Dispareunia, cause e soluzioni nella donna fertile e in menopausa

È un problema sommerso, di cui si parla poco per il comprensibile imbarazzo. Eppure la dispareunia è diffusa a ogni età. Ecco tutte le soluzioni



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Per alcune donne le gioie del sesso sono ben poco gioiose. Rigide come statue, vivono l’atto più antico del mondo con una certa apprensione perché spogliato della sua nota di fondo: il piacere. Al posto di amplessi appaganti e di orgasmi travolgenti, ecco farsi strada tra le lenzuola una vera e propria patologia pronta a rovinare l’intesa di coppia: la dispareunia, ovvero il dolore durante i rapporti sessuali. Un problema che può colpire la donna a ogni età, anche se è dopo la menopausa che raggiunge punte del 40%. Ma quali sono le ragioni per cui un atto improntato al piacere fisico e mentale si trasforma nell’esatto contrario, in una fonte di dolori, bruciori e tensioni muscolari?

«Innanzitutto bisogna distinguere tra la dispareunia superficiale, con o senza vulvodinia (il dolore alla vulva, la parte più esterna della vagina), e la dispareunia profonda», premette la professoressa Rossella Nappi, ginecologa e sessuologa, ordinario di ostetricia e ginecologia all’Università di Pavia-Policlinico San Matteo.

«La forma superficiale comporta un dolore bruciante all’imbocco della vagina, proprio all’inizio della penetrazione. Superato l’introito vaginale, che è un po’ la porta d’ingresso, le sensazioni dolorose possono scomparire e la donna può liberamente abbandonarsi al piacere. La dispareunia profonda, invece, si riferisce al dolore che la donna prova durante la penetrazione nel profondo della vagina, a livello del fornice vaginale, dello scavo pelvico e, a volte, del collo dell’utero».

Premesso ciò, ecco le strategie antidispareunia nella donna fertile e in quella che ha già superato la boa della menopausa.


A 20-30 anni: se i guai sono alla porta d’ingresso

Se l’amore fa rima con dolore anche da giovani occorre non indugiare e affidarsi alle mani di una brava ginecologa. «Nelle donne in età fertile la dispaureunia superficiale può essere dovuta a vulvovaginiti ricorrenti che provocano una forte infiammazione del vestibolo vaginale e del terzo esterno della vagina», spiega la professoressa Rossella Nappi.

«Durante la visita ginecologica, corredata da tampone vaginale e da vulvoscopia (l’ispezione della vulva con uno strumento ottico), si possono ravvisare i segni di un’infezione recidivante da Candida Albicans, responsabile dell’intenso prurito e bruciore alle mucose, o di una bartolinite, che interessa le cosiddette ghiandole del Bartolino. Sono queste delle ghiandoline piccole e arrotondate situate nella vulva, ai lati dell’orifizio vaginale, che non di rado vanno incontro a processi infiammatori. Naturalmente ci possono essere altre infezioni, ma candidosi e bartoliniti sono le più comuni.

Bisogna inoltre ricordare che i trattamenti laser a cui la donna si sottopone per “bruciare” i condilomi dovuti alla presenza dell’HPV (Human Papilloma Virus, una malattia a trasmissione sessuale), possono sensibilizzare le mucose dei genitali esterni, renderle fragili e sensibili agli stimoli meccanici legati sì alla penetrazione, ma anche agli assorbenti interni, ai jeans attillati o al sellino della bicicletta. Ci sono donne, infatti, che non riescono nemmeno a infilarsi un tampone senza provare fastidio, irritazione e dolore alle piccole e grandi labbra».


Quando il dolore è nel profondo

Circa la dispareunia profonda, le cause sono molteplici: malformazioni congenite, come l’utero retroverso o bicorne, fibromi uterini, cerviciti (infezioni della cervice uterina), annessiti (infiammazioni delle tube di Falloppio che perdono la loro mobilità) e, non ultima, l’endometriosi, cioè la proliferazione del tessuto che riveste la cavità uterina, chiamato endometrio, in sedi anomale come le ovaie, le tube, il peritoneo e l’intestino.

«L’endometriosi è una patologia subdola che colpisce sempre più donne. Durante la penetrazione profonda, specie in certe posizioni, è facile avvertire un dolore accentuato dai movimenti: è dovuto alle cisti ovariche e/o alle aderenze cicatriziali che la malattia provoca. Invece di provare piacere, la donna sente “tirare” nei punti di giunzione degli organi genitali e le sensazioni sgradevoli non fanno che amplificare la percezione del dolore».

Infine la dispareunia può essere dovuta a squilibri ormonali, come un deficit di estrogeni frequente nelle donne molto magre, che sono sul filo dell’anoressia e hanno un ciclo irregolare, oppure in quelle che assumono una pillola anticoncezionale a bassissimo dosaggio. Altre volte sono gli androgeni, gli ormoni dell’eccitazione sessuale e del desiderio, a essere carenti.

«Spetta al medico scoprire l’origine dei rapporti dolorosi», precisa Rossella Nappi. «E ovviamente la cura dipenderà dalla causa. In caso di infezioni verrà prescritta una terapia per debellare il germe, in caso di endometriosi le opzioni sono diverse, per malformazioni congenite e fibromi si può ricorrere alla chirurgia mininvasiva, mentre gli squilibri ormonali si curano con i farmaci o correggendo il dosaggio della pillola anticoncezionale. Da segnalare l’ossigeno-ozonoterapia senza aghi e l’elettroporazione. In entrambi casi si tratta di veicolare nella profondità delle mucose vaginali dei principi attivi: acido ialuronico, vitamina E e aloe vera (idratanti e riepitelizzanti), unitamente a molecole farmacologiche dall’effetto antinfiammatorio, analgesico, miorilassante e persino anestetizzante, se il dolore è così forte da impedire persino la stimolazione manuale. Nel caso dell’ossigeno-ozonoterapia queste molecole terapeutiche vengono “spruzzate”, in modo assolutamente indolore, da un manipolo che eroga getti di ossigeno, mentre nell’elettroporazione sono delle correnti elettriche a bassa intensità, e perciò non percepite, a favorire la penetrazione degli attivi».


