di Ida Macchi
L’eccesso di peso è stato definito dall’Oms un’emergenza sanitaria e continua a declinare numeri da epidemia: solo in Europa causa ogni anno 337 mila morti premature e, se non ci sarà un’inversione di tendenza, nel 2030 più del 50% dei cittadini del Vecchio Continente sarà obeso, come riporta europeanobesityday. org, il sito della giornata europea dell’obesità, in programma il 21 maggio.
Un problema che ormai coinvolge tutto il mondo: «È la principale causa del diabete di tipo 2 che, a sua volta, aumenta il rischio di soffrire di ipertensione, scompenso cardiaco e placche aterosclerotiche, fattori che mettono in pericolo cuore e circolazione», spiega il professor Antonio Ettore Pontiroli, docente di medicina interna dell’Università Statale di Milano.
«Inoltre è associata ad alcuni tumori, apre la strada a depressione e stress, abbassa la qualità di vita e ha un effetto negativo sulla memoria». Gli antidoti, però, esistono e non si limitano semplicemente a fare perdere peso. Ecco tutte le ultime scoperte per la lotta ai chili di troppo e a un corpo più sano.
I FARMACI CHE AIUTANO IL CUORE
È stato dimostrato dai dati dello studio Scale Obesity and Prediabetes presentati durante l’ultimo congresso della Società italiana di diabetologia, che il liraglutide 3 mg, uno dei più recenti farmaci antiobesità, conferma il costante effetto sulla perdita di peso dopo 3 anni di monitoraggio; e non solo:
«Sui pazienti obesi e prediabetici (che non hanno ancora il diabete ma potrebbero svilupparlo), associato a una dieta ipocalorica e all’attività fisica, migliora i fattori di rischio cardiometabolico come pressione arteriosa, trigliceridi e colesterolo.
Inoltre, se assunto per più di 3 anni può prevenire la comparsa del diabete di tipo 2 in chi è obeso e prediabetico», spiega Paolo Sbraccia, presidente della Società italiana dell’obesità. «Il farmaco garantisce una perdita di peso del 4,5-7% in un anno, ma non è la pillola magica», chiarisce Pontiroli.
«È indicato per le forme di obesità lievi, anche se non associate al diabete, ma solo se dà risultati nelle prime16 settimane di terapia. Chi in questo periodo non registra almeno un calo del 4% del peso deve interrompere le cure perché significa che il medicinale su di lui non funziona. E se la terapia non è affiancata da cambiamenti nella dieta e da una regolare attività fisica, i suoi effetti vanno in fumo».
LA CHIRURGIA CHE METTE ALLE CORDE IL DIABETE
È stato appurato che gli interventi più praticati (bendaggio gastrico, by pass gastrico e sleeve gastrectomy) oltre a far perdere peso, regalano effetti benefici a distanza: «Nei diabetici obesi il bendaggio gastrico riduce del 60% sia la mortalità, sia la comparsa di malattie cardiovascolari e dimezza i ricoveri in ospedale », dice Pontiroli.
«A 13 anni dall’intervento, i valori della pressione arteriosa sono più bassi, c’è un miglioramento del quadro glicemico, della funzionalità renale e una presenza più bassa di placche aterosclerotiche alle carotidi mentre il 55% dei pazienti guarisce addirittura dal diabete», specifica il professore. «Ma ci sono ottimi risultati anche con gli altri interventi», rimarca il dottor Alberto Della Valle, primario della chirurgia generale e dell’obesità dell’Istituto clinico Città Studi di Milano:
«Con il bypass si registra una guarigione nell’80% dei casi, mentre utilizzando la sleeve si attesta al 70%. Probabilmente, la riduzione o l’eliminazione di una parte dello stomaco induce una variazione degli ormoni prodotti dall’apparato gastrointestinale che hanno una funzione sul metabolismo, compreso quello degli zuccheri, contribuendo così a guarire il diabete», aggiunge Della Valle.
IL SOSTEGNO POST OPERATORIO
«Bisogna sapere che con sleeve e bypass la perdita di peso è maggiore e che il bendaggio gastrico, per motivi non ancora identificati, funziona poco su un quarto della popolazione », specifica Pontiroli. « Quindi, non esiste un intervento ideale per tutti. E se si decide di affidarsi
alla chirurgia bariatrica è bene rivolgersi a centri di eccellenza con équipe multidisciplinari, mettendo in conto che qualsiasi tipo d’intervento rischia di fallire se il cibo è vissuto come strumento compensativo di un malessere interiore.
Inoltre, è importante che sia previsto un sostegno post operatorio di almeno un anno, psicologico e dietetico, perché ci sono anche nuove regole alimentari da seguire: bevande zuccherate e dolci liquidi, per esempio, sono vietati perché non saziano, ma vengono ugualmente assimilati».
A RISCHIO ANCHE I PIÚ PICCOLI
I bimbi italiani sono fra i più grassi del nostro continente. L’Italia è ai primi posti in Europa con il 9,8% di bambini obesi. Un fenomeno che va contrastato fin dal primo anno di vita, con poche e semplici regole: «Allattare il piccolo al seno sino a 4-6 mesi, iniziare lo svezzamento intorno al 5° mese, riducendo subito il consumo di succhi di frutta, tisane e bibite zuccherate e, quando è un poco più grande, quello di merendine dolci, patatine e cioccolato», consiglia il chirurgo Alberto Della Valle.
«Inoltre, è fondamentale non insistere perché il piccolo mangi e si rimpinzi a ogni pasto: l’appetito è innato e il bambino si autoregola. La sua dieta deve essere varia e ricca di frutta e verdura, deve rispettare i 3 canonici appuntamenti con la tavola e ogni giorno c’è bisogno di
una quota di attività fisica: camminando, giocando all’aperto e, quando avrà l’età per farlo, anche praticando uno sport», conclude l’esperto.
Articolo pubblicato sul n.22 di Starbene in edicola dal 17/05/2016