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Per salvare l’intestino spegni la TV

Passare troppe ore seduti in poltrona aumenta i rischi di tumore del colon retto prima dei 50 anni. Cambia subito abitudini e scopri come preservare la tua salute

credits: istock



È stato identificato un nuovo fattore di rischio per il tumore del colon-retto: guardare la tv troppo a lungo. A puntare il dito su questa abitudine sono i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista JNCI Cancer Spectrum.

Gli scienziati hanno scoperto che le lunghe sessioni davanti allo schermo facilitano la comparsa di quelle forme della malattia che insorgono prima dei 50 anni, particolarmente aggressive. «Le scorpacciate di talk show, film e serial televisivi favoriscono la sedentarietà, nemico numero uno dell’intestino», conferma il dottor Ermanno Leo, consulente per la chirurgia colon-rettale dell’Ospedale Città di Sesto San Giovanni (Milano). Vuoi tenere alla larga il tumore? Segui le semplici strategie consigliate dai nostri esperti.


Abbandona il divano
Il primo antidoto per ridurre i rischi è il movimento: «Accelera il transito intestinale ed evita che le sostanze di scarto provenienti dall’alimentazione rimangano a contatto troppo a lungo con le mucose dell’intestino, danneggiandole.

Inoltre, l’attività fisica potenzia il sistema immunitario e aiuta a tenere sotto controllo il peso: ogni 5 punti in più di massa corporea aumentano del 5% le probabilità di ammalarsi», specifica il dottor Leo. Non solo: «L’attività fisica contribuisce a smaltire anche il grasso addominale, dove vengono prodotte le sostanze proinfiammatorie, che aumentano i rischi», aggiunge la dottoressa Lucilla Titta, nutrizionista e ricercatrice dell’Istituto Europeo di Oncologia.

Tranquilli, non serve ammazzarsi di fatica: 30-60 minuti al giorno di attività aerobica come camminare a passo sostenuto, correre o nuotare, sono già sufficienti per abbattere del 20% le probabilità di ammalarsi.


Sì alle fibre, no a salumi & Co.
Anche l’alimentazione può dare manforte alla prevenzione. «È consigliabile consumare 30 g di fibre al giorno, che contrastano la proliferazione dei batteri nocivi, riducono le infiammazioni e aiutano a mantenere il peso forma», suggerisce Lucilla Titta. «Per raggiungere la quota ideale largo a frutta e verdura con un occhio di riguardo per kiwi, albicocche, mele, legumi, cicorie e carote», consiglia la nutrizionista.

«Ok anche a riso, pasta, orzo, miglio o farro integrali, da mettere in tavola una volta giorno. Per la prima colazione e gli snack, invece, sì a barrette di cereali integrali oppure a una manciata di noci, mandorle o nocciole», continua Titta. Utili pure un bicchiere di latte, uno yogurt e una porzione di formaggio, in grado di ridurre il rischio di ammalarsi del 13%.

Infine, semaforo verde per aglio, porri e cipolle: secondo una ricerca pubblicata su Asia-Pacific Journal of Clinical Oncology sono protettivi per le mucose intestinali.«Da consumare con moderazione, invece, gli alcolici (non più di un bicchiere di vino da 125 ml al giorno per le donne, che diventano 2 nel caso degli uomini), le carni rosse e quelle conservate, come i salumi: contengono sostanze che, una volta nell’intestino, possono dare luogo alla formazione di nitrosammine, composti cancerogeni», aggiunge Lucilla Titta.


Non dimenticare i controlli
All’attività fisica e a una dieta corretta occorre aggiungere i must della prevenzione: i controlli di screening per la diagnosi precoce. Gli esami da mettere in nota:

«A partire dai 45 anni la ricerca del sangue occulto nelle feci. È la prima spia della presenza di polipi che, col tempo, possono degenerare», suggerisce Leo. «Il test va ripetuto ogni 2 anni perché può dare falsi negativi, ma sono possibili anche quelli falsamente positivi. Proprio per questo, nei giorni precedenti la raccolta del campione meglio evitare comportamenti in grado di facilitare i sanguinamenti, come assumere farmaci antinfiammatori e spazzolare i denti con troppo vigore», suggerisce il chirurgo.

A 50 anni ok a una colonscopia preventiva: un sondino in fibre ottiche dotato di una piccola telecamera consente di visualizzare in diretta il colon, identificare eventuali polipi, che vengono rimossi durante l’esame per poi essere sottoposti a un esame istologico, in modo da identificarne la natura. «Se i genitori o i nonni del paziente hanno sofferto di polipi, il test va già fissato a 40-45 anni. Uno studio condotto dalla dottoressa Ronit Yarden, direttrice degli affari medici presso la Colorectal Cancer Alliance (organizzazione no-profit americana), ha appurato che l’età di insorgenza del tumore del colon si sta abbassando. Poiché la famigliarità è un fattore di rischio, vale perciò la pena di alzare la guardia in anticipo», conclude l’esperto.


Un nemico da non sottovalutare

In Italia il tumore del colon-retto è in cima alla classifica dei big killer: Secondo il rapporto
“I numeri del cancro in Italia 2018”, l’anno scorso sono state stimate più di 51 mila nuove diagnosi. Negli uomini è secondo solo a quello della prostata, mentre per le donne è preceduto dal tumore al seno.

«Gli esami di screening giocano un ruolo importante», sottolinea il chirurgo Emanno Leo. «Il problema ha quasi sempre origine da polipi adenomatosi, tumori benigni dovuti al proliferare delle cellule della mucosa del colon, che impiegano circa 7-15 anni per degenerare in formazioni maligne. Ma una volta identificati in modo precoce ed eliminati con la colonscopia, se ne azzera la pericolosità», assicura l’esperto.


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Articolo pubblicato sul n. 32 di Starbene in edicola dal 23 luglio 2019

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