Ti senti costantemente sotto pressione, come se un peso invisibile gravasse sulle tue spalle? Quella sensazione potrebbe essere più di una semplice "giornata no": è lo stress cronico, una condizione sempre più diffusa che incide profondamente sulla qualità della vita di milioni di persone. L'esposizione prolungata a situazioni stressanti, infatti, può avere ripercussioni significative sulla nostra salute fisica e mentale, compromettendo il sonno, l'umore, la produttività e persino le relazioni.
Come riconoscere i segnali d'allarme e, soprattutto, quali strategie efficaci possiamo adottare per gestire lo stress cronico e ritrovare un equilibrio duraturo? Ne parliamo con l’esperta di neuroscienze e comportamenti umani Laura Mondino, che ci fornisce strumenti pratici e consigli per trasformare questa sfida in un percorso verso un benessere rinnovato.
Dottoressa, cos'è esattamente lo stress cronico e in cosa si differenzia dallo stress acuto?
«Lo stress non è una malattia, ma una risposta funzionale del cervello a stimoli che causano incertezza o che non si è in grado di affrontare. La percezione di un evento potenzialmente stressante è soggettiva, quindi può variare da persona a persona. Di fronte a un evento stressante, il sistema nervoso rilascia nell’organismo ormoni dello stress, quali adrenalina, noradrenalina e cortisolo, responsabili delle modifiche fisiche e comportamentali che permettono all'organismo di affrontare e superare il pericolo.
Adrenalina e noradrenalina determinano un aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e dello stato di attenzione, predisponendo il corpo alla reazione di attacco o di fuga. Il cortisolo è responsabile dell'aumento del rilascio nel sangue di glucosio e lipidi che forniscono l'energia necessaria a sostenere la reazione di attacco o fuga, e la riduzione di alcune funzioni come la digestione, così da assicurare il sostegno ad altri organi vitali come il cervello.
Lo stress è definito cronico quando l’esposizione a fattori di stress è prolungata nel tempo. Può provocare gravi conseguenze come un'aumentata vulnerabilità alla comparsa o all'aggravamento di malattie infettive, autoimmuni, metaboliche, tumorali, psichiatriche nonché predisporre all'ipertensione e all'infarto. Favorire disturbi meno gravi come mal di testa cronico, insonnia, ulcera gastrica, disturbi dell'alimentazione.
Lo stress acuto, invece, si definisce così perché inizia e finisce rapidamente, si verifica solo di tanto in tanto e per un periodo di tempo limitato. In determinate circostanze, lo stress acuto può essere stimolante e motivante, in questo caso parliamo di eustress: a prescindere dalla situazione che lo provoca, permette l'adattamento ai numerosi stimoli fisici e mentali che si ricevono ogni giorno. Eventi stressanti positivi sono, ad esempio, un aumento, una progressione di carriera, un nuovo lavoro, un matrimonio, un figlio, una vacanza...».
Quali sono i segnali d'allarme più comuni che indicano che si sta sviluppando stress cronico o burnout da lavoro?
«La sintomatologia che caratterizzano lo stress e il burnout è simile: stanchezza, ansia, sintomi psicosomatici quali mal di testa, insonnia, disturbi intestinali, aumento dell’abitudine al fumo, chiusura in sé stessi, irritabilità e nervosismo immotivati. Ciò che differenzia il burnout da una condizione di stress, secondo l’OMS, è il fatto che il burnout si riferisce soltanto alla sfera lavorativa e non deve essere esteso alle altre aree della vita. In pratica, non si può parlare di burnout se si è affetti da stress cronico in altre situazioni e ambiti, come quello familiare o relazionale.
Per parlare di burnout sono necessarie tre condizioni:
- Esaurimento emotivo: sensazione di esaurimento mentale o fisico. Ci si sente stanchi, spossati, si ha difficoltà a rilassarsi e a recuperare; manca l’energia per affrontare nuovi progetti.
- Depersonalizzazione: aumento della distanza mentale dal lavoro. Si sperimenta negatività e cinismo relativamente alla propria occupazione; si prova fastidio verso lavoro, colleghi, clienti e si mettono in atto atteggiamenti di distacco e indifferenza nel tentativo di proteggersi da ulteriori delusioni e sofferenze.
- Ridotta performance: cresce la sensazione di inadeguatezza, si riduce la fiducia nelle proprie capacità e in sé stessi; qualsiasi progetto nuovo o attività viene vissuto come fonte di tensione e ansia».
