Osteopenia o bassa massa ossea, come prevenire l’osteoporosi

L’osteoporosi non è più un’inevitabile destino legato alla vecchiaia: la si può prevenire anche quando abbiamo già una scarsa densità ossea e curare prima che provochi pericolose fratture



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Le nostre ossa sono come una moneta da collezione, che non spenderemo mai: ha due facce, che cambiano con l’uso che facciamo di questo soldo negli anni. Un lato potrà sembrarci un po’ consunto dall’usura, e allora l’esperto di numismatica ci dirà che sì, la moneta si sta rovinando ma niente di grave, basta lucidarla e proteggerla, fermando il processo di deterioramento. L’altra faccia, invece, è proprio consunta, lesionata, rigata, e allora ci vuole un restauro.

La buona notizia? In ogni caso il nostro tesoro sarà in salvo. «Perché se si tratta di osteopenia, cioè di una riduzione della densità ossea, siamo solo nell’anticamera dell’osteoporosi e, nella maggior parte dei casi dovremo solo tenere la situazione controllata o decidere di giocare di anticipo; se invece abbiamo a che fare con la malattia possiamo sempre tornare indietro grazie alle cure», sottolinea il professor Gherardo Mazziotti, responsabile della sezione di ricerca, diagnosi e cura delle malattie osteometaboliche dell’Unità di endocrinologia e diabetologia dell’Isitituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI).

Quindi non dobbiamo più guardare all’osteoporosi come a una malattia inguaribile che ci porterà, ineluttabilmente, alla tanto temuta frattura del femore, quella che “da allora la nonna non ha più camminato”. «Ma non dobbiamo neanche sottovalutare l’osteopenia», aggiunge l’esperto.


C’è osteopenia e osteopenia

«Negli ultimi anni, a livello internazionale, si tende a non usare più il termine osteopenia perché ingannevole », spiega Mazziotti. «Infatti ci sono pazienti che hanno questo quadro di densità ossea che dovrebbe essere tranquillizzante, della serie “non è ancora osteoporosi, puoi quindi fermare la progressione ed evitarla”, ma poi hanno invece una fragilità scheletrica ad alto rischio fratturativo che cambia il livello di diagnosi e di rischio.

Inoltre, il concetto di osteopenia non può essere applicato ai giovani, perché la classificazione tradizionale osteopenia-osteoporosi è applicabile solo ai soggetti di età superiore ai cinquant’anni. Eppure anche i giovani possono avere problemi di ridotta densità ossea, da affrontare subito. Quindi le linee guida internazionali stanno eliminando progressivamente il termine osteopenia, perché crea confusione. Si sta già parlando invece di low bone mass, cioè di bassa massa ossea, e la diagnosi da oggi si deve quindi basare sul rischio fratturativo del paziente, e non limitarsi alla sola densità. Quindi alle informazioni che dà la classica Mineralometria Ossea Computerizzata (MOC) ne vanno aggiunte altre, cliniche e legate all’anamnesi personale del paziente».


Quando la MOC non basta

«Faccio un esempio: se visito una donna sana di 54 anni senza fattori di rischio aggiuntivi (non fuma, si alimenta bene, non assume farmaci e non è affetta da patologie croniche osteopenizzanti) e alla MOC DEXA risulta una condizione di osteopenia, la diagnosi sarà di relativa tranquillità (a basso rischio fratturativo) e quindi ci si limita eventualmente a un controllo dopo un anno e mezzo-due», spiega Mazziotti.

«Se però nel tempo con i controlli il quadro peggiora, si faranno altri approfondimenti e si può arrivare all’inizio di una terapia. Diverso è se un donna deve assumere regolarmente farmaci come il cortisone o la terapia di deprivazione ormonale che possono causare fragilità scheletrica con alto rischio fratturativo anche in assenza di una diagnosi MOC di osteoporosi: una osteopenia, in questo caso, non può essere considerata a basso rischio fratturativo e va trattata come se fosse già osteoporosi conclamata. Insomma, l’osteopenia non ha più un significato solo. E non basta il solo risultato della MOC. Non a caso questo è uno dei campi della diagnostica dove si pensa di affiancare ai normali esami anche l’intelligenza artificiale, destinata proprio a riconoscere meglio il vero rischio di fratture, decisivo per decidere se trattare farmacologicamente il paziente e quando.


Dalla genetica al vino

Teniamo conto che il 50% del rischio di incorrere in una frattura dopo la menopausa o i 50 anni è determinato geneticamente. «Chi ha avuto una mamma o un papà che si sono fratturati il femore o hanno avuto il cosiddetto “crollo vertebrale”, cioè uno schiacciamento importante e improvviso delle vertebre, ha buone probabilità di incorrere nello lo stesso problema e quindi, alla boa dei 50, deve fare gli accertamenti del caso, a partire dalla MOC», spiega il professore.

«Se poi la donna è magra, sottopeso (BMI inferiore a 18), è più a rischio di sviluppare osteoporosi e fratture. Inoltre se si consumano più di 30 grammi di vino al giorno (più di tre bicchieri) si favorisce la fragilità ossea, stessa cosa se si consumano più di 10 sigarette al giorno, o si è sedentari, figuriamoci se poi uniamo, come spesso succede, più elementi di questo tipo». Infine, da non dimenticare, la dieta: un basso introito di calcio con gli alimenti che più lo contengono (latticini, pesce azzurro, legumi, frutta secca) non aiuta il nostro patrimonio osseo.


Il restauro della cattedrale

Nell’osteoporosi si altera l’architettura dell’osso, che è fatta di trabecole che si intrecciano fra loro come formassero una cattedrale e sono rivestite di un minerale che si chiama idrossiapatite, che contiene fosforo e calcio. «Chi soffre di fragilità scheletrica o ha un’alterazione della struttura dell’osso, invece di avere mille trabecole ne ha la metà, e quindi l’osso è rarefatto, oppure ha trabecole che non sono rivestite da calcio e fosforo. Nel primo caso parlo di osteoporosi vera e propria, nel secondo di osteomalacia», spiega Mazziotti.

«Questa differenziazione di diagnosi è fondamentale per decidere la terapia. In caso di osteomalacia sarebbe sbagliato trattarla come l’osteoporosi, e ci dovremo concentrare sull’integrazione di calcio, vitamina D e fosforo, a partire da una correzione della dieta e poi eventualmente con gli integratori. Se invece le trabecole sono alterate devo utilizzare dei farmaci che ricostruiscono l’osso, che agiscono sul rimodellamento scheletrico, andando a riequilibrare il rapporto tra neoformazione ossea mediata dagli osteoblasti e riassorbimento osseo esercitato dagli osteoclasti. Quindi utilizzeremo i farmaci anabolici e gli antiriassorbitivi.

Dall’osteoporosi si torna indietro: anche livelli di T-score a -2,8 possono diventare -1. Allora, da una parte si gioca d’anticipo per non ammalarsi, dall’altra, se ci curiamo prima di una frattura, dopo qualche anno di terapia arriveremo a una densità apprezzabile e potremo interromperla».


Cosa misura la MOC

Nelle persone sopra i cinquant’anni, misura la densità minerale ossea che viene paragonata al picco di densità massima che è quella dei giovani di 30 anni, ed è misurata in T-score (deviazione standard). Nelle persone di età inferiore ai 50 anni la densità minerale ossea è espressa in Z-score che misura la differenza in deviazione standard rispetto ai soggetti di pari età.


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