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Lotta ai tumori: tutte le novità in campo oncologico

Ci sono molte buone notizie nel campo della cura della malattia del secolo. Arrivano dall’Asco, il più importante congresso mondiale di oncologia. Dove eravamo anche noi

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Un tempo le cure oncologiche si riassumevano in due parole: chemioterapia e intervento chirurgico. Oggi ci sono l’immunoterapia, i farmaci biologici, i test che permettono di costruire la carta di identità della cellula, al fine di capire come aggredire il tumore. Il tutto a favore di una terapia sempre più mirata.

Insomma, questa branca della medicina sta vivendo anni densi di cambiamenti, come è emerso di recente all’Asco, l’American society congress oncology, il più importante congresso mondiale dedicato a tutto ciò che c’è oggi, e che ci sarà nel futuro, nell’ambito delle malattie tumorali.


IL PASSATO CHE FUNZIONA

Ad ascoltare i migliori esperti in questo campo, provenienti da tutto il mondo, c’eravamo anche noi di Starbene.

Abbiamo assistito a dibattiti e presentazioni di nuovi studi. Ma anche al ritorno di cure del passato, rivisitate e abbinate a molecole più recenti. Come ci racconta la storia del vecchio Necktar 214, principio attivo di circa 30 anni fa, recuperato per “fortificare” i pazienti in cura con i nuovi farmaci immunoterapici, che stimolano il sistema immunitario a lottare contro le cellule oncogene.

«Si è visto infatti che il 50% di questi pazienti non risponde al trattamento o sviluppa resistenza alle medicine durante la terapia», spiega Michele Maio, direttore del Centro di immuno-oncologia e dell’Unità operativa complessa di immunoterapia oncologica dell’Azienda ospedaliera unitaria senese. «Ebbene, si è scoperto che il Necktar 214 è in grado di attivare i linfociti T, cioè le cellule fondamentali nel sistema immunitario. Forti di questa azione, lo abbiamo associato a un immunoterapico: lo studio presentato nel corso del congresso ha dimostrato che il mix potrebbe migliorare la percentuale di pazienti che hanno benefici dalla terapia con i farmaci immunoterapici».


FACCIAMO IL PUNTO SULLA CHEMIO

Il congresso è stato anche il momento della “rivincita” della chemioterapia. «Nessuno mette in discussione la validità dei farmaci innovativi, ma questo non significa cancellare cure già collaudate», spiega Filippo de Braud, direttore Dipartimento di oncologia medica ed ematologia dell’Istituto nazionale tumori di Milano. «La chemio rimane oggi lo strumento migliore per curare molti tumori, come quello del polmone».

Nel caso del tumore alla mammella, però, la chemioterapia può anche non servire in certi casi, o essere abbinata ad altri farmaci. Lo ha provato un lavoro scientifico che ha fornito risultati così netti da poter essere applicato subito nella pratica clinica. Sono state coinvolte nello studio oltre 10 mila donne con la forma di tumore al seno più comune, che riguarda il 50% delle diagnosi. Risultato? A distanza di circa sette anni dall’intervento non si sono registrate differenze tra le donne che sono state sottoposte alla chemio, e quelle che invece l’hanno evitata.

«In Italia abbiamo effettuato uno studio simile, anche se non con numeri così ampi», sottolinea Francesco Cognetti, direttore dell’Unità di oncologia dell’Istituto nazionale dei tumori Regina Elena di Roma. «L’unico problema, per noi, è il test genetico che va effettuato prima di decidere se sottoporre o meno la donna alla chemio, e che costa circa 3000 €. Questi risultati porteranno probabilmente a degli accordi economici tra le Regioni e chi produce il test, per ridurne il prezzo».


MELANOMA: SI VIVE DI PIÙ E MEGLIO

L’incredibile quantità di lavori scientifici presentati al congresso su questa forma tumorale (oltre 3000) fa capire quanto sia attiva la ricerca. E i risultati si vedono. Oggi quattro pazienti su dieci, con melanoma in fase avanzata, sono ancora vivi a cinque anni dalla cura con gli immunoterapici, circa il 50% in più rispetto al passato.

«L’immunoterapia funziona bene, tanto che ora si può parlare in certi casi di cronicizzazione della malattia», spiega Paola Queirolo, responsabile del Dmt melanoma e tumori cutanei dell’ospedale policlinico San Martino di Genova. «Addirittura, abbiamo tre diverse combinazioni di farmaci immunoterapici». Vanno presi in coppia, e il medico sceglie l’abbinamento migliore. Anche pensando agli effetti collaterali. Come la diarrea, gestibile modulando le dosi, e le gravi eruzioni cutanee che obbligavano a evitare tassativamente il sole (anche quello oscurato dalle nuvole).

Pur sembrando un problema da nulla rispetto alla malattia, ciò creava grossi problemi di aderenza alla terapia (il melanoma è diffuso anche tra i giovani): ora, una specifica combinazione di due immunoterapici, permette di esporsi ai raggi senza danni durante la cura.


POLMONE: CI SONO SEGNALI POSITIVI

La cosa più bella evidenziata durante il congresso? I malati di tumore al polmone iniziano a costituire associazioni. Una nota molto positiva, perché significa che finalmente per chi soffre di questa malattia non c’è più un destino infausto. E questo nonostante la diagnosi avvenga, ancora, in sei casi su dieci quando la patologia è in fase avanzata.

«Ora, finalmente, abbiamo a disposizione un buon ventaglio di farmaci», sottolinea Marina Garassino, responsabile della oncologia Toracopolmonare dell’Istituto dei Tumori di Milano. «Abbiamo terapie mirate anche nel caso delle forme con mutazione genetica (che colpiscono anche i non fumatori), che sono fra l’altro ben tollerate ed estremamente efficaci, come hanno provato gli studi. E farmaci immunoterapici da utilizzare per sbloccare il sistema di difesa dell’organismo e renderlo di nuovo capace di combattere il tumore».


L’ALIMENTAZIONE COME FARMACO

Dal congresso arriva anche la richiesta di riservare una maggiore attenzione all’alimentazione e agli integratori. Due, in particolare, gli studi in questo senso, entrambi italiani.

«Abbiano voluto verificare se dando a 220 pazienti con tumore al seno e al colon retto un supplemento a base di proteine del latte purificate si riusciva a migliorare la massa muscolare», spiega Paolo Marchetti, direttore della divisione di oncologia medica dell’ospedale Sant’Andrea di Roma. «Ci siamo riusciti, e in più si è ridotta la tossicità della chemio, a tutto vantaggio di un miglioramento della qualità di vita del paziente».

Sembra funzionare nei pazienti oncologici anche la ben nota dieta mimadigiuno di Walter Longo (La dieta della longevità, 13,51 euro su Amazon). «La dieta originale è stata modificata», spiega Filippo de Braud. «Anziché utilizzare il mix di integratori previsto abbiamo impiegato verdure come sedano e finocchi, e frutta secca come le nocciole. I risultati hanno confermato la nostra intuizione: la dieta mima digiuno consente di utilizzare meglio i trattamenti oncologici. Ma va seguita sotto stretto controllo medico e non va bene in caso di indice di massa corporea inferiore a 20, o se ci sono problemi renali, epatici e metabolici».


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Articolo pubblicato sul n. 27 di Starbene in edicola dal 19/6/2018

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