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Farmaci: le insidie del paracetamolo

È sempre più usato anche come antidolorifico, ma può intossicare il fegato e innescare allergie. Ecco il parere degli esperti

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di Rossella Briganti

Medicinale da banco al top delle vendite, il paracetamolo è sempre più usato non solo come antipiretico (cioè per abbassare la febbre) ma anche come antidolorifico per combattere emicrania e mal di schiena, dolori mestruali, otiti, faringiti e mal di denti.

Ma dagli Stati Uniti arriva l’allarme: questa molecola, usata come panacea di tutti i mali, non è così innocua come sembra. Uno studio uscito il giugno scorso sul Journal of clinical and translational hepatology riferisce che negli Usa il 50% dei casi di intossicazione acuta del fegato sono dovuti a un’overdose di queste compresse, prese troppo alla leggera, che risultano responsabili anche del 20% dei trapianti di fegato per epatite fulminante.

«Già dal 2009 ricercatori dell’università dello Utah avevano scoperto che un metabolita del paracetamolo, chiamato N-acetil-para-benzochinone, si lega alle proteine del fegato danneggiandolo», spiega il dottor Salvatore Bardaro, docente di medicina integrata all’università di Siena e Pavia.

«Questa sostanza, infatti, consuma tutte le scorte di glutatione, il nostro più potente antiossidante e ne inibisce anche la sintesi da parte del fegato. Venendo a mancare questo meccanismo di difesa naturale, proprio nel momento in cui l’organismo è debilitato e febbricitante, si ha un’intossicazione del fegato che può essere acuta, in caso di megadosi assunte in pochi giorni, oppure cronica, in caso di piccole dosi prese quotidianamente per tenere a bada doloretti vari.

La cattiva abitudine di usare il paracetamolo di continuo, illudendosi che sia privo di effetti collaterali, va quindi sradicata se non si vuole andare incontro a progressiva insufficienza epatica». 

Per evitare i rischi da sovradosaggio già alla fine del 2013 la Food and Drug Administration ha cercato di correre ai ripari riducendo le confezioni di paracetamolo, vendute alla cassa dei super, e creando compresse da 325 mg accanto a quelle da 500 o 1000 mg usate anche da noi.

Un esempio seguito a ruota anche dalla Gran Bretagna. Ma qual è la dose-limite? «Ricoveri ospedalieri ed epatiti acute si hanno in genere oltre i 4 g al giorno», risponde Bardaro. «Ma è bene non superare mai i 2 g al dì, da prendere solo quando il dolore è insopportabile o la febbre supera i 39°».

NEI BAMBINI LE ALLERGIE

Risale al 2011 lo studio neozelandese coordinato da Julian Crage, del Wellington Asthma Research Group, che dimostra come i bambini che assumono paracetamolo prima dei 15 mesi (il 90%, nelle popolazioni occidentali) abbiano il triplo di probabilità di andare incontro ad asma e allergie entro i primi sei anni di vita. «Non c’è da stupirsi», commenta Manuela Papetti, pediatra a Segrate (Mi).

«Questa molecola aumenta l’infiammazione e il gonfiore delle mucose respiratorie e porta il sistema immunitario a reagire in modo anomalo, con il meccanismo tipico delle allergie. Per questa ragione è bene non superare la dose di 15 mg pro chilo, ogni sei ore al massimo». 

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Articolo pubblicato sul n.40 di Starbene in edicola dal 20/09/2016

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