Tumori e stanchezza: cosa fare dopo la chemioterapia

La maggior parte dei pazienti deve fare i conti con un senso di sfinimento anche psicologico. Ecco come superarla




Una stanchezza fisica che può rendere difficile anche guardare la tv e uno svuotamento mentale che toglie la concentrazione: è quella che gli esperti chiamano fatigue, condizione che interessa una grossa fetta di persone sottoposte alle terapie contro un tumore, con inevitabili ripercussioni sulla vita lavorativa, sociale, affettiva.

«Eppure è spesso sottovalutata, anche dagli stessi oncologi, perché erroneamente considerata un effetto collaterale quasi fisiologico della lotta al tumore. Invece, prima si affronta, più facilmente si riesce a sconfiggere», sottolinea Massimo Bonucci, oncologo, presidente dell’Associazione ricerca terapie oncologiche integrate (Artoi).


Nasce sopratutto dalla mente

Ci sono effetti collaterali del tumore e delle terapie che possono contribuire a far sentire stanchi, come anemia, vomito, alterazioni della sensibilità a gambe e braccia.

«Però spesso la fatigue si manifesta anche in assenza di questi o persiste dopo che sono stati risolti», precisa Bonucci. A confermarlo un recente studio italiano condotto su donne con tumore al seno.

«Abbiamo seguito le pazienti dalla diagnosi fino a circa dieci anni dopo la fine delle cure e e abbiamo constatato che la fatigue va oltre la sola astenia fisica e ha una forte componente psicogena, tanto che chi, già prima di iniziare le terapie, vive il tutto con più ansia e sintomi depressivi, si trova poi più facilmente a convivere con questa condizione», spiega Alessandra Fabi, oncologa dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma, coautrice dello studio.

«Inoltre, quasi la metà delle pazienti ha sviluppato fatigue durante le terapie, il 31% ne ha avvertito i sintomi anche 12 mesi dopo la fine delle stesse e il 15-20% ne soffre ancora a distanza di anni, anche se non hanno assunto farmaci anemizzanti o molto tossici».


Serve una strategia combinata 

«Oncologo e psicologo devono lavorare in équipe sin dal momento della diagnosi di tumore, per identificare i soggetti più a rischio di fatigue e offrire subito un supporto», suggerisce Fabi. Uno studio pubblicato su Jama Oncology conferma l’efficacia del sostegno psicologico, tanto più se combinato all’esercizio fisico e, al contrario, la scarsa utilità dei farmaci.

«Certo, contro un’anemia o contro le neuropatie possono essere prescritte cure specifiche, ma difficilmente queste eliminano la fatigue, mentre gli antidepressivi possono essere utili solo in caso di una diagnosi di depressione» spiega Bonucci.

«Invece l’esercizio fisico, in particolare le pratiche mente-corpo, combinando movimento, respirazione e meditazione, contrastano l’ansia, riattivano il sistema immunitario e restituiscono energia».


Due test per individuarla

Per diagnosticare la fatigue esistono questionari convalidati a livello scientifico e utilizzati nell’ambito della psico-oncologia.

I più usati sono il test Qlq-C30, che in 30 domande permette di fare una valutazione fisica, emotiva e anche specifica sull’affaticamento, e il Fact, che contiene anche domande specifiche a seconda del tipo di tumore che si sta affrontando. A questi possono essere associati test psicologici per valutare ansia e depressione.


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Articolo pubblicato sul n. 48 di Starbene in edicola dal 14/11/2017

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