MENISCO, lesioni del

Il menisco è una formazione di natura fibrocartilaginea presente in alcune articolazioni sinoviali. Nel ginocchio ha forma semilunare ed è posizionato sulla parte interna (menisco mediale) ed esterna (menisco laterale), tra il femore (condili femorali) e la tibia (piatti tibiali): la sua funzione è rendere più congruente, grazie alle sue caratteristiche morfologiche e strutturali, l’articolazione […]



Il menisco è una formazione di natura fibrocartilaginea presente in alcune articolazioni sinoviali. Nel ginocchio ha forma semilunare ed è posizionato sulla parte interna (menisco mediale) ed esterna (menisco laterale), tra il femore (condili femorali) e la tibia (piatti tibiali): la sua funzione è rendere più congruente, grazie alle sue caratteristiche morfologiche e strutturali, l’articolazione di queste due ossa. Di seguito verranno esaminate le tipologie di lesione più frequenti e importanti a carico del menisco del ginocchio. In effetti i menischi sono formati da cellule (i fibrocondroblasti) e da un tessuto extracellulare (collageno e altre proteine dette protoglicani), che formano un tessuto particolarmente resistente ed elastico: queste caratteristiche consentono di sopportare i notevoli carichi di lavoro impressi al ginocchio nelle varie condizioni di movimento dell’articolazione, che comportano forze di compressione, taglio e torsione variamente associate tra loro. L’importanza della funzione svolta dai menischi è emersa dagli studi di biomeccanica, che hanno dimostrato come, durante il carico in estensione, la metà del peso applicato dal femore sulla tibia è trasmesso dal menisco, mentre in flessione questa percentuale sale all’85%. La funzione di stabilizzazione dell’articolazione svolta dai menischi è confermata anche da studi comparati condotti su soggetti con e senza menisco (in quanto sottoposti a un precedente intervento di asportazione): tali studi hanno evidenziato in quest’ultimi un aumento della mobilità articolare e, di conseguenza, una più accentuata usura delle cartilagini di femore e tibia.

Nella sua parte periferica (cosiddetta zona rossa) il menisco è provvisto di vasi sanguigni e in parte innervato, a differenza della sua parte interna (detta zona bianca): si tratta di un particolare di rilievo che condiziona la possibilità di guarigione delle lesioni. Il menisco interno ha forma semicircolare (più ampia anteriormente che posteriormente) e una maggiore stabilità rispetto al menisco esterno, essendo ben aderente alla capsula e ad altre strutture legamentose; il menisco esterno ha invece forma circolare, dimensioni omogenee e una maggiore mobilità (valutata in circa 2,5 cm in senso anteroposteriore ripetto a 1 cm dell’interno): può presentare anomalie congenite per esempio quando la sua superficie arriva a coprire tutto il piatto tibiale (cosiddetto menisco discoide), causando alterazione del movimento articolare e sensazione di scroscio accompagnato da dolore.

Il menisco interno è quello che con maggiore frequenza va incontro a lesioni, mentre la chirurgia del menisco esterno presenta esiti percentualmente meno soddisfacenti.


Lesioni meniscali

Le lesioni dei menischi del ginocchio possono essere causate da traumi o da patologie croniche di diversa origine. Nel primo caso i traumi possono essere provocati da violenti movimenti di torsione, flessione e rotazione dell’articolazione (come accade nelle distorsioni), con conseguenti danni spesso a carico anche di altre strutture del ginocchio quali le ossa, la capsula o i legamenti. Il dolore può risultare improvviso, accompagnato da gonfiore articolare e difficoltà al carico e al movimento. In questa situazione è opportuno recarsi urgentemente dal medico o, meglio, in un Pronto soccorso, dove c’è la possibilità di un consulto specialistico e di eventuali accertamenti diagnostici. Per quanto riguarda le patologie croniche, le lesioni meniscali (percentualmente molto più frequenti di quelle traumatiche) avvengono “per gradi”, attraverso un progressivo indebolimento della struttura dei menischi che successivamente crea lesioni sempre più estese fino alla rottura completa, talvolta in seguito a movimenti o sforzi anche banali. Sovente queste lesioni sono associate a danni della cartilagine articolare di femore e tibia (condropatia), alla cui realizzazione può contribuire la stessa lesione meniscale, se è persistente a lungo. Le cause dell’usura cronica sono molteplici: conseguenze di microtraumi ripetuti (più frequenti in alcuni lavori come quello di idraulico, piastrellista, ferroviere o camionista), sovraccarichi da deviazione degli assi di carico (come accade nei soggetti che hanno un ginocchio varo o un ginocchio valgo), sovrappeso, esiti di fratture ecc.

La distinzione tra lesione acuta e cronica non appare sempre facilmente individuabile, ma riveste un’importanza non secondaria anche dal punto di vista medico-legale, rispetto quindi alla risarcibilità o meno della lesione di un menisco in seguito a un evento lesivo accidentale. In effetti, comunemente la lesione del menisco viene percepita come un danno localizzato elettivamente nel ginocchio e soprattutto conseguenza di un trauma, tipicamente avvenuto a un giovane durante un’attività sportiva: in realtà quest’ultima situazione è meno frequente di quanto si pensa, e la maggior parte delle lesioni è riconducibile a motivazioni complesse di usura e microtraumi.


