MORFINA CL MONICO 5F 50MG 5ML -Avvertenze e precauzioni

MORFINA CL MONICO 5F 50MG 5ML Controindicazioni Posologia Avvertenze e precauzioni Interazioni Effetti indesiderati Gravidanza e allattamento Conservazione

La morfina deve essere somministrata nei bambini solo in casi particolari e di effettiva necessità (vedere paragrafo 4.2). La morfina deve essere somministrata con cautela nei soggetti anziani e molto anziani o debilitati (vedere paragrafo 4.2) ed in pazienti affetti da: - disturbi cardiaci secondari a patologie polmonari croniche; - affezioni organico-cerebrali; - insufficienza respiratoria e affezioni polmonari croniche (particolarmente se accompagnate da ipersecrezione bronchiale) e comunque in tutte le condizioni ostruttive delle vie respiratorie e in caso di ridotta riserva ventilatoria (come, ad esempio, in caso di cifoscoliosi ed obesità); - coliche renali e biliari; - ipertrofia prostatica; - mixedema ed ipotiroidismo; - epatite acuta ed epatopatie acute; - funzionalità renale e/o epatica ridotta (vedere paragrafo 4.2); - insufficienza adrenocorticale; - stati ipotensivi gravi e shock; - rallentamento del transito gastrointestinale e affezioni intestinali di tipo infiammatorio o ostruttivo; - miastenia grave; - assuefazione agli oppioidi; - affezioni cardiovascolari ed aritmie cardiache. La morfina, per il suo effetto analgesico e per la sua azione sul livello di coscienza, sul diametro pupillare e sulla dinamica respiratoria, può rendere difficile la valutazione clinica del paziente ed ostacolare la diagnosi di quadri addominali acuti. La morfina va usata solo nel caso di effettiva necessità nei bambini, specialmente nei neonati. Il dosaggio va ridotto nei pazienti anziani e nei soggetti debilitati. L’iperalgesia che non risponde ad un ulteriore aumento della dose di morfina può verificarsi in particolare a dosi elevate. Può essere necessaria una riduzione della dose di morfina o una sostituzione dell’oppioide. Inducendo in modo variabile il rilascio di istamina, provoca vasodilatazione e diminuzione della pressione telediastolica. Questo può essere vantaggioso nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia in seguito a recente infarto miocardico, ma è un problema in caso di disfunzioni delle valvole aortiche e nei disturbi coronarici di una certa importanza. È pratica comune la somministrazione di morfina in caso di insufficienza ventricolare sinistra acuta al fine di ridurre il precarico ventricolare per mezzo della vasodilatazione indotta dall’istamina. La somministrazione di morfina, specie se prolungata, determina la comparsa di tolleranza e dipendenza. La tolleranza all’effetto analgesico della morfina si presenta come riduzione progressiva dell’efficacia e della durata dell’analgesia e comporta, come conseguenza, un aumento del dosaggio. La tolleranza all’inibizione dei centri del respiro si sviluppa parallelamente per cui l’aggiustamento del dosaggio non comporta il rischio di una depressione respiratoria. Contemporaneamente alla tolleranza ai diversi effetti della morfina e con lo stesso meccanismo d’azione, si sviluppa la dipendenza. La tolleranza ai narcotici-analgesici non consegue ad un fenomeno di desensibilizzazione recettoriale, ma è indice dello sviluppo di meccanismi neurobiologici di segno opposto rispetto a quelli indotti dalla stimolazione dei recettori oppioidi. Lo stabilirsi di meccanismi adattativi (che presuppongono la sintesi di nuove molecole proteiche) ristabilisce l’equilibrio della funzione perturbata dalla ripetuta azione farmacologica della morfina. Il nuovo equilibrio è sostenuto dalla stimolazione dei recettori µ-oppioidi da parte della morfina e dai meccanismi adattativi messi in essere dall’organismo e perdura fino a che la morfina stimola i recettori µ-oppioidi. In una condizione di tolleranza, l’interruzione della somministrazione di morfina evidenzia l’attività funzionale di questi meccanismi, che si rivela in termini di sintomi speculari rispetto agli effetti acuti del narcotico: iperalgesia e dolorabilità diffusa, diarrea, ipertensione, brividi di freddo, ecc. Questi sintomi nel loro insieme costituiscono la “sindrome da astinenza” la cui