Non solo batteri, ma anche virus, funghi e parassiti: è questa l’eterogenea popolazione che compone il microbiota intestinale. Un mondo sempre più spesso al centro di studi e ricerche. La ragione? Dalla pacifica convivenza dei microrganismi intestinali, senza che qualche famiglia di “cattivi” prenda il sopravvento, dipendono la nostra salute e il nostro benessere.
Se ne è discusso anche nei giorni scorsi a Roma, al settimo convegno mondiale Gut Microbiota for Health World Summit e nell’incontro “satellite” organizzato da Danone.
La condizione ideale: l’equilibrio
«Quando il microbiota è in equilibrio si parla di eubiosi: in queste condizioni modula la risposta immunitaria, assicura il metabolismo dei nutrienti, contribuisce alla produzione di energia, tiene sotto controllo le infiammazioni e regola l’appetito», spiega il dottor Gianluca Ianiro, gastroenterologo della Fondazione Policlinico universitario Gemelli di Roma.
Alcuni fattori possono però alterarlo: «L’età, la dieta, lo stile di vita, ma anche infezioni, interventi chirurgici e uso di farmaci, per esempio gli antibiotici. Quando la varietà dei microrganismi diminuisce, si passa a uno stato di squilibrio definito disbiosi, che spiana la strada a patologie quali diabete, allergie, malattie immunitarie, patologie cardiovascolari e perfino alcune neoplasie», aggiunge.
Ecco perché i ricercatori e gli specialisti di più branche della medicina, dalla gastroenterologia all’oncologia, stanno conducendo studi sui preziosi microrganismi intestinali.
Come coltivare i batteri buoni
Cosa possiamo fare per prevenire o risolvere la disbiosi? «Non molti sanno che comportamenti virtuosi come praticare sport, controllare lo stress e non fumare influenzano positivamente il microbiota. Ma prima di tutto occorre mangiare in modo sano e variato, stando alla larga dalle diete di esclusione, oggi tanto di moda, se non ce n’è davvero bisogno. Anche un eccessivo consumo di proteine derivanti dalla carne rossa e di zuccheri può mettere a rischio l’eubiosi. Giocano invece a favore i grassi polinsaturi, in particolare gli Omega 3 del pesce e della frutta secca e le fibre indigeribili prebiotiche, come l’inulina o i galatto-oligosaccaridi contenuti in certi vegetali, per esempio i carciofi, i porri, la cicoria e i legumi», chiarisce il dottor Michele Sculati, medico chirurgo e specialista in scienza dell’alimentazione.
Non meno importanti sono gli alimenti ricchi di probiotici, quali i latti fermentati, il kefir e il miso: «Questi microbi “buoni” colonizzano l’intestino, ci proteggono da batteri e virus patogeni e producono sostanze utili all’organismo, tra cui vitamine e acidi grassi», spiega Lorenzo Morelli, docente di Biologia dei microrganismi all’Università Cattolica di Piacenza.
Il più sano? In Amazzonia
«La dieta occidentale, sempre più povera di fibre e ricca di zuccheri, ha alterato il nostro microbiota riducendo la varietà di microrganismi di cui è composto. Nella foresta amazzonica, invece, vivono indigeni con il microbiota più eterogeneo del pianeta. Questo perché seguono una dieta a base di vegetali crudi, rispettosa del ciclo delle stagioni. Inoltre non sterilizzano gli alimenti (quindi entrano in contatto con germi di ogni genere che alimentano la diversità della flora), e non fanno uso di farmaci», dice il dottor Gianluca Ianiro.
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Articolo pubblicato sul n. 15 di Starbene in edicola dal 27/03/2018