YERVOY EV 1FL 40ML 5MG/ML -Avvertenze e precauzioni
Ipilimumab in associazione con nivolumab Quando ipilimumab è somministrato in associazione con nivolumab, fare riferimento al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di nivolumab prima di iniziare il trattamento. Per ulteriori informazioni sulle avvertenze e le precauzioni associate al trattamento con nivolumab, si prega di fare riferimento al Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di nivolumab. Gran parte delle reazioni avverse immuno-correlate sono migliorate o sono scomparse con misure appropriate quali la somministrazione di corticosteroidi e le modifiche del trattamento (vedere il paragrafo 4.2). Le reazioni avverse immuno-correlate si sono verificate con maggiore frequenza quando nivolumab era somministrato in associazione con ipilimumab rispetto alla somministrazione di nivolumab in monoterapia. Con la terapia di associazione sono stati segnalati anche eventi avversi cardiaci e polmonari, inclusa embolia polmonare. I pazienti devono essere sottoposti a monitoraggio continuo delle reazioni avverse cardiache e polmonari e al monitoraggio dei segni clinici, dei sintomi e delle alterazioni dei valori di laboratorio indicativi di squilibri elettrolitici e disidratazione prima del trattamento e periodicamente durante il trattamento. Ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto in caso di reazioni avverse cardiache o polmonari severe e ricorrenti o potenzialmente pericolose per la vita. I pazienti devono essere sottoposti a monitoraggio continuo (almeno fino a 5 mesi dopo l’ultima dose) poiché una reazione avversa con ipilimumab in associazione con nivolumab può verificarsi in qualsiasi momento durante la terapia o dopo la sua interruzione. Reazioni immuno-correlate Ipilimumab è associato a reazioni avverse infiammatorie risultanti da un’attività immunitaria aumentata o eccessiva (reazioni avverse immuno-correlate), probabilmente correlate al meccanismo d’azione del farmaco. Reazioni avverse immuno-correlate, che possono essere severe o che possono mettere in pericolo la vita possono coinvolgere l’apparato gastrointestinale, il fegato, la cute, i nervi, il sistema endocrino o altri sistemi e organi. Anche se gran parte delle reazioni avverse immunocorrelate compare durante il periodo di induzione, la loro insorgenza è stata riportata anche mesi dopo l’ultima somministrazione di ipilimumab. A meno che non sia identificata una diversa eziologia, la diarrea, l’aumento della frequenza delle evacuazioni, la presenza di sangue nelle feci, gli aumenti dell’LFT, il rash e l’endocrinopatia devono essere considerati infiammatori e correlati a ipilimumab. Una diagnosi precoce ed una gestione appropriata sono essenziali per ridurre al minimo le complicazioni che possono mettere in pericolo la vita. Una terapia sistemica con alte dosi di corticosteroidi con o senza terapia immunosoppressiva addizionale può rendersi necessaria per gestire le reazioni avverse severe immuno-correlate. Le linee guida specifiche per la gestione delle reazioni avverse immuno-correlate di ipilimumab in monoterapia e in associazione con nivolumab sono descritte di seguito. In caso di sospette reazioni avverse immuno-correlate, deve essere effettuata una valutazione adeguata per confermare l’eziologia o per escludere altre cause. In base alla severità della reazione avversa, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso e devono essere somministrati i corticosteroidi. Se l’immunosoppressione con corticosteroidi è utilizzata per il trattamento di una reazione avversa, una sospensione graduale in un periodo di almeno 1 mese deve essere iniziata dopo il miglioramento. Una sospensione graduale rapida può portare ad un peggioramento o al ripresentarsi della reazione avversa. Una terapia immunosoppressiva non corticosteroidea deve essere aggiunta se, nonostante l’uso di corticosteroidi, vi è un peggioramento o non vi è alcun miglioramento. La somministrazione di ipilimumab in associazione con nivolumab non deve essere ripresa mentre il paziente sta ricevendo dosi immunosoppressive di corticosteroidi o altra terapia immunosoppressiva. La profilassi antibiotica deve essere utilizzata per prevenire le infezioni opportunistiche in pazienti che ricevono una terapia immunosoppressiva. Ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente in caso di qualsiasi reazione avversa severa immuno-correlata ricorrente e per qualsiasi reazione avversa immunocorrelata pericolosa per la vita. Reazioni gastrointestinali immuno-correlate Ipilimumab in monoterapia Ipilimumab è associato a reazioni gastrointestinali gravi immuno-correlate. Negli studi clinici sono stati riferiti decessi in seguito ad una perforazione gastrointestinale (vedere paragrafo 4.8). Nei pazienti che hanno ricevuto 3 mg/kg di ipilimumab in monoterapia in uno studio di Fase 3 sul melanoma avanzato (non resecabile o metastatico) (MDX010-20, vedere paragrafo 5.1), il tempo mediano all’insorgenza di reazioni gastrointestinali immuno-correlate severe o fatali (Grado 3-5) è stato di 8 settimane (range 5-13 settimane) dall’inizio del trattamento. Con le linee guida di gestione specificate nel protocollo, la risoluzione (definita come miglioramento fino alla forma lieve [Grado 1] o inferiore oppure fino alla severità al basale) si è verificata in gran parte dei casi (90%) con un tempo mediano dall’insorgenza alla risoluzione di 4 settimane (range 0,6-22 settimane). I pazienti devono essere monitorati per individuare segni e sintomi gastrointestinali che potrebbero essere indicativi di una colite immuno-correlata o di una perforazione gastrointestinale. La presentazione clinica può comprendere diarrea, aumento della frequenza dei movimenti intestinali, dolore addominale o ematochezia, con o senza febbre. La diarrea o la colite che si manifestano dopo l’inizio del trattamento con ipilimumab devono essere valutate immediatamente per escludere infezioni o altre eziologie alternative. Negli studi clinici, la colite immuno-correlata è stata associata ad evidenze di infiammazione delle mucose, con o senza ulcerazioni, e di infiltrazione di linfociti e neutrofili. Le raccomandazioni per la gestione della diarrea e della colite, si basano sulla severità dei sintomi (classificazione dei livelli di severità secondo NCI-CTCAE v4). I pazienti con diarrea (aumento fino a 6 evacuazioni al giorno) da lieve a moderata (Grado 1 o 2) o con sospetta colite da lieve a moderata (ad es., dolore addominale o presenza di sangue nelle feci) possono continuare ad assumere ipilimumab. Si consigliano un trattamento sintomatico (ad es., loperamide, reintegrazione dei fluidi) ed uno stretto monitoraggio. Se i sintomi da lievi a moderati ricorrono o persistono per 5-7 giorni, la dose prevista di ipilimumab deve essere sospesa e deve essere iniziata una terapia con corticosteroidi (ad es., prednisone 1 mg/kg per via orale una volta al giorno o equivalente). In caso di risoluzione ai Gradi 0-1 o ritorno al basale, il trattamento con ipilimumab può essere ripristinato (vedere paragrafo 4.2). Ipilimumab deve essere interrotto in modo permanente nei pazienti con diarrea o colite severe (Grado 3 o 4) (vedere paragrafo 4.2) e deve essere iniziata immediatamente una terapia sistemica con alte dosi di corticosteroidi per via endovenosa. (Negli studi clinici è stato utilizzato metilprednisolone alla dose di 2 mg/kg/die). Dopo aver ottenuto il controllo della diarrea e degli altri sintomi, deve essere iniziata la sospensione graduale dei corticosteroidi secondo il giudizio clinico. Negli studi clinici, una sospensione graduale rapida (in un periodo < 1 mese) ha portato ad una recidiva della diarrea o della colite in alcuni pazienti. I pazienti devono essere valutati per individuare i segni di perforazione gastrointestinale o peritonite. L’esperienza degli studi clinici sulla gestione della diarrea o della colite refrattarie ai corticosteroidi è limitata. Tuttavia, è possibile considerare l’aggiunta di un agente immunosoppressivo alternativo al regime a base di corticosteroidi. Negli studi clinici, a meno di controindicazioni, è stata aggiunta una singola dose di 5 mg/kg di infliximab. Infliximab non deve essere utilizzato in caso di sospetto di perforazione gastrointestinale o sepsi (vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto di infliximab). Colite immuno-correlata Ipilimumab in associazione con nivolumab Diarrea o colite severe sono state osservate con ipilimumab in associazione con nivolumab (vedere paragrafo 4.8). I pazienti devono essere monitorati per diarrea e sintomi addizionali di colite, quali dolore addominale e muco o sangue nelle feci. Devono essere escluse eziologie infettive ed eziologie correlate alla patologia. In caso di colite o diarrea di grado 4, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente e devono essere iniziati i corticosteroidi equivalenti ad una dose di 1-2 mg/kg/die di metilprednisolone. Colite o diarrea di grado 3 osservate con ipilimumab in associazione con nivolumab richiedono l’interruzione permanente del trattamento e l’inizio dei corticosteroidi equivalenti ad una dose di 1-2 mg/kg/die di metilprednisolone. In caso di colite o diarrea di grado 2, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso. Diarrea o colite persistenti devono essere trattate con i corticosteroidi equivalenti ad una dose di 0,51 mg/kg/die di metilprednisolone. Al miglioramento, la somministrazione di ipilimumab in associazione con nivolumab può essere ripresa dopo la sospensione graduale dei corticosteroidi, ove necessario. Se vi è un peggioramento o non vi è alcun miglioramento nonostante l’inizio del trattamento con dei corticosteroidi, la dose deve essere aumentata ad una equivalente