comparsa dimostra l‘avvenuto sviluppo della dipendenza. I sintomi da astinenza si manifestano di solito entro poche ore dall’assunzione dell’ultima dose, raggiungono l’intensità massima entro 36-72 ore, quindi regrediscono gradualmente. Questi sintomi includono nelle prime 24 ore irrequietezza, sbadigli, midriasi, lacrimazione, rinorrea, sudorazione ed orripilazione. Successivamente i sintomi progrediscono e sono aggravati dalla comparsa di fascicolazioni e spasmi muscolari, dolori addominali e alle gambe, lombalgia, talora severa, cefalea, starnuti, debolezza, ansia, irritabilità, alterazioni del sonno o insonnia, agitazione, anoressia, nausea, vomito, diarrea, disidratazione, perdita di peso, tachicardia, tachipnea, ipertensione, febbre e disturbi vasomotori. In assenza di trattamento i sintomi di astinenza più evidenti scompaiono in 5-14 giorni. Tolleranza e dipendenza si sviluppano molto lentamente in clinica, se la morfina viene somministrata per prevenire l’insorgenza del dolore e non al bisogno. I meccanismi di tossicodipendenza con il “craving” (tossicomania) da oppiacei presuppongono una fase di autosomministrazione, cioè schemi posologici e motivazioni alla base dell’assunzione di morfina diversi da quelli previsti per il controllo del dolore cronico in clinica. Per cui sono rari i casi di tolleranza di grado elevato e di comportamenti compulsivi di appetizione del farmaco che, se presenti, presuppongono un intervento specialistico. Anche l’eventuale fase di interruzione della terapia con oppiacei, da attuarsi con gradualità, non si accompagna in clinica a complicanze comportamentali; sempre che la causa algogena sia stata rimossa. Peraltro il rischio di dipendenza esiste, per cui la morfina non deve essere utilizzata in stati dolorosi sensibili ad analgesici meno potenti o in pazienti che non siano sotto stretta sorveglianza medica. La tolleranza agli effetti farmacologici della morfina si attenua e scompare in pochi giorni dopo l’interruzione assieme alla scomparsa dei sintomi di astinenza, cioè della tolleranza. La morfina ha un potenziale di abuso simile ad altri oppioidi agonisti forti e deve essere usata con particolare cautela nei pazienti con anamnesi di abuso di alcool o di farmaci. Sindrome toracica acuta (ACS in pazienti affetti da malattia a cellule falciformi (SCD) A causa di una possibile associazione tra ACS e l’uso di morfina nei pazienti affetti da SCD trattati con formina durante una crisi vaso-occlusiva, è necessario uno stretto monitoraggio dei sintomi dell’ACS. Insufficienza surrenalica Gli analgesici oppioidi possono causare insufficienza surrenalica reversibile che richiede monitoraggio e terapia sostitutiva con glucocorticoidi. I sintomi dell’insufficienza surrenalica possono includere ad esempio nausea, vomito, perdita di appetito, affaticamento, debolezza, capogiro o pressione arteriosa bassa. Diminuzione degli ormoni sessuali e aumento della prolattina L’uso a lungo termine di analgesici oppioidi può essere associato a una diminuzione dei livelli di ormoni sessuali e aumento della prolattina. I sintomi includono libido diminuita, impotenza o amenorrea. Rischi derivanti dall’uso concomitante di medicinali sedativi come benzodiazepine o farmaci correlati L'uso concomitante di MORFINA CLORIDRATO MONICO e medicinali sedativi come benzodiazepine o farmaci correlati può causare sedazione, depressione respiratoria, coma e morte. A causa di questi rischi, la prescrizione concomitante di questi medicinali sedativi dovrebbe essere riservata a quei pazienti per i quali non sono possibili opzioni di trattamento alternativo. Se si decide di prescrivere MORFINA CLORIDRATO MONICO in concomitanza a medicinali sedativi, dovrebbe essere utilizzata la minor dose efficace e la durata del trattamento dovrebbe essere la più breve possibile. Tali pazienti dovrebbero essere monitorati attentamente per la comparsa di segni e sintomi di depressione respiratoria e sedazione. A tal proposito, è caldamente raccomandato di informare i pazienti e coloro che se ne prendono cura di prestare attenzione alla comparsa di questi sintomi (vedere paragrafo 4.5).

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