Blame shifting: come riconoscere la manipolazione emotiva e proteggersi

Scopri cos’è e come difendersi dal blame shifting, o trasferimento di colpa, tattica manipolatoria attraverso la quale un individuo cerca di spostare la responsabilità delle proprie azioni e dei propri comportamenti sugli altri



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Sei mai uscita da una discussione sentendoti inspiegabilmente in colpa per un errore che non avevi commesso? O magari dubitando delle tue percezioni e della tua memoria per giustificare il comportamento di qualcun altro? Sappi che potresti essere vittima di blame shifting, una subdola tattica manipolatoria, un meccanismo di manipolazione psicologica che può minare profondamente l'autostima e la salute mentale della vittima.

Il fenomeno è una componente chiave della manipolazione emotiva nelle relazioni tossiche che va compresa e riconosciuta come tale all'inizio di una relazione, per prevenire il danno psicologico prima che si trasformi in una dinamica abusiva costante. Per entrare nel vivo delle dinamiche di questo fenomeno e per scoprire come si manifesta, abbiamo parlato con la psicologa e divulgatrice di neuroscienze Laura Mondino.


In cosa consiste il blame shifting e come riconoscere la manipolazione emotiva?

«Il blame shifting, o trasferimento di colpa, è una tattica manipolatoria attraverso la quale un individuo cerca di spostare la responsabilità delle proprie azioni e dei propri comportamenti sugli altri, senza assumersene la responsabilità. Può essere utilizzato in diversi contesti: in ambito professionale, per evitare critiche o nascondere errori; in quello politico, per deviare l’attenzione da questioni importanti o per giustificare decisioni impopolari allo scopo di influenzare l’opinione pubblica e distorcere la percezione della realtà; e, ovviamente, in quello delle relazioni personali e familiari per evitare la responsabilità dei propri errori e giustificare comportamenti difficilmente accettabili.

Per riconoscere se chi ci è accanto attua il blame shifting, il consiglio è quello di prestare attenzione al suo comportamento nei nostri confronti e a come ci sentiamo in sua presenza. Se ci sentiamo peggio, più insicuri e confusi, se abbiamo la sensazione di sbagliare ripetutamente, se mettiamo sempre più spesso in discussione cose che sappiamo essere vere, se ci censuriamo, evitiamo certi argomenti per paura di una reazione, se ci allontaniamo dagli altri per vergogna o per evitare conflitti, siamo in presenza di un manipolatore o quanto meno siamo in una relazione che ci sta facendo male».

Quali tattiche usa il manipolatore nel blame shifting e come agisce questa manipolazione psicologica sul cervello della vittima?

«Le tattiche che usa il manipolatore possono manifestarsi in diverse forme. Fra le più comuni c’è quella di minimizzare o negare il proprio coinvolgimento in una situazione problematica addossando la colpa all’altra persona e facendola sembrare esagerata o ingiusta nei confronti delle accuse che muove. Un’altra strategia è quella di giustificare i propri errori adottando ragioni irrilevanti o poco plausibili. C’è poi una distorsione dei fatti per adattarli alla propria narrazione, anche se questa versione corrisponde poco o niente alla realtà. Questo può confondere la vittima fino a farla dubitare della propria percezione.  

Non è raro che il manipolatore faccia ricorso alla tecnica della colpa inversa, incolpando cioè la vittima di turno, per le azioni che lui stesso ha compiuto. Potrebbe, ad esempio, accusare l’altra persona di essere la causa della propria ira, delle proprie menzogne o del proprio comportamento ingiusto. Una variante di questa pratica subdola è quella di spostare la colpa, anziché sulla vittima, su terze persone totalmente estranee ai fatti, cosicché sia difficile capire chi sia realmente il responsabile.

Silenzio e rifiuto di comunicare, ignorando le accuse, è un altro tipo di risposta di cui si serve il manipolatore, così come ricorrere a pianto, rabbia, auto vittimizzazione per far sentire l’altro colpevole e distrarlo dai fatti reali. Tutte queste tattiche hanno impatti devastanti sul benessere mentale delle vittime, perché sono capaci di minarne la fiducia e l’autostima. Inoltre, può portare frustrazione, rabbia, confusione, isolamento fino ad ansia e depressione».

Quali sono le strategie o tecniche di comunicazione efficaci per difendersi in tempo reale, mantenendo i propri confini e neutralizzanddo la manipolazione del partner?

«Ci sono alcune tecniche di “contro manipolazione” utili per arginare il potere distruttivo del manipolatore.

  1. Rimanere ancorati alla realtà: le accuse del manipolatore non riflettono chi siamo. Annotare fatti ed eventi può essere di supporto per rimanere ancorati alla realtà dei fatti.

