Cos’è l’effetto Dunning-Kruger: essere ignoranti e non saperlo

Alcune persone sovrastimano la loro competenza in uno specifico settore, di cui invece hanno scarsa conoscenza. E questo può renderle arroganti



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Il padre dell’evoluzionismo, Charles Darwin, sosteneva che “l’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza”. In effetti, a chi non è mai capitato di essere convinto di saper fare qualcosa per poi scoprire, una volta messo alla prova, di essere lontanissimo dalla possibilità di riuscire a farlo? Basta dare una sbirciata sui social, dove – a seconda dell’argomento del giorno – tutti elargiscono pillole di pseudo-saggezza, ritenendosi bravi politici, allenatori di calcio, critici musicali, formidabili economisti, fini teologi, medici infallibili o grandi filosofi, senza avere le necessarie competenze. E, magari, anche osteggiando chi quelle competenze le ha per davvero. Questa forma di autoinganno della mente ha un nome: è l’effetto Dunning-Kruger, che porta il nome dei due psicologi americani della Cornell University (David Dunning e Justin Kruger) che lo hanno descritto per la prima volta nel 1999.

Cos’è l’effetto Dunning-Kruger

«Questo particolare effetto psicologico porta le persone a sovrastimare la loro competenza in uno specifico ambito, dove in realtà sono moderatamente o persino poco esperte», spiega il dottor Enrico Gamba, psicologo e psicoterapeuta a Milano.

La causa starebbe nella meta-ignoranza di chi ne soffre, ovvero nell’ignoranza della propria ignoranza. «Già il filosofo Socrate, nella seconda metà del V secolo a.C., sosteneva che “il vero sapiente è colui che sa di non sapere, non chi si illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza”. Dunque, si tratta di una conoscenza antica», evidenzia l’esperto.

L’effetto Dunning-Kruger può riguardare tutti e rappresenta una forma di dissonanza cognitiva, che ci porta a distorcere la realtà. «Ciascuno di noi ha una serie di idee, credenze e competenze acquisite. Di fronte a nuove informazioni, se queste vanno in contrasto con il nostro “pacchetto” interiore, si può scatenare una sorta di conflitto tra il vecchio e il nuovo, che ci fa mal interpretare le cose».


L'effetto Dunning-Kruger, u
na storia curiosa

Nel 1999 David Dunning e Justin Kruger firmarono un articolo dal titolo Unskilled and Unaware of It: How Difficulties in Recognizing One’s Own Incompetence Lead to Inflated Self-Assessments, dove si raccontava la storia vera – a tratti umoristica – del quarantaquattrenne McArthur Wheeler, che il 19 aprile 1995 rapinò due banche con la faccia cosparsa di succo di limone, convinto di risultare invisibile alle telecamere di sorveglianza. Questa convinzione, assurda quanto radicata, si basava su un fraintendimento: prima delle rapine, Wheeler si era scattato una fotografia con la polaroid (sempre con la faccia cosparsa di succo di limone) ma, forse per la foga, aveva sbagliato mira, inquadrando il soffitto.

Sta di fatto che nella fotografia il suo volto non compariva, per cui si convinse di aver scoperto il “segreto dell’invisibilità”, al punto da presentarsi nelle due banche non solo a volto scoperto, ma fermandosi addirittura a salutare le telecamere. Quando gli agenti lo raggiunsero a casa per arrestarlo, Wheeler restò piuttosto sorpreso: “Come avete fatto a riconoscermi? Mi ero spruzzato il succo di limone”. Incuriosito da quella storia, David Dunning ragionò sul fatto che, forse, era la stupidità di Wheeler a nascondergli la sua stessa stupidità e, da lì, partirono gli studi sull’ignoranza di sé.

 
Quali sono le cause dell'effetto Dunning-Kruger

Meta-ignoranza a parte, Dunning e Kruger hanno notato che questo effetto è strettamente correlato al proprio livello di autostima, un costrutto molto importante in psicologia, da intendere come un sentimento generale positivo o negativo verso sé stessi.

