Nell'attuale scenario globale, caratterizzato da rapidi cambiamenti e incertezza, la capacità di non farsi sopraffare dagli eventi e di riprendersi dalle difficoltà è diventata una competenza essenziale per il benessere individuale e professionale. Non si tratta di una forza cieca, bensì di un'abilità sottile che ci permette di navigare tra le complessità senza perdere la lucidità, imparando a riconoscere ed elaborare le emozioni scomode per rispondere in modo consapevole e non d'impulso.
Ma cosa significa esattamente essere resilienti in un mondo così imprevedibile? Come possiamo coltivare questa qualità preziosa? Ne parliamo con Elena Lesca, esperta di stress management e mindfulness basata sulle neuroscienze per manager e team sotto pressione. Ecco i suoi consigli per sviluppare una resilienza autentica e duratura.
Cosa si intende esattamente per resilienza e perché è diventata una competenza cruciale nell'attuale contesto di incertezza globale?
«La resilienza è la capacità di affrontare le difficoltà senza esserne travolti, di adattarsi ai cambiamenti e di ritrovare un equilibrio dopo una scossa. Non elimina il dolore o la fatica, ma ci aiuta a stare meglio anche quando la vita ci mette davanti a paure, incertezze e forti emozioni. Non è sinonimo di forza a oltranza o di "tenere duro a ogni costo". Non significa ignorare lo stress o fare finta che vada tutto bene.
Anzi: chi è resiliente riconosce ciò che prova, attraversa le emozioni scomode e impara a rispondere in modo lucido invece di reagire in automatico. Ecco perché è diventata cruciale oggi. In un mondo instabile e frenetico, la resilienza è ciò che ci permette di non soccombere alla pressione, di non bloccarci davanti all’incertezza e di continuare a muoverci, con consapevolezza, anche nei momenti difficili».
Esistono dei pilastri su cui si costruisce la resilienza?
«Sì, la resilienza si costruisce come una casa solida: servono delle fondamenta stabili su cui appoggiarsi, altrimenti si crolla al primo scossone. I pilastri principali sono questi:
- Gestire le emozioni, soprattutto quelle forti come ansia, rabbia o frustrazione.
- Restare presenti: cioè, non perdersi tra mille pensieri, preoccupazioni e scenari futuri, ma tornare a ciò che c’è qui e ora.
- Cambiare prospettiva: saper guardare una situazione difficile anche da un altro punto di vista, trovare soluzioni nuove, mollare il controllo quando serve.
- Ricaricare le energie: perché senza riposo, movimento, sonno e relazioni sane, anche la mente più forte cede.
Per allenare questi pilastri non servono ore di lavoro interiore: bastano piccoli gesti quotidiani. Fare una pausa vera tra una riunione e l’altra. Respirare profondamente prima di rispondere a una mail che ci ha irritati. Notare cosa sentiamo, senza giudicarci. Chiederci: “Cosa posso cambiare davvero, e cosa no?”. Sono piccole pratiche, ma ripetute con costanza diventano un’armatura gentile che ci aiuta a stare in piedi anche nelle giornate più dure».
L'ambiente lavorativo è spesso fonte di stress. Quali sono le sue raccomandazioni per le aziende e i dipendenti per costruire un ambiente che promuova la resilienza e il benessere emotivo sul luogo di lavoro?
«Lo stress sul lavoro non è solo una questione personale: è anche il risultato dell’ambiente che ci circonda. Per questo la resilienza non può essere solo individuale, ma va coltivata anche a livello culturale e organizzativo. Alle aziende suggerisco di smettere di parlare di benessere solo a parole e iniziare a creare spazi reali per il benessere psicofisico. Questo può tradursi in molti modi, a diversi livelli:
– negli spazi fisici: ambienti accoglienti, angoli per le pause, co-working funzionali, uffici che rispettino il bisogno di concentrazione;
– nelle modalità di lavoro: formule più flessibili come lo smart working, il lavoro per obiettivi, orari compatibili con la vita personale;
– nella formazione: percorsi di coaching, mindfulness e gestione dello stress offerti come strumenti utili, non come un obbligo.
Molte realtà giovani e innovative si stanno già muovendo in questa direzione. Ma prima ancora di un cambiamento aziendale, serve un cambiamento nella cultura del lavoro: meno basata sul controllo e più sulla fiducia. E infine, un messaggio ai dipendenti: le aziende hanno tempi lunghi nei loro cambiamenti, ma il benessere personale non può aspettare. È, prima di tutto, una scelta individuale che parte da piccole azioni quotidiane».
Considerando l'importanza di sviluppare la resilienza individuale, quali tecniche pratiche o approcci consiglierebbe a manager e dipendenti per fronteggiare il cambiamento lavorativo e periodi di elevato stress professionale?
«La prima cosa da fare è allenare la consapevolezza. Non si può gestire ciò che non si vede. In questo la mindfulness è uno strumento molto utile: aiuta a riconoscere quando si è sotto pressione, a osservare il proprio stato mentale e fisico e a scegliere come agire invece di reagire in automatico. La seconda è ritornare al corpo. Il nostro sistema nervoso ha bisogno di segnali di sicurezza per funzionare bene. Tecniche semplici come il respiro profondo, camminate lente, una pausa vera in silenzio dopo una call impegnativa, non sono “extra”, ma fondamenta per recuperare.
Poi c’è il lavoro sul mindset. Molti professionisti si irrigidiscono di fronte all’incertezza: cercano di avere tutto sotto controllo, si caricano di aspettative irrealistiche, non accettano l’errore. Ma la vera adattabilità nasce proprio dalla flessibilità: domandarsi “cos’altro è possibile?”, “cosa posso imparare?”, “quale piccolo passo posso fare adesso?”. Infine: rallentare non è perdere tempo, è creare spazio per fare le cose con più lucidità. E quando il contesto cambia rapidamente, la lucidità è un vantaggio competitivo».
Qual è il messaggio più importante che vorrebbe lasciare ai nostri lettori sulla gestione dell'ansia e dell'incertezza?
«L’incertezza non è qualcosa da eliminare, è qualcosa da imparare ad attraversare. E l’ansia non è un segnale che c’è qualcosa di sbagliato in noi, ma un messaggio del corpo che ci sta dicendo: “ho bisogno di attenzione”. Il punto non è vivere una vita senza difficoltà, ma imparare a stare meglio anche dentro le difficoltà.
Coltivare una mentalità resiliente non significa diventare invincibili, ma creare dentro di sé uno spazio sicuro in cui poter respirare, osservare e scegliere. Anche quando fuori tutto sembra incerto. Si comincia da piccoli gesti: rallentare, ascoltarsi, prendersi cura delle proprie energie mentali ogni giorno. Non serve stravolgere la propria vita. Basta iniziare a trattarsi come si tratterebbe una persona cara. Perché la resilienza, alla fine, è anche questo: un atto di gentilezza verso sé stessi».
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