Insonnia

Con il termine insonnia si intende una compromissione del sonno notturno, nelle sue varie fasi, tale da provocare nelle successive ore diurne conseguenze importanti quali sonnolenza, irritabilità, ansia e difficoltà di concentrazione. Il disturbo può essere passeggero, legato per esempio alla preoccupazione per un impegno importante, oppure costituire una vera e propria condizione patologica che […]



Con il termine insonnia si intende una compromissione del sonno notturno, nelle sue varie fasi, tale da provocare nelle successive ore diurne conseguenze importanti quali sonnolenza, irritabilità, ansia e difficoltà di concentrazione. Il disturbo può essere passeggero, legato per esempio alla preoccupazione per un impegno importante, oppure costituire una vera e propria condizione patologica che diventa importante sospettare, riconoscere e trattare.Alcuni fattori, che costituiscono nell’insieme la cosiddetta igiene del sonno, possono favorire l’inizio e il mantenimento del sonno notturno mediante la creazione di un ambiente rilassante e sereno e il mantenimento di ritmi sonno-veglia regolari: sono questi i presupposti che permettono, al risveglio, di sentirsi adeguatamente riposati e ristorati, pronti a trascorrere una giornata serena ed efficiente. Viceversa, altri fattori possono ostacolare il sonno: si può trattare in questi casi di stress, rumore o dolore fisico, ma anche di specifici disturbi psichiatrici.


Cenni di biologia del sonno

Il cervello dispone di numerosi “centri” deputati a programmare e a favorire il sonno: svolgono questa funzione, tra l’altro, la corteccia cerebrale, il talamo, l’ipotalamo e la formazione reticolare. Secondo alcuni studiosi esisterebbe una predisposizione familiare verso l’insonnia, benché studi effettuati in particolare sull’insonnia primaria abbiano dato risultati contrastanti. Per comprendere il concetto di insonnia è importante ricordare alcuni elementi inerenti la struttura del sonno, che consiste fondamentalmente di due stati:

  1. sonno non-REM, (dalle iniziali dell’inglese Rapid Eyes Movements, movimenti rapidi degli occhi) che comprende 4 stadi di crescente profondità, con rallentamento proporzionale dell’attività cerebrale; è il sonno detto a onde lente (con riferimento al tracciato dell’elettroencefalogramma), durante il quale non vengono prodotti i sogni;
  2. sonno REM durante il quale compaiono appunto rapidi movimenti oculari associati a una paradossale riattivazione della corteccia cerebrale; in questa fase, che occupa circa il 20% del sonno totale, vengono prodotti i sogni.

Il sonno viene studiato attraverso la polisonnografia, metodo basato sull’impiego di uno strumento che si applica al soggetto mentre dorme, consentendo di misurarne l’attività elettrica cerebrale (mediante l’elettroencefalogramma), i movimenti oculari (mediante elettro-oculografia), l’attività elettrica muscolare (mediante elettromiografia) e i movimenti respiratori.


Cosa si studia nel sonno

I parametri elencati di seguito possono aiutare a comprendere meglio le alterazioni del sonno.

Tempo totale di sonno Quantità di tempo che si trascorre dormendo.

Latenza di sonno Tempo impiegato per addormentarsi (tempo che intercorre tra veglia e sonno).

Latenza REM Tempo che intercorre tra l’inizio del sonno e la comparsa del sonno REM.

Veglia intrasonno Numero e durata dei risvegli nel corso della notte.

Efficienza del sonno Rapporto tra il tempo totale di sonno e il tempo di veglia notturna.


Quanta gente soffre d’insonnia?

L’insonnia si osserva più di frequente nel sesso femminile, e tende ad aumentare con l’avanzare dell’età, nelle persone affette da disturbi psichiatrici e da malattie dell’organismo, oltre che in chi impiega sostanze da abuso.

I dati di frequenza dell’insonnia nella popolazione sono assai scarsi e dipendono principalmente dal tipo di insonnia: per esempio, l’insonnia primaria è presente in una percentuale variabile tra l’1 e il 10 % degli adulti, mentre tali valori arrivano sino a circa il 20 % nell’età avanzata.


Tipi di insonnia

L’insonnia rappresenta un disturbo che può colpire le diverse fasi del sonno, iniziale, intermedia e terminale: quando si ha difficoltà ad addormentarsi si parla dunque di insonnia iniziale, quando ci si sveglia “nel cuore della notte” di insonnia intermedia e, se il risveglio avviene con notevole anticipo rispetto alle consuete abitudini, si parla infine di risveglio mattutino precoce o insonnia finale. In un disturbo del sonno possono risultare alterate una o più fasi del sonno stesso, fino al culmine rappresentato dal cosiddetto stato di veglia completa, nel quale l’insonnia è globale e il paziente trascorre “la notte in bianco”; in questo caso l’insonnia coinvolge tutte le fasi, iniziale intermedia e finale, del sonno.

Un’ulteriore e fondamentale distinzione va fatta poi tra insonnia fisiologica e patologica.

Un’insonnia fisiologica può essere innescata da vari fattori stressanti, per esempio momenti di preoccupazioni familiari, lavorative o scolastiche, e va considerata come un evento normale, solitamente di breve durata e transitorio; per lo più non è meritevole di trattamento farmacologico, dato che non costituisce né appartiene a un disturbo psichiatrico. Di solito, una volta superato l’evento che lo ha provocato, cioè il fattore stressante, questa condizione tende a risolversi.

