Atrofia muscolare spinale: cos’è, sintomi, cause, cure
Questa malattia genetica rara indebolisce progressivamente i muscoli, con esordio e gravità variabili. Oggi la diagnosi precoce attraverso lo screening neonatale e le terapie innovative permettono di rallentare la patologia, migliorare la forza muscolare e offrire ai bambini prospettive di sviluppo simili a quelle dei coetanei

Ogni movimento del corpo – dal gesto più semplice, come sollevare un braccio, al più essenziale, come respirare – dipende da una rete di cellule nervose che dal midollo spinale inviano precise istruzioni ai muscoli. Questi “messaggeri”, chiamati motoneuroni, permettono ai muscoli di contrarsi e lavorare in armonia. Se queste cellule iniziano a danneggiarsi o a perdere la loro funzionalità, la comunicazione si interrompe: i muscoli non ricevono più gli stimoli necessari e con il tempo diventano deboli, sottili, incapaci di rispondere come prima. È questo il meccanismo alla base dell’atrofia muscolare spinale, una malattia genetica rara che compromette il movimento alla sua origine più profonda e altera in modo progressivo la capacità del corpo di agire.
Che cos'è l'atrofia muscolare spinale
L’atrofia muscolare spinale (SMA) è una malattia genetica rara, che nasce da alterazioni nel gene SMN1, necessario alla produzione della proteina SMN, fondamentale per la sopravvivenza dei motoneuroni. «Essendo di origine genetica, la SMA è presente fin dalla nascita, ma non tutti i casi si manifestano immediatamente», spiega Eugenio Mercuri, professore di Neurologia Pediatrica presso l’Università Cattolica di Roma.
La patologia si distingue in diverse forme, basate sull’età di insorgenza e sulla gravità dei sintomi. «La SMA di tipo 1, la più grave, compare nei primi mesi di vita: senza trattamento, i bambini non riescono a sedersi autonomamente e, in passato, la sopravvivenza era molto limitata», indica l’esperto. «La SMA di tipo 2 esordisce generalmente tra i 6 e i 18 mesi: i bambini riescono a sedersi ma non a camminare autonomamente. Infine, la SMA di tipo 3 si manifesta dopo che il bambino ha già imparato a camminare, anche se nel tempo molti possono perdere questa capacità».
Fino a pochi anni fa, si trattava di una malattia progressiva con esiti spesso gravi. Oggi, grazie ai farmaci disponibili, lo scenario è cambiato radicalmente. «Nei bambini con forme gravi trattati precocemente, la sopravvivenza supera il 90%, mentre nelle forme meno severe si osservano significativi miglioramenti nello sviluppo motorio e nella forza muscolare», assicura Mercuri.
I risultati migliori si ottengono quando la malattia viene identificata precocemente attraverso lo screening neonatale, prima che compaiano i primi segni clinici: in questi casi molti bambini riescono a svilupparsi in maniera simile ai coetanei, vivendo una vita con prospettive fino a pochi anni fa impensabili.
Quali sono i sintomi
L’atrofia muscolare spinale può manifestarsi in modi molto diversi, a seconda dell’età di esordio e della gravità della malattia. Nelle forme più severe, che si presentano già nei primi mesi di vita, i bambini incontrano difficoltà nello sviluppo delle tappe motorie fondamentali: sollevare la testa, rotolare o stare seduti senza aiuto diventano sfide quotidiane. Con il progredire della malattia, anche attività essenziali come respirare, deglutire o tossire possono diventare problematiche.
Quando la SMA si manifesta più tardi, durante l’infanzia, l’adolescenza o persino in età adulta, la debolezza muscolare si sviluppa in modo più graduale. Spesso i primi segnali riguardano gli arti inferiori: camminare, correre o salire le scale richiede sempre più sforzo e con il tempo possono essere coinvolti i muscoli del tronco, delle spalle e, nei casi più gravi, quelli respiratori.
Nonostante l’impatto sui muscoli volontari, altre funzioni restano preservate. La sensibilità, le emozioni e le capacità cognitive non sono compromesse: molti bambini e adulti con SMA dimostrano una vivacità intellettiva e una curiosità particolarmente sviluppate, qualità che spesso diventano tratti distintivi nella loro vita quotidiana.
