Un test per valutare il rischio suicidio

Una app e un esame ematico potrebbero rivelare in anticipo la percentuale di rischio per suicidio, nei pazienti affetti da disturbi psicologici o psichiatrici



Alcuni pazienti, come quelli affetti da disturbo bipolare, da depressione maggiore, ma anche da altre condizioni psichiatriche, sono ad alto rischio suicidio: anche molti dei farmaci che vengono assunti nella cura di queste malattie aumentano il rischio di ideazione suicida.

Poter sapere in anticipo e con certezza quali pazienti potrebbero mettere in pratica l’insano gesto, potrebbe aiutare a prevenire numerose tragedie familiari.


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Uno studio pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry ha evidenziato come esistano dei particolari marcatori biologici (rilevabili con un semplice esame del sangue) e delle risposte specifiche in questionari appositamente formulati, che possono rivelare anche con un anno di anticipo qual è la probabilità di suicidio in determinati pazienti. Lo studio è stato realizzato prendendo in esame 217 pazienti psichiatrici.

Gli autori dello studio hanno formulato un apposito questionario in formato “app”, dalla cui combinazione con i risultati di alcuni esami clinici, sono riusciti a individuare, fra il campione iniziale con un’affidabilità del 92% (e punte del 98% fra i pazienti affetti da disturbi bipolari), 37 pazienti che, nel corso del tempo, hanno sviluppato la precisa volontà di togliersi la vita.

La combinazione dei dati, inoltre, ha permesso di stabilire quali pazienti avevano più probabilità di essere ricoverati in ospedale l’anno successivo per tentato suicidio.

I questionari formulati come “app” sono degli strumenti molto innovativi e validi, che ben si prestano ad essere somministrati anche nei pronto soccorso o nei luoghi dove questi pazienti possono giungere, anche in assenza di problematiche che inducano esplicitamente a pensare l’intenzione di suicidarsi.

I marcatori biologici che invece si correlano al rischio suicidio, devono ancora essere opportunamente perfezionati.

I dati a disposizione evidenziano come, sebbene i casi di depressione aumentino con il freddo e l’inverno, i suicidi hanno un’impennata di rischio nella tarda primavera e nei mesi estivi, anche se secondo alcuni la stagionalità influenza sempre meno chi decide di farla finita.

Analogamente non risulta sempre vero il fatto che chi proclama di volersi suicidare poi non lo fa: ogni manifestazione del pensiero di una morte autoinflitta infatti va valutata con grande attenzione.

«Crediamo che l'adozione diffusa di test predittivi di rischio sulla base di questi risultati consentirà ai medici di intervenire con i cambiamenti dello stile di vita o con trattamenti che possono salvare vite umane» ha commentato il dottor Alexander Niculescu, professore di Psichiatria e Neuroscienze medica presso la Indiana University School of Medicine. 

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