Erisipela: cos’è, sintomi, cause, diagnosi, terapia
Questa infezione cutanea, che colpisce soprattutto le gambe, è riconoscibile per l’esordio brusco e i segni caratteristici. La diagnosi rimane prevalentemente clinica, grazie all’associazione tra febbre acuta e tipiche manifestazioni cutanee. Nonostante la prognosi in genere favorevole con terapia antibiotica, il rischio di complicanze e recidive rende necessaria un’attenzione costante
L’erisipela rappresenta una delle infezioni cutanee più antiche documentate dalla medicina. Il termine deriva dal greco antico ἐρυσίπελας (erysípelas), letteralmente “arrossamento della pelle”, e descrive con precisione il segno clinico distintivo della malattia: un’area cutanea intensamente arrossata, dolente e calda al tatto, chiaramente delimitata rispetto alla pelle circostante.
«Già Ippocrate ne aveva osservato i sintomi, interpretandoli secondo la teoria degli umori, molto prima che la microbiologia moderna identificasse nello Streptococcus beta-emolitico l’agente eziologico principale», racconta il dottor Roberto Regazzini, specialista in Dermatologia e Venereologia all’Ospedale di Erba.
Questa infezione può interessare qualunque distretto cutaneo ma colpisce principalmente gli arti inferiori e, in misura minore, il volto, con un esordio che è tipicamente acuto, con la comparsa simultanea di segni locali e manifestazioni sistemiche. «La lunga storia dell’erisipela, unita alla sua frequenza tutt’altro che rara nei reparti di pronto soccorso, ne fa un modello esemplare per dimostrare come patologie antiche continuino a rappresentare una sfida per la medicina contemporanea», riflette l’esperto.
Quali sono le cause di erisipela
Oltre l’80% dei casi di erisipela si manifesta a livello degli arti inferiori e, in misura minore, sul volto. Questa distribuzione non è casuale: «La malattia interessa gli strati profondi della pelle, in particolare il derma e parzialmente l’ipoderma», descrive il dottor Regazzini. «La porta d’ingresso del patogeno, generalmente lo Streptococcus beta-emolitico, è quasi sempre costituita da piccole lesioni cutanee, come tagli, abrasioni, punture di insetto o micro-ferite, che consentono al batterio di penetrare negli strati profondi della pelle».
Questa caratteristica spiega perché le gambe siano particolarmente predisposte: stasi linfatica e microtraumi, frequenti durante l’attività fisica o nelle stagioni calde, facilitano l’insediamento dell’infezione. «Nei neonati invece, sebbene l’erisipela sia rara, la sede più comune è la zona periombelicale, in corrispondenza del cordone ombelicale, punto vulnerabile per l’ingresso batterico», avverte il dermatologo.
Quali sono i fattori di rischio
La comparsa dell’erisipela non dipende soltanto dall’incontro con lo streptococco, ma anche dalle condizioni generali dell’organismo e dallo stato della pelle che funge da barriera. Alcuni pazienti sono particolarmente vulnerabili per motivi sistemici: l’immunodepressione, dovuta a malattie croniche, deficit anticorpali o terapie farmacologiche a base di immunosoppressori, riduce la capacità dell’organismo di contenere le infezioni e rende più probabile lo sviluppo di erisipela. Anche l’età avanzata rappresenta un fattore predisponente, perché con il tempo le difese immunitarie tendono a indebolirsi e la pelle stessa diventa più fragile.
Accanto ai fattori generali ci sono quelli locali, che riguardano soprattutto gli arti inferiori. Una gamba gonfia per stasi venosa o linfatica, ad esempio, costituisce un terreno favorevole all’infezione: la circolazione rallentata e l’accumulo di liquidi compromettono l’efficienza delle difese immunitarie a livello cutaneo e rendono la pelle più sottile e vulnerabile. «L’eczema da stasi, che si sviluppa quando il ritorno venoso è compromesso, rappresenta una condizione classica che facilita la penetrazione del batterio», osserva il dottor Regazzini. «Allo stesso modo, le microlesioni provocate da attività quotidiane, come il giardinaggio, possono aprire la strada all’infezione: una semplice puntura di spina può diventare, in soggetti predisposti, il punto di partenza di un’erisipela estesa».
Non meno importanti sono le macerazioni della pelle, in particolare tra le dita dei piedi. Queste fessurazioni, spesso asintomatiche e trascurate per anni, possono costituire una porta di ingresso ideale per lo streptococco. Anche se raramente evolvono in infezione, in circostanze sfavorevoli possono improvvisamente trasformarsi nel punto di origine di una manifestazione clinica acuta. È proprio questa combinazione tra fragilità cutanea, fattori predisponenti sistemici e coincidenze occasionali a spiegare perché l’erisipela rimanga un evento clinico spesso imprevedibile.
