Gaslighting e violenza psicologica: come riconoscerlo

Nelle relazioni interpersonali, soprattutto amorose, può esistere una forma di violenza psicologica basata sulla manipolazione mentale della vittima, che inizia a dubitare di sé e perde ogni autostima. Si chiama gaslighting. Ecco cosa fare



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“Te lo sei immaginato”, “È tutto nella tua testa”, “Io non ho mai detto questa cosa”, “Ti stai inventando tutto”. Sono alcune delle frasi usate da chi mette in pratica il gaslighting, una forma di manipolazione e violenza psicologica che porta la vittima a dubitare delle sue percezioni, dei suoi pensieri e della sua stabilità mentale, fino a diventare completamente insicura della realtà. Non a caso, il nome ha origine da un’opera teatrale del 1938, dove si raccontava la storia di un marito che, volendo portare la moglie alla pazzia, la ingannava facendole credere di soffrire di allucinazioni. «In effetti, il gaslighting è un vero e proprio lavaggio del cervello messo in atto per creare dubbi nella mente dell’altro oppure per normalizzare ciò che normale non è, ad esempio facendo credere che in tutte le famiglie ci sono botte, tradimenti, discussioni violente», racconta la dottoressa Pamela Busonero, psicologa e psicoterapeuta a Firenze.


Che cos’è il gaslighting

I gaslighter sono estremamente abili nel far leva sulle emozioni altrui e, di solito, hanno un obiettivo ben preciso: se hanno bisogno di sicurezza economica si avvicinano a persone benestanti, se cercano affermazione sociale scelgono qualcuno dalla buona posizione, se vogliono nascondere una vita parallela prediligono chi è predisposto a metter su famiglia e così via.

«Questo tipo di manipolazione mentale è sottile, mascherata, lavora a livelli emotivi molto profondi e ha la capacità di annullare progressivamente la capacità di giudizio della vittima. Per di più, i gaslighter fanno di tutto per isolare la loro “preda”, magari criticandola davanti ai figli, parlando male di lei con i parenti più stretti, diffondendo fra gli amici l’informazione che sia instabile o che non gradisca compagnia», spiega l’esperta. «Il motivo è semplice: meno la vittima ha punti di confronto con le altre persone, maggiori sono le chance di manipolazione».


Quando inizia

Il manipolatore ricopre sempre un ruolo di rilievo nella vita della vittima, per cui può essere un parente, un amico, un datore di lavoro, ma nella maggior parte dei casi si tratta del partner. In quest’ultimo caso, piuttosto frequente, il gaslighting inizia gradualmente: di solito, in una prima fase, il manipolatore si mostra sempre attento, gentile, premuroso ed è capace di gesti clamorosi, dichiarazioni d’amore inaspettate, sorprese da commedia romantica. «In psicologia si parla di love bombing, letteralmente bombardamento d’amore, dove tutto appare “bellissimo”.

Questa tattica fa leva sul bisogno inconscio che ciascuno di noi ha di essere amato incondizionatamente e serve per preparare alle fasi successive la vittima, che fa cadere ogni barriera, inizia a fidarsi e si apre con facilità, fornendo preziosi dettagli, utili al gaslighter per capire i punti deboli», avverta la dottoressa Busonero.

Poco per volta, si arriva a una seconda fase, dove la vittima cerca di difendersi, prova a convincere il manipolatore che ciò che dice non è fondato, si giustifica in tutti i modi possibili e tenta di instaurare un dialogo, perché ha ancora la convinzione che l’aggressore possa cambiare. E invece si scivola inesorabilmente verso la terza e ultima fase, quella più grave, dove la vittima si convince che è lei a sbagliare e che il gaslighter dice la verità, arrivando perfino a idealizzarlo e difenderlo davanti ad amici e parenti.


Come riconoscere il gaslighter

Rendersi conto di essere vittima di un manipolatore affettivo non è facile, ma esistono alcuni segnali che devono mettere in allarme. «Prestiamo attenzione alle piccole, innocue bugie, in cui l’altro nega l’evidenza. Una relazione “tossica” è fondata su tantissime menzogne, anche quando non ce ne sarebbe bisogno», osserva la dottoressa Busonero.

