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Glioblastoma: cos’è, sintomi, cause, diagnosi, trattamenti

La morte di di Sophie Kinsella mette in evidenza un nemico complesso come il glioblastoma, una malattia che invade i tessuti cerebrali in profondità, rendendo difficile rimuoverla del tutto e aumentando il rischio di recidiva

Foto: iStock



Il mondo della letteratura piange la perdita di Sophie Kinsella, 55 anni, autrice britannica amata da milioni di lettori per il suo stile brillante, la capacità di creare personaggi indimenticabili e la celebre saga I Love Shopping, che ha conquistato il cuore di un’intera generazione di donne. La notizia della sua scomparsa, dovuta a un glioblastoma, ha acceso i riflettori su una malattia silenziosa, fulminea e spietata, capace di stravolgere vite in tempi incredibilmente brevi.

Sophie Kinsella si aggiunge a una dolorosa lista di figure pubbliche che hanno affrontato, e purtroppo perso, la loro battaglia contro questo tumore aggressivo: Nadia Toffa, Fabrizio Frizzi, Roberto Maroni, il senatore americano John McCain. Il glioblastoma non fa distinzione di età, notorietà o mezzi. Colpisce senza preavviso e lascia un’impronta profonda, non solo sui pazienti, ma anche su chi li circonda, ricordandoci quanto la vita sia fragile e preziosa.

Cos’è il glioblastoma

Il glioblastoma, o glioblastoma multiforme, è uno dei tumori cerebrali più aggressivi. Colpisce soprattutto gli adulti tra i 50 e i 60 anni, mentre nei bambini è molto raro. Si sviluppa dalle cellule gliali, il tessuto di supporto del cervello. «In condizioni normali queste cellule nutrono e difendono le cellule nervose, ma quando subiscono una trasformazione iniziano a crescere in modo incontrollato», spiega il dottor Bruno Daniele, direttore dell’Oncologia dell’Ospedale del Mare di Napoli. «Per la sua rapidità di crescita, l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo classifica come tumore di grado IV, il livello massimo di malignità».

Non esiste un solo tipo di glioblastoma: esistono varianti con caratteristiche particolari. «Quello a cellule giganti presenta cellule molto grandi e con più nuclei, mentre il gliosarcoma combina diversi tipi di tessuto, cosa che rende diagnosi e cura più difficili», precisa l’esperto. «A causa della sua capacità di infiltrarsi nel tessuto cerebrale, è complicato stabilire dei confini netti e accade spesso che, dopo l’intervento chirurgico, rimangano cellule tumorali non visibili».

Quali sono i sintomi del glioblastoma

I sintomi del glioblastoma sono tanto variabili quanto imprevedibili, legati alla posizione e alla dimensione della massa tumorale. In molti casi i pazienti sperimentano mal di testa persistenti, spesso intensi al mattino o durante la notte, accompagnati da nausea e vomito. Le crisi epilettiche sono frequenti e possono essere il primo segnale della malattia, così come i deficit motori, che si manifestano con debolezza o difficoltà di coordinazione.

Altri sintomi meno evidenti, ma altrettanto significativi riguardano la sfera cognitiva e comportamentale: confusione, perdita di memoria, difficoltà nel linguaggio e cambiamenti di personalità.

«Alcuni pazienti descrivono un’alterazione della propria identità, con episodi di irritabilità, apatia o depressione che si sommano alla sofferenza fisica», precisa il dottor Daniele. «In certi casi l’esordio può assomigliare a un ictus, con deficit neurologico improvviso dovuto a sanguinamento acuto nella lesione. La rapidità con cui i sintomi progrediscono rende cruciale la diagnosi precoce, che può fare la differenza tra un trattamento efficace e un peggioramento rapido».

Quali sono le cause del glioblastoma

Le cause del glioblastoma rimangono in gran parte sconosciute, ma gli studi scientifici indicano che si tratta di una malattia multifattoriale. La maggior parte delle mutazioni genetiche osservate nei tumori cerebrali non è ereditaria, ma acquisita nel corso della vita a causa di errori nella replicazione cellulare o di danni ambientali. Tra i geni più frequentemente coinvolti si trovano TP53, EGFR e PTEN, le cui alterazioni contribuiscono alla crescita incontrollata delle cellule gliali.

