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Sindrome della mano aliena: cos’è come si riconosce e si cura

Il sintomo più evidente della sindrome della mano aliena è l’incapacità di controllarla: la mano agisce in maniera indipendente rispetto alla volontà. Per fortuna si tratta di una condizione rara, da non confondere con tremori o altri movimenti involontari

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Chi ha visto il film di Stanley Kubrick ricorderà il bizzarro dottor Stranamore, uno scienziato folle ed eccentrico la cui mano destra – coperta da un inquietante guanto di pelle nera – tenta occasionalmente di strangolarlo oppure effettua il saluto nazista, come se fosse animata da una volontà propria. Questo personaggio porta un esempio cinematografico della cosiddetta sindrome della mano aliena, un raro disturbo neurologico caratterizzato dalla perdita di controllo di una delle due mani, che diventa “ribelle”. «A differenza di quanto avviene nel film di Kubrick, solitamente è la mano sinistra a essere interessata dal problema», specifica il professor Fabio Cirignotta, neurologo alla Clinica Privata Villalba di Bologna. «I movimenti sfuggono alla volontà del paziente, ma sono apparentemente finalizzati a uno scopo che talvolta è banale, come manipolare un oggetto, talvolta invece è bizzarro, come nel caso del dottor Stranamore».


Come riconoscere la sindrome della mano aliena e le cause

Il nome, sindrome della mano aliena, fa riferimento al fatto che il paziente non riconosce la mano anarchica come propria, ma la considera estranea, aliena appunto, come se indossasse una protesi meccanica che si muove senza offrire la possibilità di controllo. «Alla base del problema possono esserci diverse cause: lesioni del lobo frontale, per esempio un ictus nel territorio dell’arteria cerebrale anteriore; lesioni o tumori del corpo calloso, l’area situata in mezzo al cervello che collega i due emisferi cerebrali; lesioni vascolari del circolo arterioso posteriore, che possono interessare il talamo o la regione parieto-occipitale», racconta l’esperto. Talvolta, la problematica può essere temporanea e limitarsi alla fase acuta della lesione, per poi regredire gradualmente in maniera spontanea.

La sindrome della mano aliena è stata osservata anche in patologie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer o nell’encefalite di Creutzfeld-Jacob, più nota come morbo della mucca pazza, ma in ogni caso si tratta di fenomeni estremamente rari. «I meccanismi neurofisiologici della mano aliena non sono stati del tutto chiariti. In genere, viene considerata l’espressione di un disturbo delle connessioni interemisferiche, ma c’è anche chi ipotizza un’alterazione di uno specifico sistema di controllo sui movimenti bilaterali delle mani che regola le priorità, attivando una mano e contemporaneamente inibendo l’altra, in modo che non vadano in antagonismo», illustra l’esperto.


Come si manifesta, i sintomi

A seconda della sede in cui è presente la lesione, la sindrome della mano aliena può presentare sintomi differenti. Per esempio, la variante anteriore è associata al cosiddetto “groping” (annaspare, brancolare), cioè la mano del paziente sembra cercare continuamente degli oggetti sul tavolo o nello spazio oppure li afferra, li manipola, li palpeggia in maniera compulsiva.

«Nella variante callosale, invece, si verifica un conflitto intermanuale, in cui la mano anarchica agisce contro l’altra sana, magari afferrandola per impedirle un certo movimento oppure rimuovendo un oggetto appena posato su un piano di lavoro o sbottonando il bottone della camicia appena abbottonato», spiega il professor Cirignotta. «Infine, la variante posteriore è caratterizzata dal fenomeno della levitazione, vale a dire il sollevamento improvviso del braccio in maniera casuale, a riposo oppure in associazione a determinati gesti o situazioni: camminando, tossendo, in occasione di rumori improvvisi».


Attenzione a non confondere con altri disturbi della mano

Questa sindrome non va confusa con altri disordini del movimento molto più frequenti, come i tremori oppure le coree, ovvero movimenti involontari anomali, rapidi, aritmici e non sopprimibili, simili a scatti. «Mentre questi movimenti non hanno uno scopo preciso, quelli della mano aliena sono apparentemente finalistici, perché svolgono un’azione precisa», precisa il professor Cirignotta. «La mano aliena si distingue anche dal ballismo, un altro disturbo legato a lesioni vascolari del tronco cerebrale, in cui il paziente compie improvvisi, violenti e involontari movimenti di slancio del braccio o della gamba, come se li gettasse nel vuoto».


Come si cura

Attualmente non esiste un protocollo di cura standardizzato per questa sindrome, perché qualunque intervento va sempre personalizzato in base alla situazione individuale. Per esempio, se il disagio è pesante e persistente, i sintomi possono essere ridotti e contenuti “bloccando” la mano aliena con guanti o tutori che ne impediscano i movimenti.

«Si può anche ricorrere a iniezioni di tossina botulinica per “paralizzare” l’arto oppure a benzodiazepine dall’effetto miorilassante, ma molto efficaci sono soprattutto le tecniche cognitivo-comportamentali che possono essere apprese durante un programma specifico di riabilitazione che insegna a gestire le più comuni situazioni quotidiane, “addestrando” l’arto anarchico o tenendolo occupato con oggetti per renderlo meno problematico», conclude il professor Cirignotta. «Allo stesso tempo, il paziente viene educato ad accettare la propria condizione e questo aiuta ad affrontare quegli stati di ansia, depressione e disagio che possono manifestarsi nei comuni contesti sociali, dove il confronto con gli altri può creare imbarazzo».


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