Perché la serie tv “Doc – Nelle tue mani” piace anche ai medici

La Federazione dell’Ordine l’ha promossa per serietà e gli spettatori per realismo e umanità. Ecco i segreti della fiction che ha saputo toccare anche i grandi temi della Sanità



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Argentero? Bravo, bello, amatissimo ma… non basta. Se vuoi fare una serie sui medici (per di più italiani) che non si limiti a una telenovela in camice e desideri competere con i giganti stranieri del settore, da E.R. - Medici in prima linea all’infallibile Dr. House, ci vuole molto di più. Innanzitutto una storia vera alla quale ispirarsi, come quella di Pierdante Piccioni (leggi l’intervista sotto), che ha ricalcato la figura del primario Andrea Fanti, alias Luca Argentero. Poi un rigore scientifico in quello che si vede, senza inventarsi nulla, annoiare o finire nel déjà vu delle diagnosi impossibili.

Infine, e questa è una trovata made in Italy, riuscire a inserire i grandi temi della Sanità post-Covid e far conoscere al pubblico figure cruciali, ma di solito “dimenticate”, come quelle del direttore generale e sanitario di un grande ospedale, in conflitto fra budget, spesa da SSN e bisogni reali dei pazienti.

Insomma, a Doc - Nelle tue mani non manca nulla, tanto che il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, l’ha descritta alla Adnkronos Salute come “serie avvincente, perché segue uno schema logico deduttivo, con indizi e prove, come fosse la ricerca del colpevole di un film giallo”, sottolineando l’importanza della presenza di consulenti medici (fra i quali lo stesso Piccioni) e lo spazio dato all’etica professionale. Ma per svelare i segreti del nuovo dottore più amato dagli italiani ne abbiamo parlato con chi lo ha “costruito”, gli sceneggiatori Francesco Arlech e Viola Rispoli.


Una fiction credibile

Basta guardare una puntata per capire che Doc, come hanno detto i medici “veri”, è un buon mix fra scienza e umanità.

«Per noi il consulente scientifico è stato fondamentale, tanto che lo stesso Pierdante Piccioni, il medico dalla cui storia trae spunto Doc, è stato presente e ha fatto anche qualche cameo sia come paziente sia come curante. La credibilità è stata sempre cruciale per noi», spiega Viola Rispoli. «Il professor Raffaele Landolfi poi, ex primario di medicina interna, legge tutte le sceneggiature e ci ha aiutato a costruire le diagnosi dei vari episodi passo dopo passo. E sul set sono presenti deimedici specializzandi che intervengono anche sulla messa in scena, dai movimenti più tecnici all’esecuzione degli esami, suggerendo e correggendo. Ecco perché i risultati si vedono e ci ha fatto un grande piacere il parere della Fnomceo», aggiunge Francesco Arlech.

«I consulenti ci pigliano in giro perché dicono che ormai ci siamo conquistati la laurea honoris causa in medicina!», sottolinea Rispoli.


Rigore ed empatia

In una puntata un ragazzo viene salvato perché il dottor Fanti-Argentero, da un semplice livido sulla schiena riesce a capire, con diversi esami mirati, che facendo agopuntura da “un’amica di mamma”, molto brava per i dolori, nel paziente è penetrato un frammento dell’ago utilizzato. Questo, “viaggiando” nell’organismo, ha raggiunto un organo vitale, mettendo a rischio la stessa vita del giovane. «L’agopuntura è una medicina seria e millenaria che si fa da anni anche in ospedale, ma per noi è stato importante sottolineare, con l’occasione, che bisogna sempre rivolgersi a professionisti seri e titolati, e che passaparola e fai da te possono essere molto pericolosi. Il caso in questione, dal quale parte tutta l’investigazione medica che arriva alla punta dell’ago, è successo davvero a un nostro consulente, che poi ha seguito anche il trucco di scena per riprodurre la lesione sulla schiena in modo corretto. Spesso siamo partiti proprio da storie vere», racconta Arlech.

Fanti-Argentero, inoltre, riesce a capire il vero problema perché instaura un dialogo con il paziente, che è poi la famosa compliance di cui si parla tanto in Sanità come mezzo non solo per fare l’anamnesi giusta e umanizzare il rapporto medico-ammalato, ma anche per garantire l’aderenza alla terapia, fattore non meno importante per guarire.

«Il dottor Fanti è capace di usare l’empatia come lente di ingrandimento per setacciare la storia del paziente, cogliendo quei dettagli che sono decisivi per la risoluzione del problema; per fare questo io e Viola abbiamo utilizzato i principi della medicina narrativa, che si basa appunto sul racconto del paziente», precisa Arlech. «Abbiamo raccontato medici veri, non infallibili e ognuno con le proprie debolezze, non eroi ma con il faro della missione medica profondamente interiorizzato », aggiunge Rispoli.


Dentro all’ospedale

Il dottor Fanti è primario di medicina interna all’immaginario policlinico Ambrosiano di Milano (ma la serie è girata al Campus Biomedico di Roma), un grande ospedale con tutti i problemi della Sanità reale. «Per questo abbiamo parlato anche con i direttori amministrativi e sanitari e li abbiamo rappresentati in tv, per raccontare il difficile equilibrio fra necessità dei pazienti e il far quadrare i costi nel Sistema Sanitario», sottolinea Rispoli. «Al centro di Doc ci deve essere il paziente ma non volevamo fare finta che tutto è semplice e “gratis”, che i problemi di budget sono irrilevanti», dice Arlech.

Lo si vede quando Fanti dimentica le raccomandazioni dell’ammministrazione e prescrive l’ennesima Tac che in quel momento sembra un eccesso di zelo, ma poi si rivelerà decisiva. E, in fondo, come dice il protagonista, fa anche liberare un letto al momento giusto e risparmiare al SSN i costi di una probabile lunga malattia cronica.

E i baroni di una volta, i cinici chirurghi bravi ma freddi come il ghiaccio, ci sono? «Lo stesso Fanti è un primario molto lontano da quello privo di umanità rappresentato prima di perdere la memoria, e i suoi collaboratori lo definiscono diverso dagli altri, migliore, certo un medico un po’ aspirazionale, il dottore che tutti vorremmo», conclude Arlech. E i ricordi perduti per un colpo di pistola esploso da un padre furioso per un errore medico sono altri due temi di grande attualità e verità che Doc ha saputo raccontare.



Il vero Doc

Si chiama Pierdante Piccioni il medico ispiratore di Doc. «Come il dottor Fanti ho perso la memoria, ma nel mio caso per un trauma cranico da incidente d’auto», ci racconta. «All’epoca ero primario del PS di Lodi e mi chiamavano il Principe bastardo, perché ero uno di quei chirurghi che guarivano tutti ma poi toccava all’assistente ricucire e avere a che fare con paziente e famiglia. Insomma, il tipico barone str… o almeno così mi raccontano i colleghi, che mi hanno detto “se avessimo saputo che la botta ti avrebbe fatto questo effetto te l’avremmo data prima noi”».

Piccioni, con la memoria (un vuoto di 12 anni) ha perso anche certi freni inibitori, ma è un bene per i suoi assistiti. «Dico sempre quello che penso e oggi sono la loro quinta colonna nella Sanità, dove mi occupo di invalidi, di quelli che non vuole nessuno, e li aiuto dalle dimissioni protette alla riabilitazione». E i ricordi? Non tornano, se non nel protagonista del suo nuovo libro (Io ricordo tutto, Marietti 1820 editore), uno neuroscienziato ipermnesico dalla supermemoria.


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