Come si “rompe” un menisco

La tipologia delle lesioni è molto varia e può consistere nella rottura del menisco in frammenti parzialmente separati (“a becco di pappagallo”) oppure in danni ad andamento orizzontale o trasversale, o ancora in tipologie associate (lesioni complesse). Le lesioni possono arrivare a causare importanti interferenze meccaniche, con blocchi articolari temporanei o persistenti (di solito con impossibilità a estendere completamente il ginocchio) dovuti alla dislocazione di frammenti di menisco al centro dell’articolazione; in quest’ultimo caso il ricorso al Pronto soccorso e all’intervento chirurgico risulta necessario, per il dolore e l’impossibilità al carico e al movimento. Nella maggior parte dei casi invece il dolore ha un esordio moderato, alle volte successivo a movimenti o posizioni particolari (accosciata, mantenuta per più tempo), e progredisce nei giorni seguenti accompagnandosi spesso a gonfiore dell’articolazione e talvolta a episodi di cedimento articolare che possono configurare una vera e propria zoppia. Alle volte il disturbo non è riconducibile ad alcun evento particolare, anche se nella vita quotidiana esistono varie possibilità di stress del ginocchio (salire e scendere da un’auto o da un mezzo pubblico, girarsi di scatto e altro ancora) che possono costituire un meccanismo scatenante. Non sempre è percepibile uno scatto o scroscio dell’articolazione, ma se questo sintomo viene avvertito, magari in associazione con altri sintomi, si configura un fondato sospetto diagnostico.


Diagnosi

Nel passato la diagnosi di lesione del menisco era affidata esclusivamente alle manovre effettuate mediante manipolazione dallo specialista e agli esami di imaging (radiografie e artrografie); le percentuali di errore erano rilevanti e si facevano palesi quando si procedeva all’atto chirurgico, che veniva eseguito per via artrotomica (cioè aprendo l’articolazione del ginocchio con un taglio chirurgico). Attualmente, invece, la tomografia assiale computerizzata e, meglio, la risonanza magnetica garantiscono ottime percentuali di correttezza nella diagnosi, con la possibilità di riconoscere altre patologie associate per esempio ai legamenti, ma soprattutto alle cartilagini (le condropatie); tali patologie sono spesso preminenti nella sintomatologia e quindi richiedono un approccio terapeutico diverso e meno semplicistico. Anche se non ha alcuna efficacia nelle lesioni meniscali, l’ecografia può riconoscere ed evidenziare bene eventuali cisti situate nella parte posteriore del ginocchio (le cisti poplitee note anche come cisti di Baker).


Terapia

In base a quanto detto circa l’importanza dei menischi, è evidente la necessità di porre in atto tutte le procedure volte a conservare il più possibile il tessuto meniscale. La tecnica artroscopica associa la certezza della diagnosi (consente infatti di verificare direttamente la condizione di tutto il menisco) alla possibilità di procedere al trattamento più selettivo della lesione, rimuovendo cioè solo la parte danneggiata e quindi non più idonea alla sua funzione, causa di infiammazione, dolore e anche di danno meccanico alla cartilagine femorale e tibiale corrispondente. In caso di lesione minima, non si procede ad alcun atto operatorio, mentre in alcuni casi di lesioni marginali (situate nella zona rossa), passibili di cicatrizzazioni in quanto la zona è vascolarizzata, si può tentare, in accordo con il paziente, una sutura del menisco, che garantisce risultati apprezzabili seppure percentualmente non brillanti. In ogni caso, e soprattutto nelle lesioni dubbie alla risonanza magnetica, l’approccio terapeutico deve essere inizialmente conservativo (non deve cioè prevedere un atto operatorio in prima istanza) e basato sull’impiego di farmaci antinfiammatori oltre che su una fisioterapia strumentale (ultrasuoni, laser, TENS) associata a un graduale recupero del tono muscolare, spesso carente.

In particolare, nel definire il piano terapeutico si devono considerare le patologie associate, spesso le vere responsabili del dolore: in questo senso tanto la condropatia quanto l’infiammazione della membrana sinoviale costituiscono problemi terapeutici alle volte di rilievo. La persistenza dei sintomi malgrado le terapie effettuate e l’opportunità di una diagnosi più corretta può indirizzare verso l’atto chirurgico, tenendo conto che l’artroscopia, pur nella sua relativa invasività, deve essere comunque finalizzata a un atto prevalentemente chirurgico.Diverso può essere l’approccio se chi ha la lesione meniscale è uno sportivo che esercita a livello agonistico o comunque di elevato impegno, in quanto la richiesta funzionale e il rapido ritorno all’attività richiede un atteggiamento nettamente più aggressivo e decisionista. In concreto la patologia meniscale isolata trova soluzioni molto soddisfacenti nella chirurgia artroscopica, mentre l’associazione ad altre patologie deve modificare l’approccio terapeutico, in particolare rendendo chiaramente edotto il paziente della giusta dimensione del problema e della possibilità di successo solo parziale in caso di scelta artroscopica. [R.M.]