Quali tecniche antistress basate sull'evidenza scientifica possono aiutarci a ridurre stress e ansia nella vita quotidiana?
«Sono numerose le tecniche a disposizione. Ogni persona vive e percepisce lo stress in modo differente, per questo il primo passo è individuare gli eventi quotidiani e il contesto che portano ad attivare la risposta di stress e riconoscere come si manifestano su corpo e mente. Il primo passo, quindi, è la consapevolezza: solo dopo è possibile mettere in atto alcune tecniche antistress.
Ad esempio, molte ricerche hanno dimostrato come l’esercizio fisico abbia un potente effetto antistress. Se fatto con regolarità produce endorfine, sostanze chimiche, capaci di contrastare le sensazioni spiacevoli di stress e generare energia e vitalità. Venti minuti di camminata al giorno e nel verde regalano benefici che durano diverse ore. Un esempio concreto è rappresentato dal Shinrin-Yoku (bagno nella foresta): pratica giapponese di escursionismo, si propone di combattere lo stress, l’infiammazione cronica e il brain rot, il progressivo annebbiamento cerebrale per un eccesso di vita digitale e di sedentarietà, migliorare l’efficienza del sistema immunitario, lenire la stanchezza fisica e mentale, proteggere la flora batterica intestinale.
Un’altra soluzione immediata è la respirazione diaframmatica. Respirare profondamente e lentamente attiva il sistema nervoso parasimpatico, inducendo uno stato di calma e riducendo i livelli di cortisolo. Esistono diverse tecniche di respirazione diaframmatica: si può, ad esempio, uniformare la durata dell’inspirazione e dell’espirazione a 4 o 5 secondi, o raddoppiare la durata dell’espirazione, facendo durare l’inspirazione per 4 o 5 secondi e l’espirazione per 8 o 10 secondi.
Riposare correttamente è una delle strategie più utili ma anche più sottovalutate per combattere i sintomi dello stress. Quando si è sotto stress gli ormoni responsabili dell’attivazione fisiologica (glicocorticoidi) stimolano il cervello rendendo difficile addormentarsi o disturbando le fasi profonde del sonno. Allo stesso tempo, essendo il sonno il momento in cui il cervello si ricarica, la privazione di riposo porta a difficoltà di memoria e concentrazione durante la veglia, esse stesse motivo di stress.
I principali accorgimenti sono dormire almeno sette ore di sonno a notte, creare una routine del sonno prima di coricarsi, mangiare in modo leggero la sera così da non essere nella fase digestiva quando ci si corica e, ancora, dedicarsi ad attività rilassanti nei 90 minuti precedenti all’andare a letto, riducendo sostanze stimolanti come caffè, tè, cioccolato o nicotina prima di coricarsi. Un suggerimento utile è anche quello di creare un ambiente adeguato al riposo, facendo attenzione alla qualità dell’aria, alla temperatura e alla luce.
Infine, le tecniche di rilassamento sono tantissime e tutte si basano su esercizi che, se eseguiti correttamente e con costanza, permettono di abbassare i livelli di stress e indurre uno stato di relax, agiscono sul sistema neuroendocrino rallentando il battito cardiaco, la pressione sanguigna e lo stato di tensione muscolare.
Eccone alcune:
- esercizi di respirazione profonda;
- rilassamento muscolare progressivo;
- visualizzazione guidata: per proiettarsi verso scenari che evocano sensazioni di tranquillità e pace;
- yoga e tai-chi;
- musicoterapia;
- ipnosi e auto-ipnosi;
- aromaterapia;
- meditazione e mindfullness».
In che modo la mindfulness può contribuire a migliorare la nostra resilienza psicologica?
«La mindfullness o “attenzione piena”, indica uno stato mentale di attenzione consapevole rispetto a quello che sta accadendo dentro di noi nel momento presente. Si tratta, cioè, di allenare la capacità di osservazione consapevole riguardo a ciò che esiste nel qui ed ora, siano essi pensieri, immagini, ricordi, emozioni, sensazioni fisiche. Al contrario che in altri tipi di pratiche, il respiro non è utilizzato per produrre rilassamento. L’obiettivo, infatti, non è essere più rilassati, ma più consapevoli. Le esperienze interne non vanno modificate ma osservate in modo non giudicante e con uno sguardo di curiosità, apertura e gentilezza.