Over 50: secchezza in agguato

La dispareunia in menopausa è causata dall’atrofia vaginale, una condizione dovuta al crollo degli estrogeni che provoca secchezza, a volte con una fastidiosa sensazione di prurito, e scarsa lubrificazione anche in presenza di desiderio intenso (come se il corpo non rispondesse più ai “comandi”). A volte il quadro è corredato da cistiti e vulvovaginiti ricorrenti, dovute all’assottigliamento dell’epitelio che ricopre il tratto genito-urinario e che diventa più vulnerabile all’attacco di virus, funghi e batteri.

Che fare, dunque? «La risposta varia da donna a donna. Se l’atrofia vaginale non è l’unico sintomo della menopausa ma è associata ad altri disturbi che impattano negativamente sulla qualità della vita (vampate, depressione, sbalzi d’umore, osteoporosi, perdita di capelli) occorre valutare la Tos, la terapia ormonale sostitutiva. L’importante è che non vi siano controindicazioni come la presenza di tumori ormono-dipendenti (mammella, endometrio) o la familiarità per il carcinoma mammario», precisa la professoressa Rossella Nappi.

«Se invece la donna lamenta “solo” l’atrofia vaginale, ma per il resto ha una menopausa dolce, si prescrivono delle terapie locali come gel, creme, ovuli e candelette con una bassa percentuale di estriolo o di estradiolo. Naturalmente, per lubrificare le mucose e ritrovare il piacere perduto, si possono usare anche gli ormoni naturali, come i fitoestrogeni derivati dalla soia e dal trifoglio rosso (sia per bocca sia localmente) o ormoni bioidentici, cioè uguali a quelli prodotti dal corpo umano, estratti sempre dalla soia, dalla patata dolce o dalla dioscorea villosa».

Vi sono però donne che aborriscono la parola “ormoni”, che siano di sintesi o naturali. In questi casi, oltre ai soliti gel lubrificanti (a base di acido ialuronico, vitamine, colostro bovino, bava di lumaca o sericina), si possono usare la radiofrequenza medicale e la laserterapia. «La prima utilizza una sonda, da inserire in vagina, che emette onde-radio », spiega Rossella Nappi. «Gli impulsi elettromagnetici producono un effetto termico che stimola la sintesi di collagene e, di riflesso, l’elasticità e lo spessore delle mucose. Il laser C02 frazionato, invece, è di tipo ablativo: non si limita a generare calore ma, spot dopo spot, determina una leggerissima abrasione delle mucose in modo da stimolarne la rigenerazione (per questo occorre far passare un mese tra una seduta e l’altra). Quando usare l’uno o l’altro? Dipende dal grado di atrofia vaginale. Chi ha una secchezza moderata, può iniziare con la radiofrequenza, un po’ meno aggressiva del laser, riservando quest’ultimo ai casi più severi».


Dispareunia, può essere colpa dei muscoli

Sperimentare la bellezza dei sensi è impossibile se sei tesa come una corda di violino. Spesso, infatti, il dolore origina da un ipertono muscolare: interessa i muscoli che compongono il pavimento pelvico, tra cui l’elevatore dell’ano e il pubococcigeo, ma anche i legamenti utero-sacrali che vanno dalle ultime vertebre della colonna fino alla cervice uterina.

«Il ginecologo se ne accorge perché appena fa il PC test (un check manuale per testare la capacità di contrazione e rilassamento dei muscoli perivaginali), la paziente si irrigidisce subito», avverte la professoressa Rossella Nappi. «Le cause dell’ipertono possono essere legate a un eccesso di attività fisica in palestra, a problemi di natura psicologica o anche a un riflesso di difesa dal dolore. Se la donna sa che durante il rapporto avvertirà male, istintivamente si chiuderà a riccio al primo tocco. Come se ne esce? Con farmaci miorilassanti, una terapia di supporto psicologico e un programma di fisioterapia per rieducare i muscoli del pavimento pelvico».


Ringiovanisci anche "lì" grazie alle staminali

Si chiama Seffigyn e sfrutta la forza rigeneratrice delle cellule staminali mesenchimali, estratte dal proprio grasso, per curare l’atrofia vaginale.

«Anche i genitali invecchiano: le mucose diventano sottili e pallide, e le grandi labbra perdono elasticità e turgore», spiega Martina Mantovani, ginecologa al Poliambulatorio Chirurgico di Modena. «Con Seffigyn riportiamo indietro le lancette dell’orologio. La procedura ambulatoriale prevede, previa anestesia locale, il prelievo di una piccola quantità di grasso dall’addome, dalle cosce o dai fianchi. Viene aspirato con una microcannula a una profondità non superiore ai 15 mm perché è qui che il grasso ha una maggiore concentrazione di cellule staminali e di fattori di crescita. L’adipe viene fatto decantare con soluzione fisiologica, lavato e fluidificato. Quindi è pronto per essere impiantato a livello vaginale con un ago sottile».


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