di Carla Bravi
È un disturbo maschile di cui si parla poco, per la cortina di imbarazzo o di facile ironia (battutine, allusioni, doppi sensi) che accompagna sempre le patologie della sfera genitale. Eppure la malattia di La Peyronie è tutt’altro che rara, interessando circa il 7 per cento dei giovani sotto i 40 anni (dati dell’Istituto Superiore di Sanità), ma con una letteratura internazionale che si attesta sull’11 per cento.
E poi c’è tutto il sommerso, quel mondo reticente a parlarne con il medico perché pensa che si tratti di qualcosa di molto intimo. È invece importante rompere i tabù e affrontare il problema dell’incurvamento del pene (una deformità patologica, non una caratteristica costituzionale) come una delle tante malattie, alla stregua dell’artrosi o del colesterolo alto.
Come si manifesta la malattia di La Peyronie
In genere la curvatura dell’asta, che può essere di vari gradi e con caratteristiche differenti (curvatura laterale, dorsale, diretta verso l’esterno o a forma di clessidra) non è congenita, ma acquisita e si manifesta durante l’adolescenza, con le prime erezioni che gettano il ragazzo nello sconforto, perché si rende conto di avere qualcosa di anomalo, che mina la sua autostima e la sua immagine corporea.
«La causa di questa deformità è ancora in parte sconosciuta», spiega il professor Andrea Salonia, ordinario di urologia all’Università Vita-Salute, IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. «Oltre a una predisposizione ereditaria, si ritiene che il pene possa stortarsi in seguito a microtraumatismi ripetuti, durante i rapporti sessuali, senza che il paziente se ne renda conto. In molti casi, però, la causa resta incerta, non necessariamente associata all’attività sessuale, anche se sappiamo che fattori di rischio sono il fumo di sigaretta, il diabete e l’ipertensione arteriosa.
La malattia di La Peyronie, chiamata così perché fu descritta per la prima volta nel 1743 dal medico francese Francois Gigot de La Peyronie e nota anche con il nome di Induratio Penis Plastica (IPP), comporta una prima fase infiammatoria acuta, in cui il paziente avverte dolore durante l’erezione e nota un’iniziale incurvamento del pene che tenderà ad accentuarsi nella successiva fase cronica.
Si tratta, infatti, di una malattia del tessuto connettivo progressiva e invalidante che è dovuta a una fibrosi della cosidetta tunica albuginea, il rivestimento esterno dei corpi cavernosi. Più passa il tempo, più questa fascia perde elasticità e si forma una vera e propria placca fibrosa-cicatriziale, che “tira” il pene dall’interno modificandone la forma, cioè incurvandolo e anche un po’ accorciandolo perché l’asta non è più rettilinea. Fatto che, oltre a generare complessi psicologici, impedisce di avere rapporti sessuali soddisfacenti per entrambi i partner».
La nuova terapia con acido ialuronico
Se fino a qualche anno fa l’unica soluzione era l’intervento chirurgico, oggi la malattia di La Peyronie beneficia di una terapia multimodale, cioè tesa ad associare diverse strategie correttive, senza arrivare alla sala operatoria.
La cura più nuova? «È stata messa a punto una formulazione di acido ialuronico altamente purificato e a basso peso molecolare, che viene infiltrato direttamente nell’asta in erezione tramite tante piccole e rapide iniezioni peniene», risponde il dottor Luca Boeri, urologo e andrologo della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
«Nel caso in cui il paziente, per il comprensibile disagio, non sia in grado di procurarsi un’erezione da solo, si inietta un farmaco a base di prostaglandine che permette di raggiungere in pochi minuti un’erezione funzionale al trattamento iniettivo. Idratante ed elasticizzante, l’acido ialuronico riduce la fibrosi della tunica albuginea (la “fodera” dei corpi cavernosi), ammorbidendola sempre di più e alleviando quelle specie di aderenze cicatriziali che mantengono il pene curvo, tirandolo da un lato, verso l’interno o l’esterno del corpo. Per essere realmente efficace, però, è importante agire nella prima fase, quella acuta infiammatoria, cioè nei primi 3-12 mesi dall’iniziale incurvamento, con un’infiltrazione alla settimana per un periodo variabile da caso a caso. Grazie a questa nuova terapia, aprovata da una specifica Commissione Ema e dall’Aifa, è possibile ridurre il grado di curvatura del pene del 10%».
Un risultato sufficiente a facilitare i rapporti sessuali, che diventano molto meno complicati e dolorosi, con soddisfazione reciproca dei partner.
La “ginnastica” che raddrizza il pene
Le infiltrazioni di acido ialuronico, che segnano una svolta importante nel trattamento non chirurgico della malattia di La Peyronie, vengono potenziate da altre strategie mininvasive, che funzionano sul lungo periodo, ma che richiedono la collaborazione attiva del paziente.
«Sono stati messi a punto dei particolari vacuum-device, cioè dei dispositivi medicali, simili a piccoli attrezzi ginnici, per favorire la rettileinizzazione del pene», prosegue il professor Andrea Salonia. «Usati tutti i giorni in modo corretto, dopo un brevissimo training da parte dell’urologo o dell’andrologo, esercitano una leggera trazione del pene, con un effetto-stretching sui tessuti fibrosi della tunica. Così, a poco a poco, dedicandovi pochi minuti al giorno, questo tessuto fibroso si allenta e riacquista elasticità, permettendo all’asta di allungarsi senza fastidi e antifisiologiche curvature».
Va però detto che non sempre l’associazione di acido ialuronico e device funziona. Per i casi cronici di vecchia data, in cui la placca fibrosa ha incurvato il pene di diversi gradi, è ancora necessario ricorrere all’intervento chirurgico per rompere i “ponti” fibrotici o, nelle forme più severe, per impiantare una protesi peniena.
Fai la tua domanda ai nostri esperti