Quando i fattori stressanti perdurano nel tempo, magari associandosi a condizioni psichiatriche, l’insonnia diventa invece patologica e quindi meritevole di trattamento.


Insonnia: primaria o secondaria?

L’insonnia primaria e quella secondaria (provocata da disturbi psichiatrici) presentano caratteristiche comuni quali la durata minima (per convenzione fissata in un mese) e la difficoltà ad addormentarsi o mantenere il sonno da parte del paziente, che percepisce il riposo come non ristoratore e accusa in seguito, durante il giorno, sonnolenza e ripercussioni anche notevoli a livello lavorativo, nella vita familiare e sociale; accanto a queste caratteristiche di fondo sussistono però precise differenze tra i due tipi di disturbo. L’insonnia primaria è sostenuta da un’alterazione di fondo dei ritmi sonno-veglia; insorge tipicamente attorno ai 15-30 anni e tende a cronicizzarsi, a meno che non si instauri un trattamento specifico, che peraltro è tra i più difficili. Scarsi risultati si hanno con i comuni induttori del sonno e con la psicoterapia, mentre sembrerebbero utili le tecniche di rilassamento e l’applicazione di una corretta igiene del sonno.

L’insonnia secondaria è un quadro clinico dovuto a disturbi psichiatrici o all’uso, abuso o dipendenza da sostanze psicoattive, ma può essere dovuto anche a cause organiche, soprattutto associate a dolore (per esempio una frattura).


Insonnia correlata a disturbi psichiatrici

Il trattamento dell’insonnia derivata dai disturbi psichiatrici dipende dal tipo di disturbo in questione. Nei disturbi d’ansia o depressivi, per esempio, è utile l’introduzione di farmaci che inibiscono la ricaptazione della serotonina (SSRI) come citalopram, escitalopram e sertralina, di inibitori della ricaptazione di serotonina e adrenalina (NARI) come venlafaxina o di antidepressivi noradrenergici serotoninergici specifici (NASSA) come mirtaziapina.

Negli stati maniacali si trae giovamento dall’associazione di stabilizzanti dell’umore e antipsicotici atipici, questi ultimi utili anche nel trattamento dei disturbi psicotici. Al riguardo, è fondamentale sottolineare che, quando si trattano i disturbi psichiatrici primari, viene chiaramente curato anche il sintomo derivato da tale disturbo e cioè l’insonnia. L’impiego di benzodiazepine (ansiolitici e induttori del sonno) deve essere limitato nel tempo, impiegato con cautela e possibilmente riservato al bisogno, onde evitare fenomeni di dipendenza e abuso.

Tra le sostanze psicoattive il cui uso, abuso o dipendenza si correlano a stati di insonnia, si ricordano alcol, cocaina, anfetamine ecc. Anche alcuni farmaci possono avere come effetto paradosso o indesiderato l’insonnia: tra questi ancora le benzodiazepine, alcuni antidepressivi ad azione attivante e il cortisone, specie se assunti nelle ore serali.


Insonnia correlata a condizioni organiche

Le malattie che più frequentemente hanno come sintomo l’insonnia sono quelle riconducibili a disturbi neurologici, come la demenze (cioè condizioni di deterioramento cognitivo, per esempio la demenza vascolare) e le neuropatie, quelle provocate da disturbi cardiaci come l’ischemia cardiaca notturna e quelle che derivano da patologie polmonari, per esempio l’asma correlata al sonno e la bronchite cronica ostruttiva responsabile di insufficienza respiratoria; anche alcuni tipi di tumore maligno in fase avanzata possono procurare insonnia.

Una forma peculiare di insonnia si associa poi alla cosiddetta sindrome delle gambe senza riposo, che insorge tipicamente a riposo prima dell’addormentamento, in tarda serata, quando il soggetto tenta di rilassare la propria muscolatura. L’insonnia è dovuta al fatto che il paziente prova una fastidiosissima tensione interna, a livello di ginocchia e caviglie; quando l’intensità dei sintomi raggiunge l’acme, il paziente è costretto ad alzarsi, camminare e porre il piede su una superficie fredda per alleviare questa intollerabile sensazione. Spesso la sindrome si associa a neuropatie o all’assunzione di farmaci b-bloccanti o caffeina. L’impiego di benzodiazepine aiuta ad alleviare il disturbo.


Disturbi del sonno correlati alla respirazione (apnea ostruttiva)

In questo caso l’insonnia non è correlata a un disturbo psichiatrico, ma è una condizione comunque patologica dovuta alla presenza di apnee notturne, cioè ad alterazioni della ventilazione polmonare durante il sonno. Nei soggetti che vengono colpiti da questo disturbo l’insonnia si associa a sonnolenza diurna, dovuta ai frequentissimi risvegli durante il sonno notturno.

I disturbi del sonno correlati alla respirazione si manifestano tipicamente tra i 40 e i 60 anni, ma possono insorgere a qualsiasi età. Il decorso è cronico e progressivo e può portare anche alla morte per patologia cardiovascolare. [J.S., C.M.]