Genitorialità

Buongiorno, in qualità di madre di due figli, di cui una maggiorenne (19) anni felicemente residente all'estero (Londra) ormai da quasi tre anni, inizialmente per studio, poi anche per lavoro ed interessi personali quali diversi rapporti di amicizia instaurati, mi trovo in difficoltà con mio marito, padre della ragazza e dell'altro figlio sedicenne che vive con noi, il quale a sua volta mi consiglia di rivolgermi a qualcuno perché inizia ad avvertire disagio per la situazione familiare creatasi.Il padre è in un continuo stato di ansia al pensiero della figlia, soprattutto se lei non risponde subito ai messaggi inviati al cellulare, nonostante ogni giorno ci fornisca sue notizie.Lui non riesce ad accettare la scelta della figlia di rimanere all'estero, perché sostiene che si sentirebbe più tranquillo se lei rimanesse in Italia accanto ai familiari.Ogni giorno si discute perché io appoggio la ragazza vedendola felice e realizzata, mentre lui ritiene che io stia sbagliando e che dovrei convincerla in senso contrario.Dal momento che sull'argomento io non sono disposta a cambiare idea e lui nemmeno, ormai si litiga da tre anni e comincio ad avvertire la stanchezza per la situazione, con continui mal di testa, mal di stomaco e risvegli notturni.Chiedo per favore come posso comportarmi in questo caso per tranquillizzare il padre che ha paura dell'allontanamento della figlia e portare un po' di pace in famiglia, anche per il benessere mentale dell'altro figlio.Grazie per la cortese attenzione.Cordiali salutiMara Gazzini

La risposta

avatar Psichiatria - Federico Baranzini Dott. Federico Baranzini

Gentile Signora Maracredo che la situazione, per come da lei descritta, sia abbastanza chiara. Quello che dovrebbe essere un passaggio naturale nella storia di una famiglia, ovvero l’uscita e l’allontanamento dei figli, e quindi necessariamente di un genitore, nel caso di suo marito è divenuto un fatto (presumibilmente) traumatico. Credo in ciò accentuato, o forse determinato, dal particolare rapporto che si può venire a strutturare tra un padre e una figlia. Come nei casi di traumi maggiori anche l’allontanamento -con tutto ciò che comporta (perdita del contatto, della possibilità di “controllare” un figlio, di far valere il proprio ascendente, di essere riconosciuto come punto di riferimento ecc..)- può lasciare un segno, una cicatrice nella persona che lo subisce. A maggior ragione se vi sono tratti sottostanti di personalità di un certo tipo, cosa che non posso affermare per suo marito ma nemmeno escludere.Credo che debba lavorare soprattutto sulla possibilità di convincere/coinvolgere suo marito ad avviare dei colloqui familiari (che quindi coinvolgano anche suo figlio) con una equipe di terapia familiare e, col tempo, valutare se instradare/invitare suo marito ad un percorso individuale. Un cordiali salutoFederico Baranzini

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