Come lo stoicismo ci aiuta a credere in noi stessi e a ridurre le angosce

Solidità e serenità sono i capisaldi di quest’antica filosofia. Oggi tornata in auge per affrontare meglio il mondo. Ecco i suoi punti-chiave



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Lo stoicismo, una filosofia nata tre secoli prima di Cristo, può fornire risposte costruttive alle sfide della vita contemporanea. Stiamo parlando, tanto per intederci, del pensiero di Seneca e dell’imperatore Marco Aurelio che insegna a sfruttare meglio la ragione e a essere emotivamente tenaci. Oggi attrae sempre più persone, che vanno a ingrossare le fila del Modern stoicism, movimento al quale fanno capo pubblicazioni, blog, corsi online, congressi come lo Stoicon e raduni esperienziali come l’International stoic week. «Il revival dello stoicismo non è il primo da duemila anni in qua e non deve stupire», commenta Fabio Luongo, filosofo e giornalista. 

«Questa corrente di pensiero – o, meglio, il nucleo della sua etica – tende a tornare in auge nei periodi come il nostro, caratterizzati da instabilità sociale, crollo dei riferimenti e smarrimento collettivo. Il motivo? Punta dichiaratamente a ridurre le angosce, aiuta a essere saldi dentro se stessi e proietta in uno stato di tranquilla serenità».

Ecco i suoi punti-chiave.


1. Usare la testa

«Secondo gli stoici, siamo prima di tutto creature pensanti, perciò abbiamo il dovere di proteggere e di usare correttamente quel dono potente eppure fragile che è la ragione», spiega Donald Robertson, psicoterapeuta cognitivo, anima del Modern stoicism e autore del saggio A dieci passi dalla felicità. Le lezioni degli stoici per una vita saggia (Piemme). Un presupposto che ha conseguenze sorprendenti: ragionando, infatti, ci rendiamo conto che non abbiamo alcun controllo né sugli eventi del mondo né sui pensieri e sulle azioni altrui.

«Dopo questa presa di coscienza, non ha più senso angosciarci per tutto quanto esula dal nostro dominio, a partire da come ci giudica il prossimo fino al destino degli oggetti, che ci fanno tanto dannare perché prima li desideriamo ardentemente e poi, quando li abbiamo conquistati, siamo terrorizzati di perderli», dice Fabio Luongo. «Abbiamo così la possibilità di raggiungere una tranquilla serenità, uno stato che questa scuola di vita identifica con la felicità. Non solo: allenandoci a tenere una certa distanza emotiva rispetto alle paure che ci condizionano, diventiamo più adattabili o – secondo un termine tanto di moda – resilienti, cioè capaci di fronteggiare le difficoltà senza spezzarci».


2. Guardarsi nel cuore

Dopo quanto detto si potrebbe pensare che lo stoicismo sia un invito alla rassegnazione e alla passività, mentre è l’esatto opposto: uno sprone ad assumerci la responsabilità delle uniche cose su cui abbiamo controllo, ossia le nostre emozioni, le passioni, i desideri.

«Secondo gli stoici, non possiamo scegliere che cosa vivere, ma “solo” come viverlo», conferma Luongo. «A tal proposito bisogna smentire il luogo comune secondo cui questa filosofia predica la freddezza e l’insensibilità. In realtà, gli stoici non ignorano né sopprimono le emozioni. Semplicemente, riconoscono che alcune di esse, in certi frangenti, sono malsane (cioè fanno più male che bene), pertanto andrebbero trasformate in emozioni sane. Come? Usando la ragione per mettere in discussione le convinzioni che le hanno suscitate».


3. Trasformare gli ostacoli

Un esempio può aiutarci a capire meglio questo passaggio: poniamo che un nostro collega presenti un progetto fantastico, con cui si guadagna i complimenti del capo. Noi potremmo provare frustrazione, irritazione, persino rabbia: emozioni legittime, che però ci si ritorcerebbero facilmente contro, magari sprofondandoci nell’apatia (“Che mi impegno a fare, non sarò mai così geniale”), oppure orientandoci verso atteggiamenti rischiosi (“È riuscito a fregarmi, gliela farò pagare”).

Ragionando a mente fredda, invece, avremmo la chance di capire che il collega ha solo lavorato sodo e non voleva certo oscurarci. Potremmo allora convertire i nostri stati d’animo disfunzionali in qualcosa di benefico come l’ammirazione, la curiosità e il desiderio di emulazione, diventando quegli “esseri dotati di ragione” che, secondo le parole di Marco Aurelio, “possono fare di ogni ostacolo una materia del loro lavoro e trarne vantaggio”.


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