  2. Non abboccare: quando il manipolatore cerca di cambiare argomento, resistere alla tentazione di difendersi è una buona contromossa.

  3. Mostrarsi indifferenti: anche se non lo si è. L’indifferenza è un’ottima risposta che ha il potere di destabilizzare profondamente il manipolatore. Abilissimo a far sentire in colpa la propria vittima, accusandola di scarsa empatia, egoismo, insensibilità, rimanere inflessibili, senza cercare, cioè, di farlo ragionare o convincerlo del contrario, è l’unico modo per non ridagli potere. Oltre al fatto che sarebbe inutile.

  4. Tagliare corto: ridurre al minimo le interazioni con il manipolatore è la cosa migliore da farsi. Anche se sarà fastidioso non poter dire ciò che si pensa, meglio lasciare le discussioni a metà; in questo contesto è più importante contro manipolare. Non va dimenticato che l’ego del manipolatore si alimenta anche attraverso discussioni infruttuose.

  5. Ricorrere all’ironia: usare un tono sarcastico, distaccato, ironico, sarà un modo per comunicare al manipolatore che non siete interessati a quello che pensa e che le sue manovre non hanno più presa su di voi.

  6. Nessuna negoziazione: dire no alle richieste del manipolatore, senza cedere ai sensi di colpa, è un ottimo modo per far sì che rispetti i limiti da voi imposti. Nel caso si faccia insistente, ricorrete alla tecnica del disco rotto, ripetendo il vostro rifiuto, sempre con le stesse parole, tono e senza ricorrere a giustificazioni, permetterà al vostro messaggio di rimanere assertivo e inattaccabile».


Quali esercizi di autostima e tecniche sono utili per abbandonare il senso di colpa?

«Focalizzarsi sui propri punti di forza e le proprie potenzialità è un buon inizio. Fra gli esercizi che aiutano in tal senso, annotare giornalmente dalle tre alle cinque cose, anche semplici, che abbiamo apprezzato di noi e rileggerle il giorno successivo è un modo pratico per portare l’attenzione sui nostri pregi anziché solo sui nostri difetti. Una volta che questa abitudine si è consolidata si possono inserire alcune varianti, quali identificare le situazioni in cui ci siamo piaciuti, siamo stati orgogliosi dei nostri gesti, decisioni, parole: un toccasana per l’autostima!

Un'altra tecnica che mi sento di suggerire, utile per cambiare la percezione che abbiamo di noi stessi è quella dello specchio. Guardarsi allo specchio può rivelarsi tanto illuminante quanto stimolante. Per iniziare, occorre prendersi un momento per guardarsi allo specchio e chiedersi: cosa vedi? Come ti descrivi? Ti concentri sui difetti o sui tuoi punti di forza? Il passo successivo è immaginarsi attraverso gli occhi di qualcuno che ci ama incondizionatamente, un partner, un genitore, un parente o persino un animale domestico. Guardati attraverso i suoi occhi. Nota le qualità che apprezza in te e falle tue.

Utile, a questo punto, è scrivere una lista di affermazioni positive che una persona cara potrebbe dirti, aggiornarla e tenerla a portata di mano per consultala nei momenti difficili. La tecnica dello specchio, se praticata in modo continuativo, porta numerosi benefici per il benessere emotivo e la salute mentale: accettazione di sé, miglioramento delle capacità comunicative; aumento della motivazione, fiducia nelle proprie capacità, apertura a nuove esperienze e riconoscimento delle qualità personali».

Quali sono i passi psicologici per l'allontanamento sicuro da chi adotta il blame shifting e come gestire i tentativi di riavvicinamento o ri-colpevolizzazione dopo la rottura definitiva?

«Se la tendenza è la coazione a ripetere, cioè a mettere in atto sempre gli stessi comportamenti con il nuovo partner in modo da innescare gli stessi ruoli del passato, sperando in un finale diverso, le cose si complicano e vale la pena prendere in considerazione un percorso psicoanalitico. Se è meno ricorrente, molto utile si rivela prestare attenzione alla scelta del partner: nel momento in cui incontriamo una persona con una caratteristica che ci ricorda qualcosa di già vissuto; prevenire e minimizzare il nostro coinvolgimento è un buon modo per proteggersi.

Spesso l’istinto è un’ottima bussola, più della ragione. Infine, riflettere per capire quali sono gli schemi che più si tende a ripetere e cosa li attiva, quale gesto o comportamento del partner, per esempio. Ricordarsi che oltre alle dinamiche poco funzionali che mettiamo in atto, disponiamo di molte risorse e talenti su cui contare».


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