Esistono, però, rare condizioni ereditarie che aumentano la suscettibilità al glioblastoma. La neurofibromatosi di tipo 1 e 2, la sindrome di Li-Fraumeni e la sindrome di Turcot sono esempi di mutazioni genetiche che predispongono alla formazione di tumori cerebrali.

«Al di là della genetica, l'età avanzata, l'appartenenza al sesso maschile, l'esposizione pregressa a radiazioni ionizzanti e alcuni fattori ambientali, come l'esposizione a materiali chimici, rappresentano elementi di rischio significativi», racconta il dottor Daniele. «Tuttavia la maggior parte dei casi si verifica in assenza di fattori predisponenti noti, sottolineando quanto sia imprevedibile questa malattia».

Come si arriva alla diagnosi

La diagnosi di glioblastoma richiede un approccio multidisciplinare. Gli strumenti di imaging come la risonanza magnetica e la tomografia computerizzata permettono di identificare con precisione la presenza del tumore, la sua dimensione e la sua posizione. In casi complessi vengono utilizzate tecniche avanzate, come la spettroscopia e la risonanza funzionale, che consentono di mappare le aree cerebrali critiche e pianificare un intervento chirurgico più sicuro.

La conferma definitiva arriva attraverso l’analisi istologica del tessuto tumorale, prelevato mediante intervento chirurgico o biopsia stereotassica. «Questo esame non solo determina il tipo di glioblastoma, ma fornisce informazioni cruciali sulle caratteristiche molecolari del tumore, come lo stato di metilazione del gene MGMT, una sorta di “interruttore biologico” che può rendere le cellule più o meno sensibili ai farmaci», specifica l’esperto.

La diagnosi richiede quindi centri specializzati in neuro-oncologia, dove esperti di neurochirurgia, oncologia e radiologia collaborano per definire il percorso terapeutico più adeguato.

Come si cura il glioblastoma richiede 

Trattare un glioblastoma richiede l’uso combinato di più terapie. Il primo passo è quasi sempre la chirurgia, con l’obiettivo di rimuovere la maggiore quantità possibile di tumore. Quando la massa si trova vicino a aree del cervello che controllano funzioni essenziali, può essere utilizzata la cosiddetta awake surgery, in cui il paziente resta sveglio per permettere ai medici di verificare in tempo reale che le funzioni neurologiche rimangano integre. Se non è possibile asportare il tumore in modo sicuro, si procede almeno con una biopsia oppure con trattamenti radioterapici mirati.

«La chemioterapia standard prevede l’uso della temozolomide, spesso somministrata insieme alla radioterapia per rallentare la crescita del tumore», aggiunge il dottor Daniele.
Accanto alle terapie tradizionali, stanno emergendo approcci innovativi come i campi elettrici alternati (Tumor Treating Fields), che interferiscono con la capacità delle cellule tumorali di dividersi, e nuove molecole biologiche attualmente in studio. Queste strategie sperimentali stanno offrendo risultati incoraggianti, con l’obiettivo di migliorare l’efficacia dei trattamenti e la qualità di vita delle persone colpite da questa malattia.

Sebbene ancora a livello sperimentale nel glioblastoma, in alcuni centri si effettua un esame del tessuto tumorale chiamato NGS (Next Generation Sequencing) che consente di determinare la presenza di mutazioni di geni che possono essere potenziali bersagli molecolari di farmaci già disponibili per l’impiego nei confronti di altri tumori o in corso di valutazione in studi clinici.

Di certo il glioblastoma rimane una delle neoplasie più difficili da trattare. «La sopravvivenza media dopo la diagnosi è di circa 13-14 mesi, con solo una minoranza di pazienti che supera i due anni», conclude l’esperto. «La sopravvivenza a cinque anni è eccezionalmente rara. Tuttavia la ricerca scientifica non si ferma: studi su terapie innovative, approcci genetici e immunologici, tecnologie avanzate di monitoraggio e trattamento stanno lentamente modificando il panorama terapeutico».


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