Immagina di essere in una sala affollata, con tanti stimoli diversi intorno a te: una musica coinvolgente, il profumo del caffè appena fatto, una notifica sul cellulare, le conversazioni che si intrecciano, quel pensiero improvviso su quanto sarebbe bello organizzare una vacanza al mare. Quei dettagli ti arrivano tutti insieme, ma tu non hai la capacità di concentrarti su uno solo. È quello che accade nell’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder), il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, che non interessa solamente quei bambini (tra i 270.000 e i 360.000 solo in Italia) considerati troppo vivaci, impulsivi, sbadati e invadenti. Anche molti adulti convivono ogni giorno con questa condizione, spesso senza saperlo, ritrovandosi a navigare tra scadenze dimenticate, progetti iniziati ma mai conclusi e una mente che saltella come un grillo da un pensiero all’altro.
Avere l'ADHD non significa avere un brutto carattere
«Le stime indicano che il 2-4% della popolazione adulta potrebbe avere un ADHD non diagnosticato, ma i dati potrebbero essere sottostimati», commenta Valerio Rosso, psicoterapeuta e specialista in psichiatria. «Significa che centinaia di migliaia di persone in Italia fanno i conti ogni giorno con varie difficoltà senza saperne l’origine, spesso attribuendo i loro problemi a un brutto carattere».
Ma di quali difficoltà parliamo? Per esempio, c’è il professionista che fatica a rispettare le scadenze e vive con la sensazione di “correre sempre dietro alle cose” oppure chi, pur avendo ottime capacità intellettuali, è stato etichettato come pigro, incostante e ha accumulato una sfilza di insuccessi scolastici e lavorativi.
«Altra situazione tipica è quella di una persona che arriva spesso in ritardo, perde oggetti in continuazione e dimentica impegni, anche importanti», descrive Rosso. «Ma c’è anche chi è in perenne ricerca di stimoli e cambia hobby, lavori o relazioni, senza mai trovare una stabilità; chi utilizza un linguaggio troppo esplicito, offensivo, cinico e diretto; chi è incapace di gestire le emozioni spiacevoli ed è soggetto a esplosioni di rabbia; chi è impulsivo negli acquisti o nell’utilizzo di servizi online, specialmente quelli in abbonamento; chi presenta problemi di dipendenza, anche gravi, da sostanze illecite, gioco d’azzardo o cibo».
Senza contare l’aumento dei problemi legati alla guida e alla gestione di un’auto, inclusi incidenti, multe per parcheggio o eccesso di velocità, che possono essere correlati a un deficit di attenzione. Se uno o più di questi scenari diventano un problema cronico e invalidante, è il caso di approfondire.
ADHD, problemi già nell'infanzia
Nella maggior parte dei casi, questi adulti sono stati bambini definiti “iperattivi”, “distratti” o “impossibili da gestire”. Magari ai tempi della scuola ricevevano frequenti richiami per scarsa attenzione o irrequietezza oppure, soprattutto nel caso delle bambine, erano perennemente con la testa altrove.
«Alcuni di loro potevano essere molto intelligenti, ma con un rendimento scolastico altalenante, mentre altri venivano rimproverati perché parlavano troppo, interrompevano o non riuscivano a stare fermi», evidenzia l’esperto. Gli studi più recenti sull’argomento suggeriscono, però, che esiste anche un ADHD tardivo, dove i sintomi potrebbero non essere stati riconosciuti durante l’infanzia.
In particolare, nelle bambine, l’esordio potrebbe essere stato atipico o poco evidente, caratterizzato da difficoltà “interne” (sogni a occhi aperti, testa tra le nuvole, mente che vaga) più che da iperattività manifesta. In questi casi, i problemi si palesano solo più tardi nella vita, spesso in seguito a fattori stressanti o cambiamenti significativi.
Oppure ci sono persone che potrebbero aver avuto sintomi lievi nell’infanzia, ma che non sono stati diagnosticati e diventano più evidenti in contesti complessi, come il lavoro o le relazioni.
«Tra l’altro, da adulti, l’ADHD può contribuire all’insorgenza di stanchezza cronica o forme depressive che spesso non guariscono con i farmaci o la psicoterapia», avverte lo psichiatra. «Tutto questo può condurre a un senso di frustrazione e fallimento personale, con la sensazione di essere “sbagliati” e un rischio maggiore di ansia e impulsività nelle decisioni finanziarie e relazionali».
ADHD, è coinvolto il cervello
La patogenesi dell’ADHD non è chiara e resta un argomento di ricerca attiva. Si ritiene che questo disturbo sia il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici (componente ereditaria), neurobiologici (funzionamento alterato di alcune aree del cervello, in particolare quelle coinvolte nel controllo dell’attenzione e della regolazione del comportamento) e ambientali (esposizione a fumo e alcol durante la gravidanza, patologie materne insorte durante la gestazione, parto prematuro, problemi di salute del bambino nel primo anno di vita).
«Attenzione però a non considerarlo solo un “disturbo”; questo tratto della personalità in passato poteva rappresentare un vantaggio evolutivo: in ambienti pericolosi, come quelli in cui vivevano i nostri antenati cacciatori-raccoglitori, una soglia bassa di noia e un’attenzione che si spostava continuamente da uno stimolo all’altro permettevano di individuare velocemente pericoli, opportunità e cambiamenti nell’ambiente», tiene a precisare Rosso.
«In più, la tendenza all’impulsività poteva favorire decisioni rapide, mentre l’attrazione per la novità incentivava l’esplorazione di nuove risorse. Oggi, in un mondo basato su regole rigide e compiti ripetitivi, queste caratteristiche possono diventare un ostacolo, ma non sono di per sé un difetto».
ADHD, a volte serve lo specialista
Se l’iperattività si attenua con l’età, da adulti restano le difficoltà di gestione del tempo, la tendenza alla procrastinazione e l’impulsività. Come avere una vita piena e realizzata? Per prima cosa, serve capire se davvero soffriamo di ADHD: non esistono test genetici, analisi di laboratorio o esami neurologici che possano condurre a una diagnosi certa.
«L’unica strada possibile è un’accurata valutazione clinica fatta da specialisti della salute mentale, come psichiatri o neuropsicologi, attraverso interviste, questionari strutturati e anamnesi dettagliata, spesso coinvolgendo anche i familiari», illustra l’esperto.
Una volta confermato, l’ADHD va gestito in maniera multimodale, ottimizzando lo stile di vita, imparando strategie pratiche o tecniche di gestione del tempo, seguendo percorsi di coaching o terapia cognitivo-comportamentale, utilizzando farmaci stimolanti (metilfenidato) o non stimolanti (atomoxetina) nei casi più severi.
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