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Pneumotorace: cos’è, sintomi, cause, cure

Quando l’aria finisce dove non dovrebbe, il polmone collassa. I sintomi possono comparire all’improvviso e diventare rapidamente gravi: riconoscerli in tempo è fondamentale per evitare complicazioni serie

Foto: iStock



Respirare è un atto tanto vitale quanto automatico, che raramente attira la nostra attenzione, finché non inizia a essere percepito come problematico. Tra le condizioni che possono interferire con la normale meccanica respiratoria c’è lo pneumotorace, dove l’aria si accumula nella cavità pleurica (lo spazio che separa i polmoni dalla parete toracica) e impedisce al polmone di espandersi correttamente, portando al suo collasso parziale o totale.


Cos'è lo pneumotorace

Se li osserviamo bene, i polmoni somigliano a due alberi visti al rovescio, il cui tronco si dirama verso il basso. «A mantenerli aderenti alla parete toracica sono alcuni legamenti, insieme a un sofisticato sistema di forze e pressioni», spiega la dottoressa Federica Poli, specialista in Pneumologia presso l’Area Chirurgica Cuore - Adulto dell’IRCCS Policlinico San Donato. «Questo è possibile grazie alla pleura, una doppia membrana sottile che riveste i polmoni e la cavità toracica: la pressione negativa al suo interno fa aderire i polmoni alla gabbia toracica e permette loro di seguire passivamente i movimenti respiratori del torace».

Qualora si formi una breccia all’interno di questo spazio, il polmone collassa verso il basso. «È un po’ come quando foriamo una confezione sigillata sottovuoto: una volta entrata l’aria, il contenuto perde aderenza alle pareti del contenitore e si affloscia», semplifica l’esperta. Il collasso può essere parziale o totale: nei casi più gravi, il polmone si riduce fino a diventare grande come un pugno o poco più, compromettendo in modo significativo la capacità respiratoria.


Quali sono i sintomi dello pneumotorace

I sintomi dello pneumotorace dipendono dalla quantità di aria accumulata e dalla rapidità con cui si sviluppa lo pneumotorace, variando da una condizione pressoché asintomatica a un’emergenza respiratoria. «Nei casi più lievi, soprattutto se lo pneumotorace è monolaterale e parziale, i disturbi possono essere minimi o assenti e talvolta la condizione viene scoperta solo incidentalmente durante un esame radiologico», aggiunge la dottoressa Poli.

Nelle forme più evidenti, invece, i segnali clinici possono manifestarsi con una sensazione generale di malessere, senso di oppressione o “peso” toracico, sudorazione fredda, affanno, tachicardia, respiro corto (dispnea), dolore toracico e gonfiore intorno al collo. Quest’ultimo è dovuto al passaggio di aria nel tessuto sottocutaneo (enfisema sottocutaneo), un fenomeno noto anche come segno del palombaro, tipico delle situazioni in cui l’aria dal sistema respiratorio si diffonde nei tessuti molli.

«Inoltre, se il collasso polmonare è particolarmente esteso o si sviluppa rapidamente, il paziente può arrivare all’arresto cardiaco a causa di una pressione intratoracica sempre più elevata, che compromette il ritorno venoso al cuore e ne ostacola la normale attività di pompaggio», avverte l’esperta. «In questi casi si parla di pneumotorace iperteso, una condizione di emergenza medica che richiede un intervento tempestivo per evitare esiti fatali».

Quali sono le cause dello pneumotorace

Le cause sono numerose e possono essere suddivise in spontanee, traumatiche e iatrogene. «Lo pneumotorace spontaneo colpisce più frequentemente giovani adulti, molto alti, longilinei e di sesso maschile», evidenzia la dottoressa Poli. «In questo caso, può essere dovuto alla rottura di un legamento o di una “micro-bolla” nella parte alta del polmone. Quest’ultimo, essendo soggetto alla forza di gravità, tende naturalmente a scendere verso il basso: l’apice rimane in trazione costante rispetto alla base e la tensione può favorire la formazione di piccole aree di fragilità strutturale, spesso congenite, che con il tempo possono rompersi e causare l’ingresso di aria nello spazio pleurico».

L’evento può avvenire in modo improvviso e apparentemente senza causa oppure può essere scatenato da situazioni specifiche, come un colpo di tosse particolarmente violento, uno sforzo fisico intenso, un tuffo con barotrauma significativo o un’immersione subacquea non correttamente gestita. In tutti questi casi, la variazione di pressione o l’aumento improvviso del volume toracico possono facilitare la rottura di queste piccole bolle e dare origine al collasso.

Lo pneumotorace traumatico, invece, è conseguenza di lesioni penetranti o contusive al torace, come quelle provocate da incidenti automobilistici, cadute, fratture costali o ferite da taglio o arma da fuoco. Anche alcune procedure mediche invasive possono accidentalmente causare uno pneumotorace, che in tal caso viene definito iatrogeno. Tra gli interventi più frequentemente associati a questa complicanza ci sono l’agoaspirazione, la toracentesi, la biopsia polmonare e il posizionamento di cateteri venosi centrali. In tutte queste circostanze, l’ingresso di aria nella cavità pleurica compromette la pressione negativa che tiene il polmone aderente alla parete toracica, provocandone il collasso parziale o totale.

Come si arriva alla diagnosi di pneumotorace

La diagnosi di pneumotorace si basa sull’anamnesi del paziente, sull’esame obiettivo e sull’impiego di strumenti diagnostici per immagini. «In genere, la radiografia del torace rappresenta il principale e più immediato strumento diagnostico», illustra la dottoressa Poli, «che mostra il margine polmonare collassato, separato dalla parete toracica da una zona priva di opacità polmonare, corrispondente all’aria accumulata».

In casi dubbi o nei pazienti critici, può essere indicata una tomografia computerizzata (TC), che consente una valutazione più dettagliata e precisa. L’ecografia toracica è un’altra tecnica utile, specialmente in ambito d’urgenza, perché permette un’identificazione rapida e non invasiva dello pneumotorace anche nei pazienti allettati.


Come si cura lo pneumotorace

Il trattamento dello pneumotorace varia in base al tipo, all’entità e alla sintomatologia associata. Nei casi lievi e asintomatici, come alcuni pneumotoraci spontanei di piccole dimensioni, può essere sufficiente un monitoraggio clinico, perché l’aria può riassorbirsi spontaneamente nell’arco di pochi giorni.

Quando invece il collasso polmonare è più esteso o i sintomi sono marcati, si rende necessario un intervento terapeutico attivo. «La procedura più comune è il drenaggio toracico, che consiste nell’introduzione di un tubo nella cavità pleurica collegato a un sistema di aspirazione per rimuovere l’aria e permettere al polmone di tornare a espandersi e aderire nuovamente alla parete toracica», descrive Poli.

In caso di recidiva, si può arrivare a un intervento chirurgico sulla pleura, finalizzato a eliminare definitivamente la zona anatomica alterata, responsabile della mancata aderenza polmonare, e prevenire ulteriori episodi. L’operazione, nota come pleurodesi o pleurectomia parziale, consiste nel far aderire il polmone alla parete toracica attraverso tecniche meccaniche o chimiche (ad esempio mediante talco o agenti infiammatori), impedendo così il nuovo accumulo di aria tra le due superfici.


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