GLICOREST 36CPR DIV 5MG+500MG -Avvertenze e precauzioni

GLICOREST 36CPR DIV 5MG+500MG Controindicazioni Posologia Avvertenze e precauzioni Interazioni Effetti indesiderati Gravidanza e allattamento Conservazione

Per la presenza di un derivato sulfaniluico l’uso deve essere limitato ai pazienti con diabete mellito sintomatico insorto in età adulta e non chetogenico che non possa essere controllato con la dieta e nei quali la somministrazione di insulina non è indicata. Il trattamento con sulfanilue di pazienti con deficienza di G6PD può portare ad anemia emolitica. GLICOREST, contenendo glibenclamide come principio attivo, deve essere pertanto utilizzato con cautela in tali pazienti e deve essere considerata un’alternativa terapeutica. La somministrazione di glibenclamide, in confronto al trattamento con metformina o gliclazide, è stata associata ad un aumentato rischio di mortalità cardiovascolare secondo quanto emerso dai risultati di studi epidemiologici. È stato osservato un aumento del rischio di mortalità cardiovascolare specialmente in pazienti affetti da patologie coronariche. Ipoglicemia Fenomeni ipoglicemici possono manifestarsi, sebbene raramente, soprattutto in soggetti debilitati, in età avanzata, in caso di sforzi fisici inconsueti, in caso di alimentazioni irregolari o assunzione di bevande alcooliche, in caso di compromissione della funzionalità renale e/o epatica. In caso di manifestazioni ipoglicemiche (vede paragrafo 4.8) somministrare carboidrati (zucchero); nei casi più gravi, che raramente possono arriva fino alla perdita della coscienza, è necessario effettuare un’infusione lenta i.v. di soluzione glucosata. In concomitanza con traumi, interventi chirurgici, malattie infettive e febbrili, può rendersi necessario instaurare temporaneamente la terapia insulinica per mantenere un adeguato controllo metabolico. È opportuno tenere presente la possibilità di azioni antabuse-simili dopo l’ingestione di bevande alcooliche. Il trattamento deve essere sospeso 48 o prima dell’esecuzione di una angiografia o di una urografia ripndendolo, se necessario, 48 o dopo l’esame. Ogni trattamento (primo trattamento o passaggio da altri ipoglicemizzanti) deve essere prescritto dal medico. Il paziente deve attenersi rigorosamente alle prescrizioni mediche circa la posologia, le modalità di assunzione, il concomitante regime dietetico e l’attività fisica. I pazienti trattati devono essere frequentemente studiati al fine di individuare eventuali fattori o condizioni capaci di indurre o di aggravare uno stato di ipossia cellulare e quindi di favorire la comparsa di una lattacidosi. Acidosi lattica L’acidosi lattica, una complicanza metabolica molto rara ma grave, insorge con maggior frequenza a causa del peggioramento acuto della funzione renale o di malattia cardiospiratoria o sepsi. L’accumulo di metformina si manifesta con il peggioramento acuto della funzionalità renale e aumenta il rischio di acidosi lattica. In caso di disidratazione (diarrea o vomito severi, febbre o ridotta assunzione di liquidi), la somministrazione di metformina deve essere interrotta temporaneamente e si deve raccomandare al paziente di rivolgersi a un operato sanitario. Deve essere prestata cautela nell’inizia il trattamento con medicinali che possano compromette in modo acuto la funzione renale (come antipertensivi, diutici e FANS) in pazienti trattati con metformina. Altri fattori di rischio di acidosi lattica sono l’eccessivo consumo di alcol, la compromissione epatica, il diabete scarsamente controllato, la chetosi, il digiuno prolungato e qualsiasi altra condizione associata ad ipossia, nonché l’uso in concomitanza di medicinali che possono causare acidosi lattica (vede paragrafi 4.3 e 4.5). I pazienti e/o le persone che li assistono devono essere informati in merito al rischio di acidosi lattica. L’acidosi lattica è caratterizzata da dispnea acidotica, dolore addomirenale, crampi muscolari, astenia e ipotermia seguiti da coma. In presenza di sintomi sospetti, il paziente deve interrompere l’assunzione di metformina e richiedere immediatamente assistenza