La stipsi (o stitichezza) viene comunemente definita non solo in base alla riduzione del numero delle evacuazioni (al di sotto di 3 alla settimana) ma anche da aumento nella consistenza delle feci (dure e frammentate, le cosiddette feci caprine), necessità di intensi sforzi per poter evacuare, presenza di stimoli alla defecazione che risultano però improduttivi e sensazione di incompleto svuotamento del retto.
Attualmente non esistono di fatto definizioni universalmente accettate di questo disturbo, che è sempre più diffuso nella popolazione: si stima infatti che anche nel nostro Paese il 20% circa della popolazione lamenti problemi di stitichezza.
La stipsi costituisce un’importante causa di disagio e determina un peggioramento della qualità della vita, oltre a incidere economicamente con perdita di ore lavorative e utilizzo delle risorse dei servizi sanitari, ma non tutti i pazienti avvertono l’importanza di questo disturbo e per questo solo una parte di essi si rivolge al medico o al farmacista per cercare di alleviare o risolvere il problema.
È invece molto importante inquadrare questo sintomo nella giusta dimensione, ricordando che esso può rappresentare talvolta il segno di malattie anche molto gravi, mentre in altri casi è opportuno evitare un’eccessiva “medicalizzazione” del paziente che lo avvii ad accertamenti o terapie inutili o troppo aggressive.
Cause
Per individuare le cause di stipsi occorre occuparsi non solo del funzionamento del colon e del retto, ovvero degli ultimi tratti dell’intestino, ma anche dello stile di vita che si segue ogni giorno.
In linea generale, la stipsi è provocata da un’alterazione nella progressione delle feci nel colon o nel retto e può dipendere da problemi meccanici, per esempio da restringimenti del lume o dalla presenza di masse che lo occludono, oppure funzionali, ovvero da una riduzione della motilità in assenza di effettive lesioni.
I soggetti affetti da stitichezza riconducibile a veri e propri problemi del colon sono peraltro in numero molto inferiore rispetto a quelli nei quali la causa principale è riconducibile ad abitudini sbagliate, che possono consistere nella ripetuta soppressione volontaria dello stimolo evacuativo (per esigenze sociali o lavorative, ma anche per evitare il dolore provocato nell’evacuazione da problemi anali come una ragade), come (più frequentemente) in un’alimentazione scorretta in quanto troppo povera di acqua e di cibi ricchi di scorie (cereali integrali, legumi, frutta, verdura) o in uno stile di vita troppo sedentario.
Segni e sintomi
Non è sempre facile capire se una persona sia affetta o no da stipsi in quanto, come si è detto all’inizio, ognuno può dare maggiore o minore importanza a un particolare aspetto della defecazione (ritmo, consistenza delle feci ecc.) e inoltre non poche persone ritengono di essere stitiche anche se in realtà il loro ritmo intestinale risulta del tutto normale. Non devono infatti essere considerate patologiche le variazioni occasionali nella frequenza delle evacuazioni (che vengono considerate “normali” da 3 al giorno a 3 alla settimana), così come nel colore o nella consistenza delle feci; ancora, sono del tutto normali un lieve dolore addominale prima o dopo le evacuazioni, così come la necessità di compiere talora degli sforzi evacuativi.
Vi sono invece alcuni sintomi che, se associati alla stipsi, devono indurre a consultare il medico.
L’insorgenza improvvisa di stipsi, per esempio, può essere legata semplicemente a problemi intercorrenti come una prolungata permanenza a letto per altre malattie, un cambiamento dell’ambiente o un viaggio o l’assunzione di alcuni tipi di farmaci, ma può rappresentare talvolta il segno di problemi più gravi, come un’occlusione intestinale parziale o totale oppure la crescita anomala di una massa ostruente (per esempio di origine tumorale) all’interno del colon.
Altri segni di allarme in un soggetto con stipsi sono un’importante riduzione di peso, la presenza di sangue nelle feci o un dolore intestinale intenso e persistente associato al bisogno di evacuare; più grave risulta il ripetersi nel tempo della comparsa di stimolo a evacuare non seguito però da una emissione di feci.
In presenza di questi segni d’allarme è necessario rivolgersi rapidamente al medico.
La stipsi cronica
Non rappresenta invece un’urgenza la stipsi cronica priva di questi elementi di allarme, “stabile” da settimane o mesi o anni; ciononostante, la situazione deve essere sicuramente riferita al medico per essere risolta ed eventualmente valutata in ambito specialistico.
Una condizione di stipsi cronica è dovuta nella grande maggioranza dei casi a una scorretta alimentazione, con uso troppo scarso di acqua e cibi ricchi di scorie, irregolarità nei ritmi dell’evacuazione e sedentarietà eccessiva. Più nello specifico, se ne possono distinguere forme “da rallentato transito” o “da alterato svuotamento rettale”. Nella prima si ha un’alterata progressione delle feci nel colon, mentre nella seconda si ha una difficoltà nell’atto dell’evacuazione e può insorgere una sensazione di incompleto svuotamento o la necessità di uno sforzo eccessivo e talora l’impiego di manovre manuali, come la compressione dell’addome o addirittura l’estrazione delle feci con l’aiuto delle dita.