Uno dei protocolli più efficaci per la gestione dello stress è il Mindfulness-Based Stress Reduction che mira a sviluppare un nuovo modo di rapportarsi ai propri pensieri e alle proprie emozioni.
La Mindfulness ha un impatto anche sulla resilienza psicologica e nel mondo del lavoro. È dimostrato che chi pratica mindfulness, in azienda tende a essere più calmo e sereno, rispetto ai colleghi che non lo fanno, ha migliore capacità nel rompere vecchi automatismi, a favore di nuovi comportamenti, efficaci anche in momenti difficili, riuscendo a dare priorità alla propria competenza (o a quella dei collaboratori), anziché far affidamento sulla sola autorità. Ha migliori capacità nel risolvere problemi e nel decision making.
Senza contare che la mindfulness è un antidoto al multitasking. Avere la piena consapevolezza del modo di essere e di stare in un contesto lavorativo, va di pari passo con l’attenta analisi dei vissuti emotivi. La mindfulness, in questo, è una risorsa non trascurabile».
È possibile trovare un vero equilibrio vita-lavoro nell'attuale contesto professionale o il "fare troppo" è diventato la norma?
«Senza entrare nel tema del workaholism, l’ossessione per il lavoro, del fare troppo, trascurando relazioni personali, hobby, attività ricreative e spesso perfino i basilari bisogni fisiologici come un adeguato riposo, credo che occorra guardare al problema da una prospettiva differente. Più che cercare l’equilibrio, occorre mirare all’integrazione. Sulla carta è facile separare vita e lavoro, più complesso è accettare, riconoscere e avere consapevolezza del fatto che la vita è fatta di diversi aspetti, attività, compiti, ruoli. E tanto sul lavoro, come al di fuori, la cosa importante è stare bene.
La vera sfida non credo sia tanto o solo quella di trovare un equilibrio ma di guardare alle persone nel loro insieme, ricordandoci che non siamo vita da un lato e lavoro dall’altra. Il vero equilibrio lo si raggiunge integrando i diversi aspetti di sé. E sicuramente questo non è possibile senza un gusto grado di consapevolezza».
Quando è il momento di chiedere aiuto professionale per la gestione dello stress cronico e del burnout e quali sono le opzioni disponibili?
«Quando la situazione al lavoro si fa pesante, parlarne con il responsabile o con le risorse umane può aiutare a contenere il problema e a risolvere criticità sul nascere. Confrontarsi è una ottima strategia per prevenire il burnout. Se non è possibile farlo, o se lo stress cronico e il burnout influenzano fortemente vita, lavoro e relazioni, è più opportuno cercare un aiuto professionale.
Ci si può rivolgere al medico curante o a uno specialista che potrà effettuare una diagnosi ed escludere altri disturbi (ad esempio depressione o fobie). La psicoterapia è un percorso efficace per superare il burnout. Esistono diversi orientamenti tra cui scegliere: cognitivo comportamentale, psicodinamica, sistemico-relazionale, cognitivo interpersonale».
Quali sono le strategie per ricostruire la resilienza psicologica dopo un periodo di stress intenso o burnout?
«È importante non aspettarsi grandi cambiamenti sull’immediato. Meglio concedersi del tempo per recuperare, come si fa in una fase di convalescenza. Unitamente, è utile fare esercizio fisico in modo costante, seguire una alimentazione sana e riposare in modo adeguato.
Ma anche stare nella natura ha i suoi effetti benefici. Uno studio dell'Università di Washington ha dimostrato che già solo stando in una stanza con delle piante si ottiene una diminuzione della pressione e dello stress. Anche ascoltare buona musica ha effetti rilassanti.
Ridere stimola cuore, polmoni e muscoli, e rilascia endorfine che producono un effetto rilassante. Trascorrere del tempo con gli amici più cari, riduce la produzione di cortisolo.
Dedicarsi ad attività ricreative e creative non è da meno. I gesti ripetitivi - come quelli che si fanno per cucire o per fare un vaso di ceramica o gioielli - sono buoni rimedi contro l'ansia. In generale la ripetizione ha effetti magici sullo stress: la ripetizione di una parola, una frase, un movimento, un suono, una preghiera, fanno mettere da parte i pensieri superflui facendoci concentrare sulla ripetizione stessa».
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