medica I risultati di laboratorio di valore diagnostico sono pH ematico ridotto (< 7,35), aumentati livelli di lattato plasmatico (> 5 mmol/L) e aumentato gap anionico e rapporto lattato/piruvato. I medici devono avvertire i pazienti sul rischio e sui sintomi dell’acidosi lattica. Il rischio di tale inconveniente è più frequente nei pazienti di età superiore ai 60 anni, negli stati di insufficienza epatica e/o renale, di insufficienza cardiospiratoria, di intossicazione etilica, di digiuno prolungato, in caso di trattamento con diuretici ed in caso di turbe gastrointestinali. I pazienti devono essere istruiti a riconoscere i sintomi premonitori dell’acidosi lattica (anossia, nausea, febbre, vomito, crampi muscolari, aumento dell’ampiezza e della frequenza del spiro, malessere, dolori addominali, diara, eventuale obnubilamento o perdita della coscienza) e dell’ipoglicemia (cefalea, irritabilità, turbe del sonno, depressione nervosa, tremori, forte sudorazione) onde avvertire tempestivamente il medico che deve essere altresì informato anche in caso di malattie febbrili o disturbi digestivi intercorrenti. In questo caso il medico stesso deve istituire tempestivamente i necessari accertamenti. Visto che l’acidosi lattica può avere esito infausto, non appena si abbia il sospetto che essa si sta instaurando è necessario interrompe la somministrazione e ricoverare d’urgenza il paziente. L’osservazione di un’acidosi metabolica con evidenza di chetoacidosi in un diabetico senza particolare stato di intossicazione esogena (da salicilici, da alcool ecc.) è da considerarsi sospetta. Somministrazione di agenti di contrasto iodati La somministrazione intravascolare di agenti di contrasto iodati può portare a nefropatia indotta da mezzo di contrasto. Questo causa l’accumulo di metformina e aumenta il rischio di acidosi lattica. La somministrazione di metformina deve essere interrotta prima o nel momento in cui viene effettuata l’indagine di imaging e non deve essere ripresa finché non siano trascorse almeno 48 o dall’esame, a condizione che la funzione renale sia stata rivalutata e riscontrata stabile, vede paragrafi 4.2 e 4.5 Funzione renale La GFR deve essere valutata prima di inizia il trattamento e, successivamente, a intervalli golari, vedere paragrafo 4.2. Metformina è controindicata in pazienti con GFR < 30 mL/min e deve essere interrotta temporaneamente in presenza di condizioni patologiche che alterano la funzione renale, vede paragrafo 4.3. Poiché un disturbo anche lieve della funzionalità renale può accresce considevolmente il rischio di acidosi lattica, essendo la metformina escreta dai reni, è opportuno determinare la clearance della catinina (questa può essere definita sulla base dei livelli di catinina sierica mediante la formula di Cockcroft-Gault) prima di iniziare il trattamento e in seguito, con frequenza regolare: • almeno una volta l’anno nei pazienti con funzione renale normale, • almeno due-quattro volte l’anno nei pazienti con clearance della catinina sierica al limite inferiore del normale e nei soggetti anziani. La diminuzione della funzione renale nei soggetti anziani è frequente e asintomatica. Un’attenzione speciale va riservata alle situazioni in cui può venire compromessa la funzione renale, ad esempio quando si inizia una terapia antipertensiva o una terapia con diuretici e quando s’inizia una terapia con FANS. Interventi chirurgici Metformina deve essere interrotta al momento di un intervento chirurgico in anestesia generale, spirenale o epidurale. La terapia può essere ripresa non prima delle 48 o successive all’intervento chirurgico o al riavvio della nutrizione orale, sempre che la funzionalità renale sia stata rivalutata e riscontrata stabile. Altre precauzioni - I pazienti dovranno continuare il loro regime alimentare distribuendo regolarmente l’introito di carboidrati durante il giorno. I pazienti in sovrappeso dovranno continuare il regime alimentare ipocalorico. - I test di laboratorio normalmente previsti nei casi di diabete dovranno essere eseguiti regolarmente.

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