In alcuni casi la stipsi cronica si può sovrapporre alla sindrome del colon irritabile, dalla quale deve essere però, se possibile, distinta. I pazienti che risultano affetti da tale sindrome e soffrono anche di stipsi dovrebbero consultare il medico.
Diagnosi
Per consentire la diagnosi di stipsi bisogna riferire al medico il maggior numero possibile di particolari sui disturbi accusati e, con la massima precisione possibile, le caratteristiche delle feci (consistenza, colore), la frequenza delle evacuazioni (chiarendo in particolare se recentemente vi sono state variazioni rispetto alle abitudini normali), la presenza di sangue visibile, l’eventuale utilizzo abituale od occasionale di farmaci per favorire le evacuazioni, la concomitanza di altre malattie o terapie con farmaci.
Sulla base di queste informazioni e della valutazione dell’addome e dell’ano-retto (in genere anche tramite l’esplorazione digitale) il medico deciderà l’opportunità di effettuare accertamenti più approfonditi: in particolare, egli farà eseguire ulteriori accertamenti in presenza di segni di allarme (per esempio la presenza di sangue nelle feci consiglia fortemente l’esecuzione di una colonscopia) e per definire il tipo di stipsi (da rallentato transito oppure da alterazione della defecazione). In linea di massima, il medico prescrive un primo trattamento per la stipsi (che consiste nell’aumentare l’apporto di liquidi e fibre), quindi rivede il paziente dopo un paio di settimane per disporre di un numero maggiore di elementi e decidere se sono necessari ulteriori accertamenti.
Gli esami diagnostici oggi disponibili consentono di valutare la presenza di alterazioni della motilità intestinale (radiografia diretta, transito del colon, biopsia rettale) o della defecazione (espulsione del palloncino, manometria anorettale, defecografia).
Lo studio radiografico dei tempi di transito del colon prevede l’ingestione da parte del paziente di piccoli marcatori radiopachi (per esempio sferette), che vengono espulsi più o meno rapidamente a seconda dell’efficienza della motilità intestinale; durante il periodo di tempo in cui questi “marcatori” si trovano nel colon vengono effettuate delle radiografie per studiare la motilità dei diversi tratti; il tempo normale di espulsione è di circa 30-35 ore.
La biopsia rettale può essere utile in alcuni casi per lo studio della motilità intestinale e viene effettuata nel corso di un piccolo intervento chirurgico; è necessario infatti prelevare un campione piuttosto spesso di parete colica (le biopsie che vengono effettuate durante una colonscopia, per esempio, sono troppo superficiali); la successiva valutazione al microscopio consente, in particolare, di evidenziare eventuali alterazioni dei neuroni che innervano il colon, responsabili della trasmissione dell’impulso che consente a quest’organo di muoversi.
La manometria anorettale consente di studiare, tramite piccole sonde o dispositivi come palloncini gonfiabili a diverse dimensioni, introdotti nel retto, la sensibilità e la capacità del retto e dell’ano di contrarsi, ovvero degli elementi basilari dell’atto della defecazione.
Terapia
Una stipsi acuta, non pre-esistente e di recente insorgenza, per la quale il medico escluda malattie concomitanti che possano esserne all’origine, è spesso un fatto momentaneo che tende a risolversi spontaneamente con la scomparsa della causa scatenante e con l’uso sporadico di un prodotto che favorisca l’evacuazione (lassativo).
La terapia della stipsi cronica ha lo scopo di regolarizzare le evacuazioni e di alleviare i disturbi eventualmente presenti, come lo sforzo eccessivo, il gonfiore addominale e la sensazione di incompleto svuotamento rettale.
Il primo e fondamentale trattamento consiste in un aumento dell’apporto di acqua da bere (che deve aggirarsi intorno ai 2-3 l al giorno); può essere utile in genere anche un aumento dell’attività fisica ma è fondamentale aumentare le fibre alimentari, sempre ricordando però che un aumento delle fibre non accompagnato da un’adeguata assunzione di liquidi può anche peggiorare la situazione! È spesso utile integrare le fibre della dieta (pane integrale, legumi, frutta e verdura) con integratori di fibre solubili (disponibili come preparati farmaceutici) ed eventualmente di probiotici (comunemente definiti fermenti lattici). È sconsigliata invece, se possibile, l’assunzione in modo regolare di lassativi irritanti o stimolanti (per esempio a base di bisacodile o contenenti la senna), che possono risultare parzialmente lesivi.
In caso di rallentamento del transito documentato con gli esami diagnostici prima illustrati, è possibile utilizzare anche farmaci che stimolano la motilità colica (per esempio il tegaserod, che però non è disponibile in Italia ed è stato temporaneamente ritirato dal commercio per approfondirne il profilo di sicurezza di assunzione).
Qualora invece il problema consista più in un’alterazione della defecazione, si rivelano spesso utili apposite stimolazioni ed esercizi (il cosiddetto biofeedback), che consentono di ripristinare una regolare funzione del pavimento pelvico e dello sfintere anale. Nei (fortunatamente rarissimi) casi di stipsi molto ostinata, che non sia risolvibile con le terapie sopra esposte e risulti correlata a importanti alterazioni della motilità colica e della defecazione, può essere preso in considerazione un intervento chirurgico di resezione del colon. [E.G.]