Sindrome dell’intestino gocciolante (permeabile): sintomi e cura

Porosa e piena di falle, la parete dell’intestino non è più in grado di svolgere il compito di filtrare le sostanze nocive. Così entrano in circolo e combinano guai. Ecco come ripararla



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Immagina una sciarpa fatta a maglia che, a seguito di molti lavaggi, inizia a mostrare dei punti allargati come se la lana si fosse “rilassata”. La stessa cosa accade al nostro intestino, quando subentra la leaky gut syndrome (sindrome dell’intestino gocciolante), una trama allargata che lascia passare anche quello che non dovrebbe. Più che una malattia si tratta di una disfunzione che interessa milioni di persone e ha una genesi multifattoriale, nel senso che le cause in gioco sono numerose, a cominciare dalle diete e dagli stili di vista scorretti.

L’alterazione della barriera intestinale, e della sua funzione di filtro, comporta un allentamento delle cosiddette “tight junctions”, le giunzioni che tengono unite le cellule della barriera intestinale (enterociti). Di conseguenza la barriera non è più integra e compatta ma si formano dei piccoli interstizi attraverso i quali passano sostanze che dovrebbero, invece, essere stoppate. Così, mentre in un intestino sano quest’argine ha una permeabilità selettiva, lasciando passare solo le micromolecole dei nutrienti, in presenza di “falle” passano anche molecole più grandi, come scorie metaboliche e tossine, che riescono a entrare nel flusso sanguigno causando non pochi guai.


Le cause dello sgocciolìo

I più recenti studi sostengono, infatti, che la permeabilità intestinale sia responsabile del 50% delle malattie croniche.

Ma perché le “tight junctions” diventano meno strette e occludenti, mostrando delle “smagliature”? «Le alterazioni di barriera sono un male moderno legato, per esempio, all’abuso di farmaci», risponde la dottoressa Rachele Mauro, specialista in gastroenterologia e in malattie del fegato e del ricambio, esperta in medicina integrata a Roma.

«Tutti i farmaci sono sotto accusa, se assunti per lunghi periodi: antibiotici, cortisonici, antinfiammatori, psicofarmaci e lassativi, soprattutto a base di antrachinoni. Aumentano la permeabilità intestinale anche la carenza di vitamina D, gli alcolici, le diete troppo ricche di zuccheri semplici, che causano eccessiva fermentazione, e quelle iperproteiche come la chetogenica, che favoriscono i fenomeni di putrefazione intestinale. Inoltre, fumare, vivere in un ambiente inquinato e pieno di polveri sottili, abitare sopra i 2000 metri di altitudine o dedicarsi a un’attività fisica anaerobica troppo intensa, non intervallata da fasi di recupero, può causare ipossia cellulare, cioè carenza di ossigeno all’interno degli enterociti che entrano in uno stato di sofferenza. Anche la concentrazione di ossigeno, infatti, è uno dei fattori che modula la permeabilità dell’intestino che, lo ricordiamo, rappresenta la più grande barriera interno/esterno, ricoprendo il 75% della superficie corporea».


I nemici che passano la frontiera

Grazie alla permeabilità intestinale, valicano la barriera tossine esogene, come pesticidi, coloranti e conservanti, ma anche parti di batteri, alcuni dei quali penetrano dall’esterno mentre altri sono “interni”, poiché derivano dai residui fecali presenti nel colon. Da questi si staccano piccoli frammenti chiamati lipopolisaccaridi (LPS), che sono appunto componenti della membrana cellulare dei batteri Gram-negativi. Oltrepassando indisturbate la “frontiera”, tutte queste sostanze dannose vengono assorbite dal plesso sottomucoso, che si trova fra le pareti dell’intestino e il torrente circolatorio, e da lì entrano nel flusso sanguigno.

«Proprio sotto le mucose, è presente una grande concentrazione di cellule del sistema immunitario, che fanno da sentinella alle sostanze filtrate», prosegue la dottoressa Rachele Mauro. «Per colpa di questa eccessiva permeabilità, tali “vigilantes” sono sempre in stato di allerta, determinando sia un’iperattivazione sia una disregolazione del sistema immunitario, oggettivamente rilevabile con l’aumento delle citochine proinfiammatorie. Facendo degli esami del sangue specifici, infatti, si può constatare un aumento delle interleuchine (la 6, la 17, la beta 22, la 4 e altre ancora), che segnalano la cosiddetta “low grade chronic inflammation”, l’infiammazione cronica di basso grado».


Dal diabete all’Alzheimer

La permeabilità alterata della mucosa intestinale è, purtroppo, una situazione molto diffusa ai giorni nostri che, al momento, provoca un po’ di pancia gonfia, meteorismo o piccoli fastidi addominali, ma a lungo andare è responsabile di patologie più gravi perché dall’intestino partono dei processi infiammatori che si propagano a tutto l’organismo. Qualche esempio?

«Conseguenza dell’infiammazione generale, che resta a lungo asintomatica o paucisintomatica, è l’aumento in circolo dei radicali liberi e del danno ossidativo cellulare, con conseguente degenerazione degli organi e dei tessuti », risponde la dottoressa Mauro. «Non è tanto il colesterolo in sé a far danni, per esempio, ma l’ossidazione della sua frazione LDL (quella “cattiva”), che forma le pericolose placche tipiche dell’aterosclerosi. Anche il diabete, le allergie, le malattie autoimmuni o il precoce instaurarsi di malattie neurodegenerative come il Morbo di Alzheimer e il Parkinson vengono oggi associate al problema di fondo della permeabilità intestinale».


Così ristabilisci lo sbarramento

Come correre ai ripari e riuscire a “stringere i rubinetti”, restituendo alle giunzioni la loro preziosa funzione di sbarramento? Innanzitutto occorre ridurre l’assunzione di farmaci allo stretto indispensabile, evitando di ricorrere ad antinfiammatori o antibiotici al primo starnuto.

«Poi è bene correggere la dieta, eliminando i cibi della cosiddetta “western diet” (merendine, dolciumi, patatine e chips in busta), gli alcolici e gli alimenti trasformati come insaccati, carne e legumi in scatola, pane e pizza surgelati e piatti pronti da riscaldare al microonde, come le zuppe industriali», avverte la dottoressa Rachele Mauro.

«Vanno preferiti i cibi freschi, il pesce e la carne bianca, i carboidrati integrali e le verdure di stagione ricche di fibre prebiotiche, come l’inulina, che “nutre” la flora batterica intestinale buona. Tra le verdure più ricche di questa sostanza spiccano cicoria, carciofi, porri e cipolle. Inoltre, bisognerebbe controllare periodicamente la concentrazione di vitamina D, il cui valore ideale è compreso tra i 40 e i 60 ng/ml: sotto, va integrata.

Infine, è bene aborrire il fumo, anche quello passivo, dedicarsi con regolarità a un’attività fisica aerobica e tenere sotto controllo lo stress con qualche disciplina rilassante (yoga, stretching, meditazione, ginnastica posturale o massaggi), perché l’intestino è un grande fabbrica di ormoni e neurotrasmettitori del benessere, quali la serotonina, oltre a essere il principale organo del sistema immunitario. Se poi il test della zonulina, disponibile in molti laboratori-analisi e farmacie, conferma la diagnosi di permeabilità intestinale, è consigliabile assumere per 3-4 mesi degli integratori specifici, che hanno dimostrato di favorire la rigenerazione della mucosa intestinale».


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