Sindrome di Gilbert: cos’è, sintomi, cause, cure

È una condizione dovuta alla presenza di una mutazione genetica che impedisce al fegato di processare velocemente la bilirubina nel sangue. Ma non è pericolosa, né richiede trattamenti



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Cos'è la sindrome di Gilbert? Lo spieghiamo qui. La bilirubina è una sostanza di colore giallo-arancione presente nel sangue, che deriva dalla naturale distruzione dei globuli rossi al termine del loro ciclo vitale. In condizioni di normalità, questo prodotto di scarto subisce una serie di trasformazioni chimiche prima di essere eliminato dall’organismo. 

«Quando il meccanismo si inceppa oppure non è ottimale, la bilirubina inizia ad accumularsi, per cui perdiamo il nostro colorito roseo e ci vediamo più “gialli” a livello di pelle, sclere e mucose: in gergo medico, diventiamo itterici», spiega il professor Pietro Invernizzi, direttore della S.C. Gastroenterologia e Centro per le Malattie Autoimmuni del Fegato - MAF presso la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, professore ordinario di Gastroenterologia e direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca.

Fra le condizioni che possono determinare un colorito giallognolo, in particolare a livello oculare, c’è la sindrome di Gilbert, un disordine su base genetica che coinvolge il metabolismo della bilirubina: il nome deriva dal medico francese Augustin Nicolas Gilbert che, insieme ad altri colleghi, la descrisse per la prima volta nel 1901.

Cos’è la sindrome di Gilbert

La bilirubina che si forma nell’organismo, prima di essere processata dal fegato, è definita “indiretta”. Una volta raggiunto il fegato, poi, viene convertita in una forma solubile in acqua (detta “diretta”), che passa nella bile e, infine, viene eliminata dal corpo con urina e feci.

«Di norma, nei comuni esami del sangue, troviamo la voce “bilirubinemia”, che indica la somma fra diretta e indiretta, con un valore normale compreso tra 0,3 e 1 mg/dL», indica il professor Invernizzi. «Quando i valori sono aumentati, ma inferiori a 2,5-3 mg/dL, compare il sub-ittero: questo si osserva quasi esclusivamente a livello degli occhi, perché la sclera bianca tende ad assumere un colorito giallognolo. Si parla invece di ittero dai 3 mg/dL in su, quando a ingiallire è anche la pelle».

Nella sindrome di Gilbert, le cellule del fegato non sono operaie efficienti, per cui la bilirubina non viene processata velocemente: i valori, però, non sono mai esagerati come in molte patologie epatiche, per cui compare solamente il sub-ittero, mentre la pelle non viene coinvolta.

Quali sono le cause della sindrome di Gilbert

Nell’80-85 per cento della popolazione, gli epatociti – ovvero le cellule del fegato – hanno la capacità di trasformare in maniera efficiente e veloce la bilirubina indiretta in bilirubina diretta, in modo che i valori nel sangue restino costantemente normali.

«Nel restante 15-20 per cento delle persone, invece, questo sistema è meno efficiente, per cui la bilirubina indiretta impiega più tempo per essere smaltita: di conseguenza, se in quel momento ci sottoponiamo a un esame del sangue, ne rileviamo dei picchi», spiega il professor Invernizzi. La causa è genetica: la bilirubina non viene passata alla bile alla velocità normale per colpa di un gene più pigro.

«Si sa che i picchi di bilirubina indiretta si verificano soprattutto nei momenti di maggiore stress fisico, come dopo una lezione in palestra senza un adeguato allenamento, durante un episodio di influenza stagionale o dopo un digiuno forzato», esemplifica l’esperto. «In chi soffre della sindrome di Gilbert, questa aumentata produzione impiega più tempo per essere smaltita, quindi appare la sintomatologia tipica».

Quali sono i sintomi della la sindrome di Gilbert

A quel punto, la sclera degli occhi assume una sfumatura giallastra, che rappresenta più che altro un disagio estetico, ovviamente temporaneo, perché si limita ai momenti in cui la bilirubina indiretta presenta dei picchi. «Per il resto, la sindrome di Gilbert non è pericolosa, non apre la strada a complicanze, non implica un malfunzionamento del fegato e non determina nessun danno sistemico», tiene a precisare l’esperto.

«Anzi, da qualche anno c’è una buona notizia, a tratti sorprendente: diversi studi osservazionali, condotti su una platea molto ampia di soggetti, hanno dimostrato che la sindrome di Gilbert rappresenta un vantaggio, perché chi la presenta sembra avere una sopravvivenza media più elevata rispetto al resto della popolazione. Non se ne conoscono ancora i motivi, ma sappiamo che i periodici e modesti rialzi della bilirubina indiretta risultano protettivi in termini di longevità».

Come si diagnostica la sindrome di Gilbert

Spesso la sindrome di Gilbert viene diagnosticata occasionalmente durante degli esami del sangue di routine, condotti per indagare la presenza di altre condizioni o malattie.

«Per avere conferma di questa condizione, è necessario rilevare un valore di bilirubina indiretta più elevato rispetto a quella diretta, mentre dall’anamnesi del paziente si evidenzia un modesto sub-ittero intermittente», definisce il professor Invernizzi.

Come si cura la sindrome di Gilbert

Non essendo una malattia, ma trattandosi addirittura di un vantaggio in base agli studi più recenti, la sindrome di Gilbert non richiede alcun trattamento: i livelli di bilirubina indiretta nel sangue possono variare e si può soffrire occasionalmente di sub-ittero, che tuttavia scompare spontaneamente e non causa alcun effetto indesiderato.

«Può essere utile seguire un’alimentazione sana, ricca di frutta e verdura, evitando le diete troppo drastiche e ipocaloriche, ma questo vale anche per la popolazione generale», conclude il professor Invernizzi. «Non ci sono indicazioni specifiche da seguire, così come non esistono integratori o rimedi naturali da assumere».


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