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Rinosinusite: perché è diversa dalla rinite e come si cura

Una banale rinite, infatti, può complicarsi fino a diventare rinosinusite, uno stato infiammatorio da trattare con l’assistenza di uno specialista. Leggi qui

Foto: iStock



Naso chiuso o che cola, tosse, mal di testa, alterazioni nella percezione degli odori, dolore al viso, sensazione di orecchie tappate. Sono i sintomi più comuni della rinosinusite, uno stato infiammatorio che interessa la mucosa di rivestimento del naso e dei seni paranasali: «I pazienti fanno spesso confusione tra rinite e rinosinusite, che indicano invece due condizioni differenti», commenta il dottor Fulvio Di Fulvio, otorinolaringoiatra. «La rinite è un’infiammazione del naso, che nella maggior parte dei casi è dovuta ai virus del comune raffreddore, ma talvolta può essere scatenata anche da un’allergia. La rinosinusite, invece, è una sua complicanza: se la rinite non viene

trattata oppure viene curata male, può persistere per giorni o addirittura mesi, fino a coinvolgere i seni paranasali, cioè quelle cavità delle ossa craniche situate sopra e sotto gli occhi, tra gli occhi stessi e dietro il naso».


Che cos’è la rinosinusite

Questa infiammazione può essere acuta (quando si risolve entro 30 giorni) oppure cronica (se persiste oltre i tre mesi). «A metà, cioè fra i 30 e i 90 giorni, si colloca la rinosinusite subacuta, anche se nella maggior parte dei casi prevalgono le altre due casistiche. Mentre quella acuta è molto più facile da diagnosticare, una condizione cronica è decisamente complessa da inquadrare, perché i sintomi possono essere sfumati», avverte l’esperto. Per questo motivo, è fondamentale richiedere un consulto medico quando congestione nasale, tosse o mal di testa non passano dopo 7-10 giorni.

Come in qualunque patologia, esiste una predisposizione: «Più suscettibili alla rinosinusite sono i soggetti allergici e quelli con alcune alterazioni anatomiche a livello del naso, come la deviazione del setto nasale o la concha bullosa, una sorta di “rigonfiamento” del turbinato medio che determina un’ostruzione meccanica. Predispongono al problema anche una debolezza della cosiddetta clearance muco-ciliare, quel complesso sistema di “ciglia” che tappezza l’apparato respiratorio e permette al muco, contenente virus, batteri e particelle estranee, di muoversi verso la bocca ed essere, successivamente, deglutito e digerito: questa condizione di fragilità è presente in alcune patologie ereditarie, ma è favorita anche dal fumo di tabacco. Altri fattori predisponenti alla sinusite sono la compromissione del sistema immunitario dovuta, per esempio, a diabete, tumori o cure debilitanti.


Quali sono i sintomi della rinosinusite

«In fase acuta, la rinosinusite è tipicamente accompagnata da una cefalea più o meno intensa. In base alla localizzazione, il dolore può concentrarsi sopra, sotto o dietro gli occhi, talvolta accentuandosi con alcuni movimenti del corpo: per esempio, abbassando il capo, il muco o il pus presenti nei seni paranasali scendono verso il basso per effetto della forza di gravità e fanno “sentire” il loro peso», riferisce il dottor Di Fulvio.

Un altro sintomo comune è la secrezione nasale, più o meno abbondante, spesso non avvertita dal paziente: il gocciolamento, infatti, può avvenire direttamente in faringe (scolo retro-nasale), per cui il paziente non ha il naso che cola, ma sente qualcosa che scende nel retro della gola, avvertendo l’esigenza di liberarla e quindi di deglutire più del solito, oppure presenta una tosse produttiva, soprattutto al risveglio. «Nei casi più gravi, invece, la secrezione si sposta nella zona anteriore, per cui il naso inizia a colare e produce un muco trasparente o, più sovente, giallo-verdastro». Si può associare poi una diminuzione (iposmia) o addirittura un azzeramento (anosmia) dell’olfatto, per cui ci può essere difficoltà a percepire gli odori oppure una totale incapacità di coglierli o, magari, gli odori si possono avvertire ma alterati (disosmia). «Quando viene coinvolto anche il senso del gusto, invece, questo generalmente diminuisce ma non scompare del tutto», specifica l’esperto.


Come si fa a capire di avere la rinosinusite

Vista la sintomatologia, che può accomunare tante altre condizioni otorinolaringoiatriche, è importante che sia un medico a porre la diagnosi. «Servono innanzitutto un accurato esame obiettivo, durante il quale l’otorino esercita diverse pressioni sul viso per capire in quali zone si localizza il dolore, e un’attenta anamnesi per raccogliere la storia clinica del paziente e tutte le informazioni utili sulla sintomatologia. Questo aiuta a capire se davvero si tratta di rinosinusite oppure di una semplice rinite, ma anche se il quadro è acuto o cronico», chiarisce il dottor Di Fulvio.

Talvolta può essere necessario eseguire un’endoscopia nasale, un esame mini-invasivo e indolore in cui viene introdotta una piccola fibra ottica nel naso per osservare la presenza di alterazioni anatomiche oppure la presenza di polipi. «Solo in rari casi, quando gli altri esami lasciano un margine di incertezza, è necessario sottoporre il paziente a una TAC del massiccio facciale, che diventa obbligatoria invece in caso di poliposi, al fine di poter intervenire chirurgicamente in maniera precisa e mirata, oltre che in totale sicurezza».


Come si cura e come eliminare il muco

Nella prima settimana, fra i rimedi naturali utili ci sono i lavaggi nasali con una soluzione fisiologica o ipertonica, che aiutano a pulire le cavità nasali, soprattutto se abbinati ai vasocostrittori locali. Ma anche i classici suffumigi (con acqua termale sulfurea oppure con preparati a base di mentolo ed eucalipto) sono molto validi.


Quali farmaci sono efficaci

Sempre in fase acuta, la rinosinusite si può trattare con vasocostrittori locali, i classici decongestionanti venduti in farmacia per “liberare” dalla sensazione di naso chiuso, che devono però essere utilizzati per periodi limitati (4-5 giorni al massimo) in modo da non aprire la strada a riniti croniche e potenzialmente invalidanti.

«Qualora non bastasse, può rendersi necessario l’utilizzo di antibiotici o cortisonici, per via inalatoria oppure da assumere per via sistemica. In questo modo, nell’arco di tre settimane circa, è possibile risolvere almeno il 95 per cento delle situazioni acute», assicura l’esperto. «L’importante è intervenire con tempestività, perché la rinosinusite può evolvere, cronicizzarsi e avere come esito una delle complicanze più frequente negli adulti, ovvero la poliposi nasale, una patologia caratterizzata dalla presenza di estroflessioni della mucosa che ostruiscono i seni paranasali e le narici», conclude il dottor Di Fulvio. «Meglio prevenire, come raccomandavano sempre le nostre nonne».


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