COMBIVIR 60CPR RIV 150MG+300MG -Gravidanza e allattamento
Gravidanza Come regola generale, quando si decide di usare un agente antiretrovirale per il trattamento dell’infezione da HIV nelle donne in gravidanza e di conseguenza per ridurre il rischio di trasmissione verticale dell’HIV al neonato, devono essere presi in considerazione i dati sull’impiego negli animali così come l’esperienza clinica nelle donne in gravidanza. Nel caso specifico, l’impiego di zidovudina nelle donne in gravidanza con successivo trattamento dei bambini appena nati ha mostrato di ridurre la frequenza di trasmissione materno-fetale dell’HIV. Una grande quantità di dati su donne in gravidanza trattate con lamivudina o zidovudina indicano che non vi è alcuna tossicità a livello di malformazioni (più di 3000 esiti di esposizioni dal primo trimestre di gravidanza di cui oltre 2000 esiti riguardavano esposizioni sia a lamivudina sia a zidovudina). Il rischio di malformazioni è improbabile nell’uomo sulla base della menzionata grande quantità di dati. I principi attivi di Combivir possono inibire la replicazione del DNA cellulare e zidovudina ha dimostrato di essere cancerogena per via transplacentare in uno studio nell’animale (vedere paragrafo 5.3). La rilevanza clinica di queste osservazioni non è conosciuta. Per le pazienti con infezione concomitante da epatite che vengono trattate con medicinali contenenti lamivudina come Combivir e che successivamente iniziano una gravidanza, deve essere presa in considerazione la possibilità di una recidiva dell’epatite legata alla sospensione di lamivudina. Disfunzione mitocondriale: gli analoghi nucleosidici e nucleotidici sia in vivo che in vitro hanno dimostrato di causare un grado variabile di danno mitocondriale. Sono stati riportati casi di disfunzione mitocondriale in neonati HIV-negativi esposti agli analoghi nucleosidici in utero e/o dopo la nascita (vedere paragrafo 4.4). Allattamento Sia lamivudina che zidovudina sono escrete nel latte materno in concentrazioni simili a quelle ritrovate nel siero. Sulla base di più di 200 coppie madre/figlio in trattamento per l'HIV, le concentrazioni sieriche di lamivudina nei lattanti allattati al seno da madri in trattamento per l'HIV sono molto basse (meno del 4% delle concentrazioni sieriche materne) e progressivamente diminuiscono a livelli non rilevabili quando i lattanti allattati al seno raggiungono le 24 settimane di età. Non esistono dati disponibili sulla sicurezza di lamivudina quando somministrata a bambini di età inferiore a tre mesi. Dopo somministrazione di una singola dose di 200 mg di zidovudina a donne con infezione da HIV, la concentrazione media di zidovudina era simile nel latte materno e nel siero. Si raccomanda che le madri con infezione da HIV non allattino al seno i loro bambini in nessun caso al fine di evitare la trasmissione dell'HIV. Fertilità Nè zidovudina nè lamivudina hanno mostrato evidenza di compromissione della fertilità negli studi nei ratti maschi e femmine. Non esistono dati sul loro effetto sulla fertilità nella donna. Nell’uomo zidovudina non ha mostrato di interferire sul numero, sulla morfologia e sulla motilità degli spermatozoi.