«Anche un’eccessiva gelosia va guardata con sospetto. “Dov’eri?”, “Cosa stavi facendo?” o “Perché non hai risposto?” sono domande da non sottovalutare mai in un rapporto di coppia. Un pizzico di gelosia può essere normale, ma quando si trasforma in domande continue, indagini, ricatti e pressioni significa che qualcosa non va».

Diffidiamo anche di chi vuole sempre bruciare le tappe. All’interno di una relazione sana, ci si conosce per gradi, scoprendo “un pezzo per volta” dell’altro: più dettagli forniamo sulla nostra vita, più regaliamo all’altro la possibilità di manipolarci e perpetrare i suoi abusi, per cui sospettiamo di chi ci pone mille domande sin dal primo giorno, per di più senza mai rivelare nulla di sé oppure facendolo in maniera vaga e imprecisa, centellinando le informazioni.


Cosa fare

La prima regola è non allontanarsi mai dalle amicizie, ascoltare il punto di vista dei familiari, cercare un confronto con chi ci conosce da sempre. «Il rischio infatti è che la vittima ridimensioni la sua vita privata al punto da chiudersi in casa e ricercando ancora di più le cure del partner, da cui diventa totalmente dipendente perché inizia a vederlo come unica ancora di salvezza alla sua situazione, fatta di depressione, scarsa autostima, vergogna, stanchezza fisica e mentale. Soprattutto se la manipolazione è andata avanti per molto tempo, infatti, la vittima si sente priva di valore, pensa di non essere importante, di non essere degna di meritare amore». Ecco perché non bisogna mai isolarsi, mai permettere che il circolo vizioso si inneschi.


A chi chiedere aiuto

«Al contrario, non dobbiamo mai avere paura di chiedere aiuto, perché è necessario staccarsi fisicamente ed emotivamente dall’ex partner. Questo significa togliergli la possibilità di ristabilire qualsiasi contatto, bloccarlo sul telefono e sui profili social, non accettare mai incontri chiarificatori che tra l’altro possono essere pericolosi o, semplicemente, possono convincerci a tornare sui nostri passi di fronte a pianti, vittimismo, minacce di suicidio e altre trappole psicologiche».

Il gaslighter non cambierà mai, inutile dargli ulteriori possibilità, quindi dobbiamo arrivare a fingere che non esista. «Se il supporto di amici e parenti non è sufficiente, si può chiedere un aiuto psicologico per intraprendere un percorso che aiuti a ricostruire la propria personalità, a recuperare autostima, a riprendere in mano la vita. Il rischio altrimenti è quello di ricadere nelle stesse dinamiche in un rapporto successivo, perché non abbiamo gli strumenti per costruire una relazione sana».


Come si diventa gaslighter

È difficile tratteggiare il profilo psicologico di un gaslighter. Spesso lo si diventa sin da piccoli, quando è piuttosto normale essere governati dagli impulsi (fame, sete, sonno) e pretendere che gli altri li assecondino. Crescendo, la maggior parte delle persone smette di percepire il resto del mondo come mezzo per auto-gratificarsi, ma per qualcuno questo passaggio avviene solo in parte o, a volte, per nulla e di conseguenza continua a voler manipolare il mondo a proprio vantaggio. «Al contrario, tutti siamo potenziali vittime, ma in particolare lo possono diventare le persone sensibili, empatiche, generose, compassionevoli o che, per qualche motivo, si trovano in un momento di grande vulnerabilità», tratteggia l’esperta.


Cosa dice la legge

Al momento, non esiste una legislazione specifica per il gaslighting. «Le condotte manipolatorie possono comunque rientrare negli articoli che riguardano la violazione degli obblighi di assistenza familiare, i maltrattamenti contro familiari e danno alla persona, rispettivamente art. 570, 572 e 582 del codice penale.

Quindi rivolgersi a un buon avvocato può essere indispensabile, soprattutto se ci sono figli di mezzo», conclude la dottoressa Busonero. «Ovvio, denunciare non è mai facile per diversi aspetti psicologici: c’è l’affetto provato per il partner, c’è l’incapacità di riconoscere gli atti manipolatori, c’è la speranza che le sensazioni provate durante la fase del love bombing tornino a emergere. Per questo, sta solitamente alla bravura di un clinico portare alla luce ciò che davvero accade nella relazione e insegnare come ricominciare a vivere in maniera sana, smettendo di ripetere gli stessi copioni».


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