò avviene o tramite un piccolo innesto di pelle, prelevata per esempio dietro all’orecchio, o trasferendo un lembo di cute vascolarizzato da un’area poco visibile (per esempio la parte alta della fronte, vicino all’attaccatura dei capelli) alla guancia o al mento».

Va inoltre detto che le vecchie suture a spina di pesce, con una linea centrale e i punti orizzontali e paralleli, hanno lasciato il posto a una sutura intradermica che ha il dono di essere invisibile: dopo una-due settimane dall’intervento basta sfilare il filo nascosto sotto la pelle e il gioco è fatto, senza il rischio che rimangano sul viso i segni dei punti staccati.

E per evitare brutte cicatrici ipertrofiche? Basta massaggiare tutti i giorni la lesione con gel o creme-gel formulati apposta per le ferite chirurgiche, molti dei quali sono a base di silicone medicale: appiattisce i bordi evitando che la cicatrici si sollevi e assuma un aspetto in rilievo.


Melanoma, i successi dell’immunoterapia

Un tempo la prognosi per chi era affetto da melanoma metastatico (quarto stadio) era infausta: solo il 25% dei pazienti sopravviveva a un anno di distanza. La svolta è arrivata nel 2010 con l’avvento di ipilimumab, nuovo farmaco immunoterapico che ha sensibilmente elevato la percentuale di sopravvivenza.

Di successo in successo, sono usciti altri immunoterapici, spesso combinati tra loro per potenziarne l’efficacia. «Attualmente le linee guide suggeriscono come prima opzione la cosiddetta immunoterapia “dual block”, mirata a rimuovere due diversi tipi di blocchi del sistema immunitario in modo da permettergli di riconoscere e combattere le cellule maligne», spiega il professor Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, nonché presidente della Fondazione Melanoma.

«Molto efficace la combinazione di ipilimumab con farmaci anti PD-1, come il nivolumab, o di nivolumab somministrato insieme a relatlimab. Dopo due anni di di terapia ospedaliera si ha una percentuale di guarigione pari al 50 per cento: un risultato impensabile fino a un decennio fa».

E per quanto riguarda i melanomi diagnosticati in uno stadio meno avanzato? Per quelli di stadio 1 è sufficiente la resezione chirurgica, mentre per quelli di stadio 2b e 2c che, essendo più spessi, vanno facilmente incontro a recidive, si utilizzano sempre gli immunoterapici anti-PD1 come terapia adiuvante da seguire per un anno dopo l’intervento.

E per quelli di stadio 3, cioè con interessamento dei linfonodi locali ma senza metastasi a distanza? «Oltre a puntare sugli anti-PD1 in questo caso si può ricorrere alla cosiddetta target therapy, indicata in quel 50% dei pazienti che presentano la mutazione del gene BRAF», risponde il professor Ascierto. «Tra le armi a disposizione, infatti, abbiamo anche nuovi farmaci anti BRAF-MEK che bloccano l’attività delle proteine geniche implicate nell’insorgenza dei melanomi»


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