L’amiloidosi cardiaca da transtiretina, nota anche con la sigla ATTR-CM, è una malattia rara e poco conosciuta, che viene spesso confusa con patologie cardiache più comuni, come lo scompenso cardiaco o altre forme di cardiomiopatia. Si tratta di una condizione degenerativa e progressiva che, se non diagnosticata e trattata in tempo, può compromettere in modo serio la funzionalità del cuore e di altri organi vitali.
Nonostante la sua rarità, questa malattia non è affatto trascurabile, soprattutto considerando che colpisce in modo particolare la popolazione anziana. Per troppo tempo l’amiloidosi cardiaca è rimasta ai margini della pratica clinica, ma oggi – grazie ai progressi nella ricerca medica e all’impegno crescente di specialisti in diverse discipline – sta emergendo come una condizione che può e deve essere affrontata con maggiore attenzione.
Che cos'è l'amiloidosi cardiaca da transtiretina
Si tratta di una malattia causata dall’accumulo anomalo di una proteina, la transtiretina, all’interno dei tessuti del cuore. «La transtiretina è normalmente prodotta dal fegato e ha il compito di trasportare alcune sostanze importanti nel sangue, come la vitamina A e l’ormone tiroideo T4», spiega la dottoressa Samuela Carigi, responsabile dell’Ambulatorio Scompenso e Cardiomiopatie dell’Ospedale Infermi di Rimini dell’AUSL Romagna.
«In certe condizioni, però, questa proteina può perdere la sua struttura stabile e aggregarsi formando dei filamenti anomali, chiamati fibrille amiloidi, che si depositano nel muscolo cardiaco, rendendolo rigido e meno capace di contrarsi e rilassarsi in modo efficace». Così, progressivamente, il cuore perde la sua capacità di pompare il sangue in modo efficiente, causando una serie di sintomi che possono essere gravi e invalidanti.
Esistono due principali forme di amiloidosi da transtiretina. Una è la forma ereditaria, legata a una mutazione genetica trasmessa dai genitori, che può manifestarsi anche in età relativamente giovane. L’altra invece è la forma cosiddetta wild-type, o senile, che non è legata a una mutazione genetica, ma si sviluppa spontaneamente, soprattutto negli uomini con più di 65 anni. Questa seconda forma è spesso più difficile da riconoscere, proprio perché i sintomi vengono confusi con quelli dell’invecchiamento o di altre malattie cardiache comuni.
Quali sono i sintomi dell'amiloidosi cardiaca da transtiretina
«Uno dei problemi principali dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina è che i suoi sintomi possono essere molto simili a quelli di altre patologie, come lo scompenso cardiaco o la cardiopatia ipertensiva», ammette Carigi. Spesso i pazienti accusano una crescente stanchezza, difficoltà respiratorie anche per sforzi minimi, gonfiore alle gambe o alle caviglie, palpitazioni o svenimenti. Si tratta di disturbi comuni che, in una persona anziana, vengono facilmente attribuiti ad altri problemi di salute.
In realtà, esistono dei segnali particolari che, se valutati attentamente, possono far sospettare la presenza di questa malattia. «Ad esempio», indica l’esperta, «la comparsa della sindrome del tunnel carpale a entrambe le mani, disturbi della sensibilità come formicolii agli arti, episodi di pressione bassa in posizione eretta, alterazioni neurologiche periferiche o la presenza di proteine nelle urine possono essere indicatori importanti. Se poi si accompagnano a segni di malattia cardiaca, è fondamentale approfondire le indagini».
Quali sono le cause dell'amiloidosi cardiaca da transtiretina
La causa principale dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina è legata al comportamento anomalo della proteina transtiretina, che normalmente ha una struttura stabile e funziona come trasportatore nel sangue. «In alcune persone, questa proteina perde la sua stabilità e si spezza in frammenti che si uniscono tra loro, formando dei depositi insolubili che si accumulano nei tessuti», descrive Carigi. «Nella forma ereditaria, questa instabilità è causata da una mutazione genetica che può essere trasmessa da un genitore e rende la transtiretina più incline a formare fibrille amiloidi».