a 1-2 mg/kg/die di metilprednisolone e ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente. Polmonite immuno-correlata Ipilimumab in associazione con nivolumab Polmonite o malattia polmonare interstiziale severe, compresi casi con esito fatale, sono state osservate con ipilimumab in associazione con nivolumab (vedere paragrafo 4.8). I pazienti devono essere monitorati per segni e sintomi di polmonite quali alterazioni radiografiche (ad es., opacità focali a vetro smerigliato, infiltrati a chiazze), dispnea ed ipossia. Devono essere escluse eziologie infettive ed eziologie correlate alla patologia. In caso di polmonite di grado 3 o 4, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente e devono essere iniziati i corticosteroidi equivalenti ad una dose di 2-4 mg/kg/die di metilprednisolone. In caso di polmonite (sintomatica) di grado 2, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso e devono essere iniziati i corticosteroidi equivalenti ad una dose di 1 mg/kg/die di metilprednisolone. Al miglioramento, la somministrazione di ipilimumab in associazione con nivolumab può essere ripresa dopo la sospensione graduale dei corticosteroidi. Se vi è un peggioramento o non vi è alcun miglioramento nonostante l’inizio dei corticosteroidi, la dose dei corticosteroidi deve essere aumentata ad una equivalente a 2-4 mg/kg/die di metilprednisolone e ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente. Epatotossicità immuno-correlata Ipilimumab in monoterapia Ipilimumab è associato a grave epatotossicità immuno-correlata. Un’insufficienza epatica ad esito fatale è stata riportata negli studi clinici (vedere paragrafo 4.8). Nei pazienti che hanno ricevuto 3 mg/kg di ipilimumab in monoterapia nello Studio MDX010-20, il tempo all’insorgenza di un’epatotossicità immuno-correlata da moderata a severa o fatale (Grado 2-5) è risultato compreso tra 3 e 9 settimane dall’inizio del trattamento. Con le linee guida di gestione specificate nel protocollo, il tempo alla risoluzione è risultato essere compreso tra 0,7 e 2 settimane. Le transaminasi epatiche e la bilirubina devono essere valutate prima di ciascuna somministrazione di ipilimumab, in quanto le alterazioni precoci dei valori di laboratorio possono essere indicative dell’insorgenza di un’epatite immuno-correlata (vedere paragrafo 4.2). Gli aumenti dei valori di funzionalità epatica (LFTs) possono svilupparsi in assenza di sintomi clinici. Gli aumenti di AST e ALT o della bilirubina totale devono essere valutati per escludere altre cause di danno epatico, inclusi le infezioni, la progressione del tumore, o i medicinali concomitanti, e devono essere monitorati fino alla risoluzione. Le biopsie epatiche di pazienti con epatotossicità immuno-correlata hanno mostrato evidenze di infiammazione acuta (neutrofili, linfociti e macrofagi). Nei pazienti con aumenti di Grado 2 dei livelli delle transaminasi o della bilirubina totale, la dose prevista di ipilimumab deve essere sospesa e i valori di funzionalità epatica (LFTs) devono essere monitorati fino alla normalizzazione. Al miglioramento, il trattamento con ipilimumab può essere ripristinato (vedere paragrafo 4.2). Nei pazienti con aumenti di Grado 3 o 4 dei livelli delle transaminasi o della bilirubina totale, il trattamento deve essere interrotto in modo permanente (vedere paragrafo 4.2) e deve essere iniziata immediatamente una terapia sistemica con alte dosi di corticosteroidi per via endovenosa (ad es., 2 mg/kg/die di metilprednisolone o equivalente). In questi pazienti, i valori della funzionalità epatica (LFTs) devono essere monitorati fino alla normalizzazione. Una volta che i sintomi si sono risolti e che i valori della funzionalità epatica (LFTs) mostrano un miglioramento costante o un ritorno al basale, deve essere iniziata la sospensione graduale dei corticosteroidi secondo il giudizio clinico. La sospensione graduale deve avvenire in un periodo di almeno 1 mese. Gli aumenti dei valori di funzionalità epatica (LFTs) nel corso di questa sospensione graduale possono essere gestiti con un incremento della dose di corticosteroidi e con una sospensione più lenta. Nei pazienti con aumenti significativi dei parametri di funzionalità epatica (LFTs) refrattari alla terapia con corticosteroidi, può essere considerata l’aggiunta di un agente immunosoppressivo alternativo al regime a base di corticosteroidi. Negli studi clinici, il micofenolato mofetile è stato utilizzato nei pazienti che non rispondevano alla terapia con corticosteroidi o presentavano un aumento dei parametri di funzionalità epatica (LFTs) durante la sospensione graduale dei corticosteroidi che non rispondeva ad un incremento della dose di corticosteroidi (vedere il Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto del micofenolato mofetile). Ipilimumab in associazione con nivolumab Epatite severa è stata osservata con