Come si arriva alla diagnosi
La diagnosi di SMA può avvenire già in forma prenatale, anche se non si tratta di un esame di routine. «Il test genetico, che permette di individuare l’assenza o la mutazione del gene SMN1, viene solitamente proposto solo quando ci sono motivi specifici di sospetto, come una storia familiare di malattia o altri fattori di rischio», commenta Mercuri.
Più accessibile e diffuso è invece lo screening neonatale, che può essere effettuato su tutti i bambini già nei primi giorni di vita. Questo esame, eseguito su una piccolissima goccia di sangue prelevata insieme agli altri test di routine, permette di individuare la presenza di alterazioni genetiche legate alla SMA con grande affidabilità. Attualmente sono 13 le regioni italiane che hanno integrato l’atrofia muscolare spinale nello screening neonatale, mentre in altre aree sono in corso progetti pilota o iter di attivazione.
Come si tratta l'atrofia muscolare spinale
Fino a pochi anni fa, la SMA era considerata una malattia incurabile e il trattamento era quasi esclusivamente orientato a migliorare la qualità della vita attraverso cure di supporto: fisioterapia, riabilitazione respiratoria, ortopedia, tecniche di ventilazione non invasiva, gestione nutrizionale. Oggi, invece, lo scenario è cambiato radicalmente. Sono disponibili tre terapie innovative che affrontano la malattia intervenendo direttamente sulle sue cause.
«Il primo farmaco approvato ormai dieci anni fa, nusinersen, ha segnato una svolta storica», assicura Mercuri. «Viene somministrato con un’iniezione intratecale e aumenta la produzione della proteina SMN, carente nei pazienti con SMA. Grazie a questo trattamento, molti bambini migliorano la forza muscolare, possono raggiungere tappe motorie fondamentali come stare seduti o camminare e la malattia procede più lentamente».
A questo si sono aggiunti altri due farmaci innovativi: la terapia genica onasemnogene abeparvovec, che si somministra una sola volta, e risdiplam, una medicina che si assume per bocca e che stimola anch’essa la produzione della proteina SMN. La scelta del trattamento più adatto dipende dall’età, dalla gravità della malattia e dallo stato clinico di ogni bambino.
«Tutti e tre i farmaci funzionano, ma la risposta varia da persona a persona», aggiunge Mercuri. «Alcuni migliorano rapidamente, altri vedono un rallentamento della progressione della malattia o una stabilizzazione dei sintomi. Per questo è fondamentale un approccio personalizzato, che tenga conto della situazione specifica di ciascun paziente e del momento in cui si inizia la terapia».
Terapia: la novità
L’Agenzia Europea per i Medicinali ha dato parere positivo a un nuovo schema “ad alto dosaggio” di nusinersen. Il nuovo dosaggio è pensato per rendere il trattamento più potente, con l’obiettivo di ottenere benefici più marcati sulla forza e sulla funzione motoria. Significa, in pratica, dare al farmaco una spinta in più.
Le persone che iniziano la terapia riceverebbero un avvio con dosi più elevate e poi un mantenimento più alto rispetto a quello attuale; chi già usa nusinersen potrebbe invece passare al nuovo regime con una singola dose di “potenziamento”. La modalità di somministrazione resta la stessa, tramite puntura intratecale effettuata da personale esperto.
«I risultati dello studio che ha portato a questa decisione sono stati incoraggianti», riferisce Mercuri. «I bambini trattati fin da subito con la dose più alta hanno mostrato miglioramenti evidenti nella mobilità rispetto a chi non riceveva nessuna terapia e il rischio di complicanze gravi come la necessità di ventilazione meccanica si è ridotto in modo notevole. Anche chi era già in cura con la dose standard e ha effettuato il passaggio al nuovo regime ha mostrato ulteriori progressi, come se il trattamento trovasse nuovo slancio. E, cosa altrettanto importante, non sono emersi nuovi problemi di sicurezza: gli effetti indesiderati sono rimasti in linea con quelli già noti».
Adesso il testimone passa alla Commissione Europea, che dovrà pronunciarsi entro gennaio 2026. Se arriverà il via libera, le persone con SMA avranno presto un’altra possibilità terapeutica, più forte e promettente, accanto a quelle già esistenti. Il nuovo regime è già stato approvato in Giappone ed è in valutazione negli Stati Uniti, segno che potremmo trovarci davanti a un cambiamento significativo nel panorama della cura di questa malattia.
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