Quali sono i sintomi dell'erisipela
L’erisipela esordisce in maniera brusca, con un quadro clinico che difficilmente passa inosservato. «La malattia si manifesta infatti quasi sempre con una febbre elevata, che compare repentinamente e può raggiungere valori di 39–40 °C, accompagnata da brividi scuotenti e da un marcato stato di malessere generale», spiega il dottor Regazzini. Contestualmente, nella sede cutanea colpita, compare una zona eritematosa di colore rosso vivo, dolente, calda al tatto e ben distinta dalla cute sana circostante.
Una delle caratteristiche cliniche più peculiari è la presenza di un lieve rilievo della placca eritematosa rispetto al piano cutaneo circostante, come uno “scalino” che segna con precisione i limiti dell’infezione. «Questo margine netto, unito all’aspetto teso e lucido della cute interessata, conferisce all’erisipela un aspetto inconfondibile», indica l’esperto. «Non di rado la tumefazione locale è tale da limitare i movimenti o da indurre il paziente a cercare immediatamente assistenza medica».
Come si diagnostica l'erisipela
La diagnosi di erisipela si fonda quasi esclusivamente sull’osservazione clinica. L’associazione tra febbre acuta e la comparsa nell’arco di poche ore di una placca eritematosa delimitata in modo netto, dolente e calda al tatto, costituisce un quadro così tipico da non lasciare molti dubbi all’occhio esperto. «Per questa ragione, nella maggior parte dei casi, non è necessario ricorrere a indagini strumentali complesse», mette in risalto il dottor Regazzini. «La rapidità con cui i segni cutanei si sviluppano e la loro evidente specificità rendono la diagnosi sostanzialmente clinica».
Tuttavia, nei reparti di pronto soccorso, la somiglianza con altre condizioni acute può generare incertezza. La diagnosi differenziale più frequente è con la tromboflebite, che interessa anch’essa gli arti inferiori e si presenta con gonfiore e calore locale. In questo contesto, l’esame più comunemente eseguito è l’ecocolordoppler venoso, non tanto per confermare l’erisipela – che non necessita di questo tipo di indagine – quanto per escludere la presenza di trombi in atto.
Anche gli esami di laboratorio, sebbene non specifici, forniscono elementi di supporto. Durante l’episodio acuto, gli indici di flogosi come la proteina C reattiva e la velocità di eritrosedimentazione risultano marcatamente elevati. «Questi parametri contribuiscono a rafforzare il sospetto clinico e si rivelano particolarmente utili nel monitorare l’evoluzione della malattia e la risposta alla terapia», aggiunge il dermatologo. «Infatti, uno dei segni più rassicuranti di corretta gestione terapeutica è proprio la rapidità con cui i sintomi regrediscono: la febbre cala entro pochi giorni e la lesione cutanea mostra un miglioramento evidente, al punto che un decorso troppo lento può indurre il medico a riconsiderare la diagnosi o a sospettare complicanze».
Come si cura l'erisipela
Trattandosi di un’infezione di origine batterica, l’erisipela risponde in maniera generalmente rapida e soddisfacente alla terapia antibiotica. I farmaci di elezione sono i derivati della penicillina, che conservano un’elevata efficacia nei confronti dello streptococco, principale agente eziologico. «La scelta della via di somministrazione dipende dalle condizioni cliniche del paziente», dice l’esperto. «Nei casi più lievi e nei soggetti giovani e in buona salute può essere sufficiente una terapia orale, mentre nelle forme più estese, in presenza di co-morbilità o in pazienti anziani e immuno-compromessi, è preferibile un trattamento parenterale, che garantisce un’azione più rapida e sicura».
La prognosi è generalmente favorevole, purché l’infezione resti confinata al derma e all’ipoderma. «La situazione diventa più complessa e potenzialmente pericolosa quando l’agente patogeno si diffonde al circolo sanguigno, dando origine a una sepsi, oppure quando l’infezione si estende oltre la fascia muscolare, trasformandosi in una cellulite profonda o, nei casi più gravi, in una fascite necrotizzante», avverte il dottor Regazzini. «In queste eventualità il quadro clinico assume una gravità notevole, con rischio di necrosi estesa dei tessuti».
Un aspetto di rilievo è la tendenza alle recidive, che interessa circa il 10% dei pazienti. L’erisipela può ripresentarsi più volte nella stessa sede, soprattutto negli arti inferiori già colpiti da insufficienza venosa o da alterazioni cutanee croniche. In alcune localizzazioni, come quella genitale, le recidive possono invece manifestarsi in aree adiacenti, non perfettamente sovrapponibili alla lesione precedente. «Chi ha già sperimentato un episodio di erisipela, spesso riconosce immediatamente i sintomi iniziali e tende ad avviare senza ritardo la terapia antibiotica», conclude il dottor Regazzini. «Nei casi in cui gli episodi recidivanti siano frequenti, può rendersi necessaria una profilassi a lungo termine con penicillina, al fine di interrompere il ciclo di ricorrenze e ridurre il rischio di nuove riacutizzazioni».
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