ipilimumab in associazione con nivolumab (vedere paragrafo 4.8). I pazienti devono essere monitorati per segni e sintomi di epatite quali aumento delle transaminasi e della bilirubina totale. Devono essere escluse eziologie infettive ed eziologie correlate alla patologia. In caso di aumento delle transaminasi o della bilirubina totale di grado 3 o 4, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente e devono essere iniziati i corticosteroidi equivalenti ad una dose di 1-2 mg/kg/die di metilprednisolone. In caso di aumento delle transaminasi o della bilirubina totale di grado 2, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso. Aumenti persistenti in questi valori di laboratorio devono essere trattati con i corticosteroidi equivalenti ad una dose di 0,5-1 mg/kg/die di metilprednisolone. Al miglioramento, la somministrazione di ipilimumab in associazione con nivolumab può essere ripresa dopo la sospensione graduale dei corticosteroidi, ove necessario. Se vi è un peggioramento o non vi è alcun miglioramento nonostante l’inizio del trattamento con dei corticosteroidi, la dose deve essere aumentata ad una equivalente a 1-2 mg/kg/die di metilprednisolone e ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente. Reazioni avverse cutanee immuno-correlate Deve essere usata cautela nel prendere in considerazione l’utilizzo di ipilimumab o ipilimumab in associazione con nivolumab in un paziente che abbia in precedenza riportato una reazione avversa cutanea severa o pericolosa per la vita durante una precedente terapia anti-tumorale immunostimolante. Ipilimumab in monoterapia Ipilimumab è associato a reazioni avverse cutanee gravi che possono essere immuno-correlate. Sono stati osservati rari casi di necrolisi epidermica tossica (TEN) (inclusa la sindrome di Steven Johnson) alcuni dei quali ad esito fatale. Negli studi clinici e durante l’uso post-commercializzazione sono stati riportati anche rari casi di reazione da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS) (vedere paragrafo 4.8). La DRESS si presenta come un rash con eosinofilia associata a una o più delle seguenti caratteristiche: febbre, linfoadenopatia, edema facciale e coinvolgimento di un organo interno (epatico, renale, polmonare). La DRESS può essere caratterizzata da un lungo periodo di latenza (da due a 8 settimane) tra l’esposizione al medicinale e l’insorgenza della malattia. Il rash ed il prurito indotti da ipilimumab sono stati prevalentemente lievi o moderati (Grado 1 o 2) ed hanno risposto alla terapia sintomatica. Nei pazienti che hanno ricevuto 3 mg/kg di ipilimumab in monoterapia nello Studio MDX010-20, il tempo mediano all’insorgenza delle reazioni avverse cutanee da moderate a severe o fatali (Grado 2-5) è stato di 3 settimane (range 0,9-16 settimane) dall’inizio del trattamento. Con le linee guida di gestione specificate nel protocollo, la risoluzione si è verificata in gran parte dei casi (87%) con un tempo mediano dall’insorgenza alla risoluzione di 5 settimane (range 0,6-29 settimane). Il rash ed il prurito indotti da ipilimumab devono essere gestiti in base alla loro severità. I pazienti con rash da lieve a moderato (Grado 1 o 2) possono continuare ad assumere ipilimumab unitamente ad un trattamento sintomatico (ad es., antistaminici). In presenza di rash da lieve a moderato o prurito lieve che persiste per 1-2 settimane e non migliora con i corticosteroidi per uso topico, deve essere iniziata una terapia con corticosteroidi orali (ad es., 1 mg/kg/die di prednisone o equivalente).Nei pazienti con rash severo (Grado 3), la dose prevista di ipilimumab deve essere sospesa. Se i sintomi iniziali migliorano a lievi (Grado 1) o si risolvono, la terapia con ipilimumab può essere ripresa (vedere paragrafo 4.2). Ipilimumab deve essere interrotto in modo permanente nei pazienti con rash molto severo (Grado 4) o prurito severo (Grado 3) (vedere paragrafo 4.2) e una terapia sistemica con alte dosi di corticosteroidi per via endovenosa (ad es., 2 mg/kg/die di metilprednisolone) deve essere iniziata immediatamente. Dopo aver ottenuto il controllo del rash o del prurito, deve essere iniziata la sospensione graduale dei corticosteroidi secondo il giudizio clinico. La sospensione graduale deve avvenire in un periodo di almeno 1 mese. Ipilimumab in associazione con nivolumab Rash severo è stato osservato con ipilimumab in associazione con nivolumab (vedere paragrafo 4.8). Ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso in caso di rash di grado 3 ed interrotto in caso di rash di grado 4. Il rash severo deve essere trattato con corticosteroidi ad alte dosi equivalenti ad una dose di 1-2 mg/kg/die di metilprednisolone. Sono stati osservati rari casi di SJS e TEN alcuni dei quali ad esito fatale. In caso compaiano segni o sintomi di SJS o di TEN, il trattamento con ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto ed il paziente deve essere inviato ad una unità specializzata per la valutazione ed il trattamento. Se il paziente ha sviluppato la SJS o la TEN con l’uso di ipilimumab in associazione con nivolumab, si raccomanda l’interruzione permanente del trattamento (vedere paragrafo 4.2). Reazioni avverse neurologiche immuno-correlate Ipilimumab in monoterapia Ipilimumab è associato a reazioni avverse neurologiche immuno-correlate gravi. La sindrome di Guillain-Barré ad esito fatale è stata riportata negli studi clinici. Sono stati inoltre riportati sintomi simili a quelli della miastenia severa (vedere paragrafo 4.8). I pazienti possono presentare debolezza muscolare. Può anche insorgere una neuropatia sensitiva. Una neuropatia motoria, una debolezza muscolare o una neuropatia sensitiva di durata > 4 giorni inspiegabili devono essere valutate e devono essere escluse cause non infiammatorie quali progressione della malattia, infezioni, sindromi metaboliche e medicinali concomitanti. Nei pazienti con neuropatia (neuropatia motoria con o senza neuropatia sensitiva) moderata (Grado 2) probabilmente correlata a ipilimumab, la dose prevista deve essere sospesa. Se i sintomi neurologici si risolvono e tornano al basale, il paziente può riprendere ad assumere ipilimumab (vedere paragrafo 4.2). Ipilimumab deve essere interrotto in modo permanente in pazienti con neuropatia sensitiva severa (Grado 3 o 4) per la quale si sospetti una correlazione con ipilimumab (vedere paragrafo 4.2). I pazienti devono essere trattati come stabilito dalle linee guida istituzionali per il trattamento della neuropatia sensitiva e deve essere iniziato immediatamente un trattamento con corticosteroidi per via endovenosa (ad es., metilprednisolone 2 mg/kg/die). I segni progressivi di neuropatia motoria devono essere considerati immuno-correlati e gestiti di conseguenza. Ipilimumab deve essere interrotto in modo permanente nei pazienti con neuropatia motoria severa (Grado 3 o 4), indipendentemente dal rapporto di causalità (vedere paragrafo 4.2). Nefrite e disfunzione renale immuno-correlate Ipilimumab in associazione con nivolumab Nefrite e disfunzione renale severe sono state osservate con ipilimumab in associazione con nivolumab (vedere paragrafo 4.8). I pazienti devono essere monitorati per segni e sintomi di nefrite o disfunzione renale. Gran parte dei pazienti presenta aumenti asintomatici della creatinina sierica. Devono essere escluse eziologie correlate alla patologia. In caso di aumento della creatinina sierica di grado 4, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente e devono essere iniziati i corticosteroidi equivalenti ad una dose di 1-2 mg/kg/die di metilprednisolone. In caso di aumento della creatinina sierica di grado 2 o 3 ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso e devono essere iniziati i corticosteroidi equivalenti ad una dose di 0,51 mg/kg/die di metilprednisolone. Al miglioramento, la somministrazione di ipilimumab in associazione con nivolumab può essere ripresa dopo la sospensione graduale dei corticosteroidi. Se vi è un peggioramento o non vi è alcun miglioramento nonostante l’inizio dei corticosteroidi, la dose dei corticosteroidi deve essere aumentata ad una equivalente a 1-2 mg/kg/die di metilprednisolone e ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente. Endocrinopatia immuno-correlata Ipilimumab in monoterapia Ipilimumab può causare un’infiammazione degli organi del sistema endocrino, che si manifesta come ipofisite, ipopituitarismo, insufficienza surrenalica ed ipotiroidismo (vedere paragrafo 4.8). I pazienti possono presentare sintomi aspecifici che potrebbero simulare altre cause, come metastasi cerebrali o patologia sottostante. La presentazione clinica più comune è rappresentata da cefalea ed affaticamento. Altri sintomi possono essere: difetti del campo visivo, alterazioni del comportamento, disordini elettrolitici ed ipotensione. È necessario escludere una crisi surrenalica come causa della sintomatologia manifestata dal paziente. L’esperienza clinica sull’endocrinopatia associata a ipilimumab è limitata.Nei pazienti che hanno ricevuto 3 mg/kg di ipilimumab in monoterapia nello Studio MDX010-20, il tempo all’insorgenza di un’endocrinopatia immuno-correlata da moderata a molto severa (Grado 2-4) è risultato compreso tra 7 e quasi 20 settimane dall’inizio del trattamento. L’endocrinopatia immunocorrelata osservata negli studi clinici è stata generalmente controllata con terapia immunosoppressiva e terapia ormonale sostitutiva. In presenza di segni di crisi surrenalica quali disidratazione severa, ipotensione o shock, si raccomanda di somministrare appena possibile corticosteroidi ad attività mineralcorticoide per via endovenosa e di valutare nel paziente la presenza di sepsi o infezioni. Se vi sono segni di insufficienza surrenalica ma il paziente non è