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Perché la nostalgia ci schiude a un futuro migliore

Pensiamo al passato rimpiangendo il tempo perduto per sempre. E invece, come insegna una filosofa, ci può aiutare ad allargare lo sguardo sul domani

Foto: iStock



La nostalgia: ci turba qualche volta, ci consola altre, ci abbatte talora. Ma parte sempre dal passato e arriva sempre a un punto che crediamo morto, là dove pensiamo a ciò che abbiamo avuto e che adesso non abbiamo più.

Silvia Pierosara, professoressa associata di Filosofia morale all’Università degli Studi di Macerata, nel suo libro Nostalgia. Una piccola etica (Mimesis) vede oltre i soliti orizzonti e propone una visione più estesa di questa connotazione emotiva e piena di potenzialità di crescita personale e collettiva. Come ci dice in questa intervista.


Silvia, il suo punto di partenza è ridefinire il perimetro della nostalgia, in che senso?

La nostalgia, come parola, nasce alla fine del Seicento per indicare un disturbo che colpiva i soldati mercenari svizzeri che si trovavano lontano da casa. Perciò, nasce in un contesto circoscritto: è una malattia, ha un’origine geografica precisa e si lega alla lontananza dai luoghi cari. Nel corso dei secoli, poi, la nostalgia è stata considerata come un sentimento non tanto associato agli spazi quanto a un tempo trascorso felice che sentiamo come invariabilmente perduto. Il mio tentativo è di fare transitare il concetto oltre, cioè di riflettere su cosa ci manca veramente quando rimpiangiamo posti, situazioni, persone che non ci sono più.


Dice, infatti, che usiamo male la nostalgia…

Sì, siamo perlopiù inclini a leggerla e viverla come un sentimento regressivo, che ci porta a lodare il tempo andato con l’ottica di ripristinarlo. Un ripiegamento sul passato che ci depotenzia, ci logora perché ci fa tornare sempre su quello che abbiamo perduto per sempre. Allora, nel libro mi chiedo se è possibile utilizzare la nostalgia in altro modo: non come un ritorno a un punto zero, impossibile, ma piuttosto come un sentire che ci porta a vedere il futuro.


Come inquadra la sua natura?

Tendo ad accomunare la nostalgia a una tonalità emotiva. Questa equivale a un’atmosfera in cui siamo immersi, che colora il nostro mondo. Una “nebbia” che ci avvolge, in cui riviviamo anche nel presente qualcosa che sta nel passato e che rimettiamo in atto.


Non è un’emozione e neppure uno stato d’animo, perciò?

La nostalgia non è una sensazione puntuale, un sentire momentaneo, istantaneo. Volendola raffigurare, non s’identifica con un punto, piuttosto con una linea che si viene costruendo e che accompagna tutta la nostra esperienza. Ci fa anche percepire, in un certo senso, il tempo che passa. Se non rimanessimo attaccati al nostro trascorso sarebbe impossibile renderci conto dello scorrere dei giorni, dei mesi, degli anni. Questo “filo rosso” che ci accompagna fa sì che ci portiamo dietro quello che ci è accaduto, nel bene e nel male, dando continuità alla nostra esistenza.


Possiamo dire che è la nostra memoria storica?

Non proprio, la nostalgia è anche un po’ ingannevole: ci fa ricordare le esperienze come le vogliamo ricordare, ce le fa rielaborare a nostro uso e consumo. Una storia sentimentale ormai finita ne è l’esempio lampante: proviamo così tanta nostalgia, che di quel legame rievochiamo solo le note positive.


Ma come incide nel rapporto con noi stessi?

