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Virus West Nile: il punto della situazione in Italia

Il virus, trasmesso da comuni zanzare infette, può essere pericoloso, ma solo nei casi di estrema fragilità. Vediamo come comportarci e cosa fare per evitare il contagio

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Le notizie circolano veloci e il West Nile in un batter d’occhio è la nuova paura di questa fine estate. In effetti non sembra di poter stare tranquilli leggendo i dati relativi a questa infezione, che si trasmette attraverso la puntura della zanzara.

Solo nel Veneto infatti, la Regione più colpita, a causa della febbre del Nilo (il nome italiano del virus) sono già decedute quattro persone. C’è da dire anche che dal 2015 l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di casi segnalati all’anno, concentrati in nove regioni (Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna).

È allarme, dunque? «Nel 2018 i casi sono aumentati considerevolmente rispetto agli anni passati, ma non si può parlare di una situazione pericolosa», spiega Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione microbiologi clinici italiani. «Parliamo comunque di circa 400 casi in totale e di questi, solo per l’1% viene colpito in modo fatale».


Come si trasmette

Il veicolo è la zanzara Culex, cioè la specie comune, presente in abbondanza in Italia, ed è infetta una su tre. Il virus è presente nel nostro Paese da una decina di anni, probabilmente veicolato da uccelli migratori dell’Africa.

L’uomo non c’entra e quindi neppure gli stranieri, com’è stato erroneamente detto: la zanzara fa tutto da sé, punge e inocula il virus. «Gli studi hanno dimostrato che esiste un rischio di trasmissione tra umani attraverso il sangue, ma è bassissimo», aggiunge il dottor Clerici. «Per questo, si consiglia ai donatori di sangue di sospendere le donazioni per 28 giorni da quando sono stati anche solo per una notte nelle zone a rischio, oppure di verificare l’assenza del virus nel sangue. È una precauzione che vale per altri tipi di infezione e non solo per il West Nile».

Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni, nel caso di deficit a carico del sistema immunitario.


Quali sono i sintomi

In otto casi su dieci l’infezione passa inosservata, nel 19% si manifesta una sindrome simile a quella influenzale, con dolori muscolari, febbre, mal di testa, nausea e nell’1% si sviluppa una forma grave meningo encefalica con febbre alta, mal di testa fortissimo, stato di incoscienza.

«Qui rientrano i decessi che sono avvenuti in questi giorni», dice il dottor Clerici. «Le persone erano tutte anziane e con un fisico debilitato da altre malattie, a riprova che il West Nile è un virus pericoloso solo in casi limitati di estrema fragilità».

Per la diagnosi ci vuole un’analisi del sangue per la ricerca di anticorpi del tipo IgM e del genoma virale. Se il test è positivo, significa che c’è l’infezione in circolo.

Poche le cure, che servono solo ad alleviare i sintomi: paracetamolo per abbassare la febbre, liquidi in abbondanza per mantenere idratato l’organismo.

«Se i sintomi sono importanti non bisogna perdere tempo ma trasportare il malato in ospedale», avvisa il dottor Clerici. «La terapia è la medesima che viene prescritta per le forme più lievi, ma in dosaggi più elevati. Inoltre, spesso, il paziente viene sostenuto con la respirazione artificiale, perché si manifestano crisi di insufficienza respiratoria».


Cosa fare per prevenire

Al momento non esiste un vaccino che protegga contro il West Nile. «Le azioni da intraprendere sono due», sottolinea il dottor Clerici. «Da parte del Comune oppure della Asl, è necessaria l’esecuzione regolare della disinfestazione delle zone più a rischio, in modo da eliminare le larve di zanzara.

Da parte di tutti noi, invece, è importante mettere in atto una serie di regole, che hanno come scopo quello di abbattere la proliferazione delle zanzare».

Evita, allora, innanzitutto, che ci sia acqua stagnante, perché è la preferita per il deposito delle uova. No, quindi ai sottovasi, all’annaffiatoio riempito per l’indomani, alla piscina dei bimbi lasciata mezza piena.

Sì invece alle zanzariere alle finestre, a cambiare spesso l’acqua nelle ciotole degli animali e ai prodotti anti-zanzare da cospargere sulla pelle e sugli abiti quando cala il sole.

Articolo pubblicato il 20 agosto 2018


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