in crisi surrenalica, devono essere presi in considerazione ulteriori test inclusi gli esami di laboratorio ed una valutazione con tecniche per immagini. Prima dell’inizio della terapia con corticosteroidi, possono essere valutati i risultati dei test di funzionalità endocrina. Se l’imaging ipofisario o le prove di laboratorio per la valutazione della funzionalità endocrina presentano anomalie, si raccomanda un breve ciclo di terapia con alte dosi di corticosteroidi (ad es., desametasone 4 mg ogni 6 ore o equivalente) per trattare l’infiammazione della ghiandola interessata e la dose prevista di ipilimumab deve essere sospesa (vedere paragrafo 4.2). Attualmente non è noto se il trattamento con corticosteroidi renda reversibile la disfunzione ghiandolare. Deve essere inoltre istituita un’appropriata terapia ormonale sostitutiva. Può essere necessaria una terapia ormonale sostitutiva a lungo termine. Dopo aver ottenuto il controllo dei sintomi o delle alterazioni dei valori di laboratorio e quando risulta evidente un miglioramento generalizzato del paziente, è possibile ripristinare il trattamento con ipilimumab ed iniziare la sospensione graduale dei corticosteroidi secondo il giudizio clinico. La sospensione graduale deve avvenire in un periodo di almeno 1 mese. Ipilimumab in associazione con nivolumab Endocrinopatie severe, inclusi ipotiroidismo, ipertiroidismo, insufficienza surrenalica (inclusa insufficienza adrenocorticale secondaria), ipofisite (incluso ipopituitarismo), diabete mellito e chetoacidosi diabetica sono state osservate con ipilimumab in associazione con nivolumab (vedere paragrafo 4.8). I pazienti devono essere monitorati per segni e sintomi clinici di endocrinopatie e per iperglicemia e modifiche nella funzione tiroidea (all’inizio del trattamento, periodicamente durante il trattamento, e quando indicato in base alla valutazione clinica). I pazienti possono presentarsi con affaticamento, cefalea, alterazioni dello stato mentale, dolore addominale, insolite abitudini intestinali e ipotensione o con sintomi aspecifici che potrebbero simulare altre cause, come metastasi cerebrali o patologia sottostante. A meno che non sia stata identificata un’eziologia alternativa, segni o sintomi di endocrinopatie devono essere considerati immuno-correlati. In caso di ipotiroidismo sintomatico, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso e deve essere iniziata, ove necessario, una terapia sostitutiva con ormone tiroideo. In caso di ipertiroidismo sintomatico, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso e deve essere iniziato un farmaco antitiroideo, ove necessario. Se si sospetta un’infiammazione acuta della tiroide deve essere presa in considerazione anche la somministrazione di corticosteroidi equivalenti ad una dose di 1-2 mg/kg/die di metilprednisolone. Al miglioramento, la somministrazione di ipilimumab in associazione con nivolumab può essere ripresa dopo la sospensione graduale dei corticosteroidi, ove necessario. Il monitoraggio della funzione tiroidea deve essere continuato per assicurare che sia utilizzata un’appropriata terapia ormonale sostitutiva. Ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente in caso di ipertiroidismo o ipotiroidismo pericoloso per la vita. In caso di insufficienza surrenalica sintomatica di grado 2, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso e se necessario deve essere iniziata una terapia sostitutiva del corticosteroide fisiologico. Ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente in caso di insufficienza surrenalica severa (grado 3) o pericolosa per la vita (grado 4). Il monitoraggio della funzione surrenalica e dei livelli ormonali deve essere continuato per essere sicuri che sia utilizzata un’appropriata terapia sostitutiva steroidea. In caso di ipofisite sintomatica di grado 2 o 3, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso e se necessario deve essere iniziata una terapia ormonale sostitutiva. Se si sospetta un’infiammazione acuta della ghiandola pituitaria deve essere presa in considerazione anche la somministrazione di corticosteroidi equivalenti ad una dose di 1-2 mg/kg/die di metilprednisolone. Al miglioramento, la somministrazione di ipilimumab in associazione con nivolumab può essere ripresa dopo la sospensione graduale dei corticosteroidi, ove necessario. Ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente in caso di ipofisite pericolosa per la vita (grado 4). Il monitoraggio della funzione pituitaria e dei livelli ormonali deve essere continuato per essere sicuri che sia utilizzata un’appropriata terapia ormonale sostitutiva. In caso di diabete sintomatico, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso e se necessario deve essere iniziata una terapia insulinica sostitutiva. Il monitoraggio del glucosio ematico deve essere continuato per essere sicuri che sia utilizzata un’appropriata terapia insulinica sostitutiva. Ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente in caso di diabete pericoloso per la vita. Reazione all’infusione Ipilimumab in monoterapia o in associazione con nivolumabNegli studi clinici condotti con ipilimumab o ipilimumab in associazione con nivolumab sono state riportate reazioni severe all’infusione (vedere paragrafo 4.8). In caso di reazione all’infusione severa o pericolosa per la vita, l’infusione di ipilimumab o di ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotta e deve essere somministrata un’appropriata terapia medica. I pazienti con reazione all’infusione lieve o moderata possono ricevere ipilimumab o ipilimumab in associazione con nivolumab sotto stretto monitoraggio ed utilizzando la premedicazione prevista in accordo alle linee guida locali per la profilassi delle reazioni da infusione. Altre reazioni avverse immuno-correlate Ipilimumab in monoterapia Le seguenti reazioni avverse, che si sospettano essere immuno-correlate, sono state riportate nei pazienti trattati con 3 mg/kg di ipilimumab in monoterapia nello Studio MDX010-20: uveite, eosinofilia, aumento della lipasi e glomerulonefrite. Inoltre, irite, anemia emolitica, aumenti dell’amilasi, scompenso multiorgano e polmonite sono stati segnalati nei pazienti trattati con ipilimumab 3 mg/kg + vaccino peptidico gp100 nello Studio MDX010-20. Sono stati riportati casi di sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada dopo la commercializzazione del prodotto (vedere paragrafo 4.8). Se queste reazioni sono severe (Grado 3 o 4), possono richiedere un’immediata terapia sistemica con alte dosi di corticosteroidi e l’interruzione di ipilimumab (vedere paragrafo 4.2). Per il trattamento di uveite, irite o episclerite correlate a ipilimumab, deve essere presa in considerazione la somministrazione di gocce oculari per uso topico a base di corticosteroidi, secondo indicazione medica. Istiocitosi emofagocitica In relazione alla terapia con ipilimumab è stata riportata istiocitosi emofagocitica. Nella maggior parte dei casi la reazione avversa ha risposto bene al trattamento con i corticosteroidi. Nella maggior parte dei casi riportati era stata somministrata una terapia precedente o concomitante con un inibitore del PD-1 o del PD-L1. Quando ipilimumab è somministrato successivamente o in concomitanza ad un inibitore del PD-1 o del PD-L1 deve essere usata cautela. Ipilimumab in associazione con nivolumab Le seguenti reazioni avverse immuno-correlate sono state riportate in meno dell’1% dei pazienti trattati con ipilimumab in associazione con nivolumab nell’ambito di studi clinici: pancreatite, uveite, demielinizzazione, neuropatia autoimmune (incluse paresi facciale e del nervo abducente), sindrome di Guillain Barré, sindrome miastenica, encefalite, gastrite, sarcoidosi, duodenite, miosite, miocardite e rabdomiolisi. Sono stati riportati casi di sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada dopo la commercializzazione del prodotto (vedere paragrafo 4.8). In caso di sospette reazioni avverse immuno-correlate, devono essere effettuate delle valutazioni adeguate per confermare l’eziologia o per escludere altre cause. In base alla severità della reazione avversa, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso e devono essere somministrati i corticosteroidi. Al miglioramento, la somministrazione di ipilimumab in associazione con nivolumab può essere ripresa dopo la sospensione graduale dei corticosteroidi. Ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere interrotto permanentemente in caso di qualsiasi reazione avversa severa immuno-correlata ricorrente e per qualsiasi reazione avversa immuno-correlata pericolosa per la vita. Con ipilimumab in associazione con nivolumab sono stati osservati rari casi di miotossicità (miosite, miocardite e rabdomiolisi), alcuni dei quali ad esito fatale. Se il paziente sviluppa segni e sintomi di miotossicità, deve essere attuato un monitoraggio stretto ed il paziente deve essere immediatamente inviato dallo specialista per la valutazione ed il trattamento. Sulla base della severità della miotossicità, ipilimumab in associazione con nivolumab deve essere sospeso od interrotto (vedere paragrafo 4.2), e deve essere istituito un trattamente appropriato. Precauzioni malattia-specifiche Melanoma Nello studio clinico MDX010-20 non sono stati inclusi i pazienti con melanoma oculare, melanoma primario del SNC e metastasi cerebrali attive (vedere paragrafo 5.1). Nello studio clinico CA184-169 non sono stati inclusi i pazienti con melanoma oculare. Tuttavia i pazienti con metastasi cerebrali sono stati inclusi in questo studio se non presentavano sintomi neurologici correlati a lesioni cerebrali metastatiche e se non avevano richiesto o ricevuto terapia sistemica corticosteroidea nei 10 giorni precedenti l’inizio