Questa tonalità emotiva, che alberga in qualsiasi individuo, può dare esiti variabili. Se non la governiamo, se lasciamo che contamini tutta la nostra vita rischiamo perché proiettiamo nel presente le ombre del passato, anche traumatico. Non riusciamo ad allontanarlo, anzi ci attrae sempre di più. Bisognerebbe, semmai, affidare alla nostalgia il ruolo di “sentinella” del tempo che scorre. Ci servirebbe, moltissimo, a distinguere tra ciò che è da lasciare e ciò che invece vale la pena conservare con noi. A discernere tra un passato che è giusto che sia passato e un passato che è ancora pieno di opportunità e potenzialità.


Ha un legame con il futuro?

Certo, passato, presente e futuro si saldano e si fanno storia sensata. La nostalgia invita, infatti, a tornare a un momento o un'esperienza che non c’è più. Ma nel passato ci sono, sicuramente, occasioni andate perdute, possibilità che non si sono realizzate, sia a livello personale che collettivo. Il suo lato migliore, dunque, è che fa memoria di questi percorsi interrotti e ci spinge a proiettarli verso il domani. Si tratta di un passaggio strategico: così, riusciamo a liberare la nostalgia da quella sfumatura reazionaria, conservatrice e la rendiamo aperta.


Per costruire?

Niente è destinato a durare, lo sappiamo bene. Però, a differenza della malinconia (un sentimento statico, che fotografa l’esistente e ci rattrista poiché è destinato a scomparire), nella nostalgia si riconosce un sentire dinamico. Come? Una volta che abbiamo imparato a convivere con l’assenza – quella persona amata non c’è più, i luoghi dell’infanzia sono diversi, una certa cultura è tramontata, per fare qualche esempio – quel sentimento ce lo possiamo giocare per andare avanti, per progettare, per cambiare.


Quale sarebbe il senso giusto da imboccare?

Provare nostalgia per ciò che ancora non si è dato, non per quello che è successo. È il futuro che questa tonalità emotiva deve "muovere". Infatti, nel libro mi riferisco alla “nostalgia del non identico”. Si tratta di un modello positivo e pragmatico, che invita ad ascoltare il richiamo del passato, per capire da dove veniamo e dove vogliamo andare. La nostalgia, così, diventa un’ispirazione, una spinta a realizzarsi, a dare corpo a suggestioni, sogni, ambizioni, passioni rimaste lettera morta e che aspettano aria nuova per tornare in vita. Un nuovo inizio, mi viene da dire, non un ritorno all’inizio.


Questa tonalità emotiva è anche un collante tra le persone?

Sì, la nostalgia è essenzialmente nostalgia del legame, del sentirsi in relazione con qualcuno, con l’altro in senso lato. Le buone relazioni devono allontanarsi dal paradigma del possesso, solo così si evita di cadere nel tranello di credere che possiamo tornare esattamente a quel rapporto, con quella persona, altrimenti si sconfina nella possessività sterile, che non fa crescere. Come dire: nostalgia sì, ma solo per non ripetere gli errori e portare con sé il ricordo dell'altro senza volersene impadronire.


La nostalgia, quindi, attualizza il rapporto con il mondo presente?

Se ben “adoperata”, può aiutarci a ricordare, aggiornare e realizzare i nostri desideri interrotti, insoddisfatti, in modo da riconoscere il passato nel presente e nel futuro, mettendo a tacere quell'impulso mortifero a tornare indietro per recuperare l’oggetto mancante.


Nella società odierna, ne vede tanta o poca?

Penso che oggi la nostalgia venga spesso strumentalizzata, anche solo per fini commerciali, basti pensare a certe preferenze vintage nella musica, nell’abbigliamento, nel design. Dal punto di vista del gusto comune, insomma, siamo pieni di nostalgia. È come se la paura del futuro si manifestasse con il desiderio di tornare indietro, a ciò che ci ha reso felici. L’opportunità da cogliere al volo ha un altro sapore: proviamo ad accettare il senso dell’assenza e non pretendiamo di possedere tutto, compresi i ricordi, le nostre esperienze, le nostre origini di cui, per definizione, non possiamo disporre, perché non sono oggetti. Ma possiamo farne tesoro per camminare verso un domani migliore.


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