Secondo le casistiche disponibili, nel mondo circa 200 milioni di persone soffrono di osteoporosi, una condizione che si caratterizza per la ridotta massa minerale ed il progressivo deterioramento del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità ossea e maggiore probabilità di fratture. L’aumentata aspettativa di vita rende l’osteoporosi una condizione da prevenire necessariamente per migliorare la qualità della vita delle persone, che vivono sempre più a lungo.
Ci sono numerosi fattori di rischio per l’osteoporosi quali l’età avanzata, l’appartenenza all’etnia bianca o asiatica, avere una costituzione minuta e la familiarità per la condizione. L’osteoporosi, però è favorita anche da diete povere di calcio, troppo ricche di proteine, carenti in vitamina D, dalla vita sedentaria, dal vizio del fumo e da un eccessivo consumo di alcol e caffeina. L’uso eccessivo di lassativi come pure di alcuni farmaci quali i cortisonici, aumentano il rischio di sviluppare la condizione.
L’osteoporosi è una condizione che può essere secondaria anche ad altre patologie come l’ipogonadismo e le malattie endocrino-metaboliche quali la sindrome di Cushing, le tireotossicosi o l’iperparatiroidismo. Inoltre può insorgere come conseguenza di alcuni tumori o a causa delle terapie seguite per sconfiggerli, può essere secondaria a malattie croniche come l’insufficienza renale cronica, la broncopneumopatia cronico ostruttiva o l’insufficienza cardiaca cronica congestizia-
La prevenzione dell’osteoporosi, quindi, passa sicuramente attraverso il miglioramento di tutti i fattori di rischio modificabili (come la sedentarietà, il fumo o le diete scorrette) ed anche tramite una nuova speranza di prevenzione che arriva da uno studio tutto italiano compilato grazie alla collaborazione dall’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano, con l’Istituto Ortopedico Galeazzi, il Policlinico San Donato di Milano (tre strutture del Gruppo Ospedaliero San Donato) ed infine le Università di Catanzaro, Padova e Milano.
Questo studio ha evidenziato che più bassi sono i livelli circolanti di C-peptide, una proteina dalle funzioni non ancora ben definite prodotta dal pancreas, più bassa risulta essere la densità dell’osso, che può quindi fratturarsi più facilmente. In un futuro non troppo lontano quindi si potrà pensare al C-peptide come ad un marcatore del rischio di osteoporosi, e si potranno studiare dei presidi terapeutici che, andando a modulare in positivo i livelli di questa proteina, saranno in grado di migliorare la densità ossea e abbassare quindi il rischio fratture.
«Lo studio in questione – sottolinea il dottor Carmine Gazzaruso, responsabile del Servizio di endocrinologia e diabetologia dell’Istituto Clinico Beato Matteo di Vigevano nonché coordinatore dello studio – potrebbe aprire nuove prospettive nella precoce identificazione dei soggetti a maggior rischio di osteoporosi, nella comprensione degli stretti rapporti tra osteoporosi e diabete, e nella possibilità di disporre, modulando l’azione del C-peptide, di un’altra arma terapeutica nei confronti dell’osteoporosi».
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