«Seppure tenda a variare nell’arco della vita, l’autostima si mantiene un tratto stabile di personalità, per cui un’eventuale causa dell’effetto Dunning-Kruger potrebbe essere il voler inconsapevolmente preservare un’immagine positiva di sé, anche quando ci si accorge di avere lacune, trascurando gli eventuali indizi di errore e accentuando, al contrario, gli eventuali consensi o plausi ricevuti», dice il dottor Gamba.

Ci sono anche degli studi che hanno dimostrato un possibile legame con il contesto culturale di appartenenza: per esempio, nelle culture orientali l’effetto Dunning-Kruger sembra essere meno presente o, addirittura, manifestarsi al contrario, con una sottostima delle proprie reali abilità. «Infine, potrebbe c’entrare anche il contesto famigliare in cui siamo cresciuti: se nessuno ci ha mai insegnato a metterci in discussione e ad accettare le critiche, potremmo avere difficoltà anche da adulti a riconoscere i nostri limiti».

Effetto Dunning-Kruger, vale anche il contrario

Seppure incapaci di riconoscere i nostri limiti conoscitivi, qualora decidessimo comunque di approfondire la conoscenza in un certo ambito, a un certo punto l’effetto Dunning-Kruger potrebbe manifestarsi in maniera opposta.

«Quando il livello di competenza diventa elevato, molte persone tendono a sottovalutare il divario tra la loro preparazione e quella degli altri, iniziando a sottostimare se stesse», descrive l'esperto. È una sorta di umiltà della conoscenza che si contrappone all’arroganza della conoscenza, ma in entrambi i casi si è vittime di una valutazione distorta della realtà.

Quali sono le conseguenze

Il più delle volte, gli ignoranti – proprio come McArthur Wheeler – non sanno di essere ignoranti e questo potrebbe renderli arroganti. Un aspetto di non poco conto quando si verifica in un contesto sociale (lavorativo, sportivo, ricreativo), dove i rapporti interpersonali si fanno difficili a causa dei problemi di comunicazione e di cooperazione con gli altri.

«Tra l’altro, per assurdo, in virtù della loro autostima e della percezione positiva di sé, molte di queste persone sanno convincere di più gli altri e fanno carriera, nonostante la scarsa competenza. Il problema è che non sentono alcun bisogno di apprendere di più, per cui si accomodano in cima al loro elevatissimo picco di esagerata autostima e continuano a osservare gli altri con fastidiosa superiorità. Al contrario, chi ha più abilità risulta spesso meno audace e si fa da parte, perché consapevole della complessità della materia e dubbioso della propria conoscenza», spiega Gamba.


Autostima esagerata, cosa fare

Dagli studi di Dunning e Kruger è derivato un grafico che raffigura la curva di acquisizione di una nuova competenza. In sostanza, quando impariamo una nuova materia o abilità, potremmo inizialmente esserne entusiasti e giudicarci molto bravi (“Ho capito tutto”), proprio per la mancanza di conoscenza circa la complessità delle cose. Non appena superato il livello di principianti, in genere la fiducia cala e comprendiamo quanta strada ci sia ancora da fare (“Ok, c’è dell’altro”) e potremmo addirittura crollare nello sconforto (“Questo non lo capirò mai”).

Alla fine, dopo anni di pratica e di impegno, l’autostima tornerà a salire (“Sì, ci sono, inizio a capire”), anche se resteremo sempre consapevoli di quanto la materia sia difficile (“Credimi, è complicato”). «Sapere che esiste questo andamento mentale di fronte alle nuove acquisizioni può essere importante per riconoscere in noi stessi o negli altri un potenziale effetto Dunning-Kruger», conclude il dottor Gamba. «Cerchiamo di essere onesti con noi stessi, non temiamo di ammettere che non sappiamo qualcosa e restiamo sempre aperti alle critiche costruttive, chiedendo aiuto quando necessario».


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