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Studiare a memoria: quando serve davvero

Oggi la scuola scoraggia l’apprendimento parola per parola. Scopri come si possono fissare i concetti chiave

credits: iStock



di Francesca Lucati 

 

Ascolti tuo figlio ripetere a voce alta la lezione di storia e ti accorgi che la sua esposizione è poco sciolta e approssimativa, mai esatta nelle date, nei luoghi, nei nomi. «Perché non fai lo sforzo di memorizzare meglio i testi?», gli chiedi. «Perché l’insegnante mi ha detto di non imparare a pappagallo, ma di capire quello che leggo», risponde lui, candidamente. Peccato, però, che la comprensione e la memorizzazione non si escludono a vicenda, anzi, sono entrambe fondamentali per l’apprendimento.

«Avere capito un’informazione non garantisce di essere in grado di recuperarla: per fare questo è necessario fissarla nella memoria», spiega Rossana De Beni, professore ordinario di Psicologia della personalità e delle differenze individuali presso l’Università di Padova, esperta di apprendimento, metacognizione e memoria. «Questo processo di “salvataggio” non è questione di volontà ma di impegno: non basta pensare “desidero tanto ricordare, quindi ricorderò”. È necessario mettere in atto delle strategie di memorizzazione, come la ripetizione a voce alta, la creazione di schemi, l’elaborazione di riassunti».

 

È più importante comprendere 

«È vero, comunque: la scuola di oggi scoraggia l’apprendimento a memoria, mentre è a favore di quello significativo », conferma Fabiola Rigamonti, docente di lettere. Con questo metodo le informazioni non sono imparate “a pappagallo”. Vengono prima comprese, poi organizzate in modo logico, infine collegate e agganciate alle conoscenze già in possesso dello studente. Se tuo figlio fa fatica a esporre quanto studiato, puoi incoraggiarlo a memorizzare un discorso, che però non deve essere preso pari pari dal libro di testo o dagli appunti dettati dal professore, ma frutto di una sua rielaborazione personale, che passa attraverso la comprensione.

Lo studio funziona – o meglio, dovrebbe funzionare - così: in classe il ragazzo ascolta con attenzione la spiegazione del docente e quindi comprende l’argomento. A casa legge il libro, fa collegamenti con ciò che già sa e poi rielabora i contenuti (oralmente oppure per iscritto), eventualmente imparando a memoria il prodotto della sua rielaborazione. Ovviamente, in questa “riscrittura” devono essere presenti dati e date fondamentali, senza i quali è impossibile costruire un sapere solido. Un’altra strategia per preparare l’esposizione è l’autointerrogazione, cioè farsi delle domande sul contenuto oppure, meglio ancora, rispondere a quelle fornite dagli stessi libri di testo alla fine di ogni capitolo. Per simulare il dialogo che avviene con il professore, alcuni ragazzi trovano utile autointerrogarsi davanti allo specchio». 

 

Bastano pochi punti fermi 

«Nello studio è giusto privilegiare la comprensione sulla memorizzazione. Perché per recuperare un’informazione non serve sapere tutto parola per parola, basta avere dei punti fermi, cioè creare delle reti di connessione della mente», precisa Rossana De Beni. «Come? Per esempio con la “tecnica dei loci”, risalente ai retori dell’antica Roma, i quali, non avendo modo di aiutarsi con le slide di Power Point, scomponevano le loro orazioni in immagini e le collocavano in varie tappe di un percorso noto, che poi ripercorrevano con la mente durante l’esposizione orale. Cicerone, che esordiva dicendo “In primo luogo vi parlerò di...”, visitava con l’occhio della mente i suoi luoghi e vedeva gli argomenti che aveva posto in ciascuno.

Esistono anche altre mnemotecniche, come quelle associative basate su immagini mentali. Un esempio? Per ricordare l’ordine esatto degli strati atmosferici possiamo creare un’immagine mentale per ciascuno, sfruttando parole che abbiano suoni somiglianti, e poi fare interagire tutte queste immagini tra loro. Arriveremo così a “vedere” un topo (troposfera) sopra uno strato (stratosfera) di miele (mesosfera), sopra un thermos caldo (termosfera), sopra di me (io-nosfera) che porto una maglietta con su scritto “Esso” (esosfera)».

 

Quando occorre davvero

«Tornando alla memorizzazione alla lettera, personalmente credo che valga la pena utilizzarla solo per le poesie, che rispettano una sequenza metrica ben precisa», prosegue la professoressa De Beni. «Devo invece smentire il mito per cui imparare le poesie filo per segno faccia bene perché allena o sviluppa la funzione mnemonica: s’impara semplicemente a... imparare le poesie a memoria! Non c’è evidenza che studiare qualcosa parola per parola sviluppi la facoltà di ricordare tutto: le memorie sono di tanti tipi diversi e funzionano attraverso molteplici meccanismi. Quello che potenzia la capacità di immagazzinare nozioni esatte è capire. Capire e fare i collegamenti».


Mini lezione di lettura intelligente 

Nel manuale Imparare a studiare di Cesare Cornoldi, Rossana De Beni e Gruppo MT (Erickson, 23,80) trovi tanti trucchi per aiutare uno studente a costruirsi un metodo di studio organizzato e proficuo. A partire dalla lettura mirata. L’idea è che ciascuno step di apprendimento richiede un certo modo di leggere il testo.

1 La scorsa rapida, senza soffermarsi troppo sulle singole parole, serve a farsi un’idea ell’argomento e a richiamare quello che già si sa in proposito. Va bene per iniziare a prendere confidenza con un certo compito, rimandando poi l’impegno vero e proprio a un altro momento.

2 La lettura analitica, che procede lentamente, è necessaria per cogliere appieno il significato del testo. È l’attività che richiede più tempo e anche lo sforzo da parte del ragazzo per ripetere (o schematizzare) almeno le parti più significative della lezione.

3 La lettura selettiva, saltando alcune parti e fermandosi su altre, può essere impiegata nella fase finale di studio (per esempio, nel ripasso).


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Articolo pubblicato sul n. 1 di Starbene 2016  in edicola dal 22/12/2015


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