Radiazione ionizzante
Particella o radiazione energetica in grado di trasmettere la propria energia alla materia irradiata, di ionizzarla (conferire una carica positiva o negativa agli atomi e alle molecole da cui essa è composta) e di indurvi talvolta una ricombinazione o una reazione chimica. La dosimetria si serve di unità come il becquerel (Bq), il gray (Gy), il rad (100 rad = 1 gray) e il sievert (Sv), che permettono di porre a confronto i vari tipi di radiazione, valutarne i pericoli per l’organismo umano e stabilirne l’utilità in campo medico.
Tipi di radiazioni ionizzanti
Esistono tre tipi di radiazioni ionizzanti: quelle ad alta energia trovano impiego in radioterapia; i raggi X, a bassa energia, vengono utilizzati nella radiologia convenzionale; i raggi g, infine, sono alla base della medicina nucleare.
Effetti indesiderati
Le radiazioni ionizzanti sono suscettibili di produrre effetti biologici di vario genere, immediati o ritardati, di complessa valutazione. Alcuni di questi effetti sono legati alla dose di energia radiante somministrata, altri alle modalità di irradiazione (esterna, per inalazione, per ingestione e così via). Essi consistono in nausea, vomito, ansia, forme di porpora (macchioline emorragiche sottocutanee), cataratta, lesioni del midollo osseo. Sono possibili anche diarrea ematica, lesioni del tubo digerente, compromissione del sistema immunitario, lesioni a carico del sistema nervoso, edema cerebrale. L’accumulo delle dosi di radiazioni ionizzanti comporta altri tipi di danni, tra cui la comparsa di neoplasie maligne. Una leucemia può manifestarsi da 4 a 15 anni dopo l’esposizione, mentre un cancro della pelle, del polmone, del seno o di altri organi può insorgere da 10 a 40 anni dopo. Il rischio di trasmissione ai discendenti di un’anomalia genetica legata alle radiazioni ionizzanti sembra essere pari all’1% circa per ciascun sievert somministrato. La protezione dalle radiazioni ionizzanti è oggetto di leggi statali e comunitarie.
Cerca in Medicina A-Z