della terapia con ipilimumab (vedere paragrafo 5.1). Nello studio clinico pediatrico CA184070 non sono stati inclusi i pazienti con melanoma oculare, metastasi cerebrali attive e precedente terapia con ipilimumab (vedere paragrafo 5.1). Nello studio clinico pediatrico CA184178 non sono stati inclusi i pazienti con melanoma oculare, metastasi cerebrali attive e precedente terapia con agenti che hanno come bersaglio il CTLA-4, il PD1, il PD-L1 o il CD137 (vedere paragrafo 5.1). Dagli studi clinici con ipilimumab in associazione con nivolumab sono stati esclusi i pazienti con un performance status al basale ≥ 2, metastasi cerebrali attive o malattia autoimmune ed i pazienti che avevano ricevuto immunosoppressori per via sistemica prima di entrare negli studi. Dagli studi clinici nel melanoma sono stati esclusi i pazienti con melanoma oculare/uveale. In assenza di dati, nivolumab deve essere usato con cautela in queste popolazioni dopo aver attentamente considerato su base individuale il potenziale beneficio/rischio. Rispetto a nivolumab in monoterapia, un aumento della PFS per l’associazione ipilimumab e nivolumab è stato accertato solo nei pazienti con bassa espressione tumorale del PD-L1. Il miglioramento in termine di OS di ipilimumab in associazione con nivolumab e di nivolumab in monoterapia è stato simile nei pazienti con alta espressione tumorale del PD-L1(PD-L1 ≥ 1%). Prima di iniziare il trattamento con questa associazione, si consiglia ai medici di valutare attentamente il singolo paziente e le caratteristiche del tumore, tenendo in considerazione i benefici osservati e la tossicità dell’associazione rispetto a nivolumab in monoterapia (vedere paragrafi 4.8 e 5.1). Uso di nivolumab in pazienti con melanoma con progressione rapida di malattia I medici devono tenere in considerazione l’insorgenza ritardata dell’effetto di ipilimumab in associazione con nivolumab prima di iniziare il trattamento in un paziente con una progressione rapida della malattia (vedere paragrafo 5.1). Pazienti con malattia autoimmune Negli studi clinici non sono stati valutati i pazienti con una storia di patologia autoimmune (diversa da vitiligine e deficit endocrini adeguatamente controllati quali l’ipotiroidismo) inclusi quelli che richiedono terapia immunosoppressiva sistemica per una malattia autoimmune pre-esistente in fase attiva o per il mantenimento del trapianto d’organo. Ipilimumab è un potenziatore delle cellule T che attiva la risposta immunitaria (vedere paragrafo 5.1) e potrebbe interferire con la terapia immunosoppressiva, esacerbando la patologia di base o aumentando il rischio di rigetto del trapianto. La somministrazione di ipilimumab deve essere evitata nei pazienti con malattia autoimmune severa attiva, quando un’ulteriore attivazione del sistema immunitario potrebbe costituire un imminente pericolo per la vita. Negli altri pazienti con una storia di patologia autoimmune, deve essere usata con cautela dopo una attenta considerazione, su base individuale, del potenziale rischio-beneficio. Pazienti sottoposti ad un regime dietetico con contenuto di sodio controllato Ogni ml di questo medicinale contiene 0,1 mmol (pari a 2,30 mg) di sodio. È necessario tenerne conto quando vengono trattati i pazienti sottoposti ad un regime dietetico con contenuto di sodio controllato. Somministrazione concomitante a vemurafenib In uno studio di fase I, sono stati riportati con la somministrazione concomitante di ipilimumab (3 mg/kg) e vemurafenib (960 mg BID o 720 mg BID) aumenti asintomatici di Grado 3 delle transaminasi (ALT/AST > 5 Ãù LSN) e della bilirubina (bilirubina totale > 3 Ãù LSN). Sulla base di questi dati preliminari, la somministrazione concomitante di ipilimumab e vemurafenib non è raccomandata. Somministrazione sequenziale a vemurafenib In uno studio di fase 2, il trattamento sequenziale di vemurafenib seguito da 10 mg/kg di ipilimumab in pazienti con melanoma metastatico BRAF-mutati ha mostrato una più alta incidenza di reazioni avverse cutanee di Grado 3+ rispetto ad ipilimumab da solo. Quando ipilimumab è somministrato dopo una precedente somministrazione di vemurafenib deve essere usata cautela. Popolazione pediatrica I dati di sicurezza disponibili sull’uso di ipilimumab negli adolescenti di età pari o superiore a 12 anni sono limitati e non a lungo termine. Nei bambini di età inferiore a 12 anni sono disponibili solo dati molto limitati. Pertanto, ipilimumab non deve essere usato nei bambini di età inferiore a 12 anni. Prima di iniziare il trattamento con ipilimumab in monoterapia negli adolescenti di età pari o superiore a 12 anni, si raccomanda al medico di valutare attentamente il singolo paziente, tenendo in considerazione la limitatezza dei dati disponibili, il beneficio e la tossicità osservati con ipilimumab in monoterapia nella popolazione pediatrica (vedere paragrafi 4.8 e 5.1).