Nella forma wild-type, invece, il processo è legato all’invecchiamento e avviene in modo spontaneo, senza alcuna mutazione genetica nota. Anche in assenza di una predisposizione ereditaria, quindi, la proteina può diventare instabile nel tempo, soprattutto in soggetti di sesso maschile e di età avanzata. Il risultato è un cuore progressivamente meno elastico, che fatica a funzionare correttamente.
Come si diagnostica l'amiloidosi cardiaca da transtiretina
Diagnosticare l’amiloidosi cardiaca da transtiretina richiede una buona conoscenza della malattia e una grande attenzione clinica. «I medici devono essere in grado di riconoscere i segnali che fanno sospettare la presenza di amiloide nel cuore e, sulla base di questi, prescrivere gli esami più adeguati», commenta Carigi. «Fortunatamente, oggi esistono strumenti diagnostici molto efficaci e poco invasivi che permettono di confermare il sospetto senza dover ricorrere alla biopsia, che in passato era l’unico modo per ottenere una diagnosi certa».
Uno degli esami più utili è la scintigrafia ossea, che grazie a un tracciante radioattivo permette di visualizzare l’eventuale presenza di depositi amiloidi nel cuore. Anche la risonanza magnetica cardiaca può offrire informazioni molto dettagliate sulle caratteristiche del tessuto cardiaco e aiutare a distinguere l’amiloidosi da altre forme di cardiopatia.
Il dosaggio di alcuni biomarcatori nel sangue, come NT-proBNP e troponine, consente di valutare il danno cardiaco. Infine, gli esami genetici sono fondamentali per stabilire se si tratta di una forma ereditaria o wild-type. In alcuni casi, quando gli altri esami non danno risultati chiari, può essere necessario ricorrere a una biopsia, ma questa eventualità si presenta sempre più di rado, grazie ai progressi nella diagnostica per immagini e nei test di laboratorio.
Come si tratta l'amiloidosi cardiaca da transtiretina
Il trattamento dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina è cambiato molto negli ultimi anni. Se in passato si potevano soltanto controllare i sintomi dello scompenso cardiaco, oggi esistono terapie mirate che agiscono sulle cause profonde della malattia. Tra queste, una delle più promettenti è rappresentata da un nuovo farmaco chiamato acoramidis, che agisce stabilizzando la proteina transtiretina e impedendo che si spezzi e formi i depositi tossici nel cuore.
I risultati degli studi clinici su acoramidis sono molto incoraggianti. Dopo appena tre mesi di trattamento, si è osservata una riduzione del rischio di morte o di ricoveri ripetuti, con un miglioramento importante anche nella qualità della vita dei pazienti. «Il farmaco è stato sviluppato mimando una mutazione genetica naturale, chiamata T119M, che protegge chi la possiede dallo sviluppo della malattia», evidenzia Carigi. «Acoramidis riesce a riprodurre l’effetto di questa mutazione, stabilizzando la proteina transtiretina in modo efficace e duraturo».
Secondo gli studi, la stabilizzazione può arrivare fino al 95 per cento, un dato che può tradursi in un impatto molto positivo sulla progressione della malattia. Tuttavia, per ottenere i massimi benefici da questa terapia, è indispensabile che la diagnosi arrivi il prima possibile. Riconoscere i sintomi iniziali, individuare i segnali d’allarme e indirizzare rapidamente i pazienti verso i centri specializzati è l’unico modo per intervenire in modo tempestivo e prevenire il peggioramento della funzione cardiaca.
«È proprio per questo che diventa cruciale il lavoro multidisciplinare tra cardiologi, neurologi, internisti, ematologi e medici di famiglia, affinché nessun indizio venga trascurato e ogni paziente venga seguito in un percorso strutturato e continuo», conclude l’esperta.
Fai la tua domanda ai nostri esperti