Le nuove cure che vincono il tumore al seno

La guarigione dal cancro alla mammella si avvicina al 90% dei casi trattati. E il merito va alle terapie, sempre più precise e studiate su misura per ogni paziente



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In Italia, l’anno scorso sono state registrate 55.700 nuove diagnosi di tumore al seno. Un numero impressionante, cui fa da contraltare una bella notizia: il carcinoma mammario sta diventando una malattia sempre più curabile, con nuovi dati molto incoraggianti, a conforto di tutte le donne.

«Nei primi anni Duemila la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi era intorno all’80%. Oggi abbiamo superato l’87%. Merito dei progressi compiuti dalla ricerca, con la messa a punto di nuovi farmaci di precisione che consentono terapie sempre più mirate ed efficaci, “cucite” sulla paziente come un abito sartoriale», spiega la professoressa Lucia Del Mastro, ordinario di oncologia medica all’Università di Genova, ricercatrice Airc (Associaziona italiana per la ricerca sul cancro) e coordinatrice della Breast Unit del Policlinico San Matteo di Genova. Ecco quali sono le cinque novità che hanno rivoluzionato la storia delle terapie destinate a sconfiggere il tumore alla mammella.


  • 1. L'avvento degli anticorpi coniugati

Si definisce così la nuova classe di farmaci “due in uno”, formati da un anticorpo monoclonale (diretto contro una specifica proteina-bersaglio della cellula tumorale) unito a un chemioterapico. «Grazie ai cosiddetti “ linker”, legami chimici creati ad hoc, l’anticorpo viene agganciato al farmaco chemioterapico e infuso per endovena mediamente ogni tre settimane, anche se tempi e modalità di somministrazione dipendono dal tipo di farmaco e dal quadro clinico», precisa la professoressa Del Mastro.
Che vantaggi comporta poter contare su un doppio medicinale? «Una maggiore efficacia e la possibilità del chemioterapico di penetrare meglio all’interno della cellula tumorale, perché veicolato dall’anticorpo. Il tutto con una minore tossicità sistemica per l’organismo. Esempi di queste combinazioni che agiscono in tandem sono: trastuzumab-deruxtecan e sacituzumab-govitecan».


  • 2. Radioterapia sempre più breve

Fino a qualche anno fa, nei casi indicati, alla paziente affetta da carcinoma mammario veniva prescritto un ciclo di radioterapia post-operatoria, per “bombardare” le cellule maligne residue. Solo che si trattava di una serie lunga ed estenuante, pari a 25 sedute di radioterapia in 5 settimane. Oggi, invece, gli studi hanno fatto luce su un’importante scoperta: concentrare la radioterapia in 5 sessioni settimanali, con una dose di raggi superiore per singola seduta ma uguale per ciclo complessivo, garantisce gli stessi risultati del protocollo abituale.
«Si tratta di una conquista poiché riunire in un lasso di tempo molto breve (una settimana) l’intero ciclo di “radio” significa risparmiare alla donna stress e spostamenti impegnativi. Mentre la paziente, per il buon andamento delle cure, deve conservare il più possibile serenità e benessere», sottolinea Lucia del Mastro.


  • 3. Immunoterapia valida per tutte le forme

Sono appena usciti i risultati di uno studio globale, condotto in diversi Paesi, che dimostra l’utilità di prescrivere l’immunoterapia anche nei tumori al seno con recettori ormonali positivi, biologicamente aggressivi. «Fino a ieri i farmaci immunoterapici erano indicati soprattutto per i cosiddetti tumori “triplo negativi”. Oggi sappiamo che sono efficaci anche per quelli ormono-dipendenti, che presentino un’attività biologica particolarmente aggressiva», chiarisce la professoressa Lucia
Del Mastro.
«Questa scoperta apre nuove prospettive terapeutiche per le forme tumorali di tipo ormonale poiché, com’è noto, l’immunoterapia mira a togliere i freni inibitori al sistema immunitario, spronandolo ad agire contro l'“intruso” che, da parte sua, adotta delle strategie per non farsi riconoscere. Ma grazie agli immunoterapici di ultima generazione, vengono risvegliate e affilate le naturali difese dell’organismo».


  • 4. Ai nastri di partenza altre molecole antiormonali

I tumori alla mammella che presentano recettori sensibili all’azione degli ormoni rappresentano il 70% di tutte le forme di carcinoma mammario. L’obiettivo della ricerca, quindi, è mettere a punto nuove molecole ad azione antiormonale, così da proteggere la mammella dallo stimolo proliferativo degli ormoni.
«Attualmente vengono utilizzati, come antiormoni, soprattutto gli inibitori dell’aromatasi e il fulvestrant. Ma sono già state approvate dalla Fda (Food and drug administration), e in fase di registrazione da parte dell’Ema (Agenzia europea per i medicinali) altre promettenti molecole come l’elacestrant», spiega l’esperta. Il suo arrivo, in Europa, è previsto per i primi mesi del 2024.


  • 5. La diffusione della biopsia liquida

Tramite un semplice prelievo di sangue è possibile intercettare il Dna tumorale che “nuota” nel torrente ematico. È questa la finalità della cosiddetta biopsia liquida, un esame diagnostico molto prezioso e per nulla invasivo. «Identificare sul nascere le mutazioni del Dna consente all’oncologo di decidere con maggior precisione il tipo di terapia più adatta alla singola paziente», chiarisce la professoressa Lucia Del Mastro.
«Inoltre, come già avviene per il tumore al colon, la precoce diagnosi delle alterazioni molecolari, resa possibile dalla biopsia liquida, potrà presto segnalare la presenza di micrometastasi, di dimensioni talmente piccole da non essere rilevabili dai comuni esami radiologici come Tac e Pet. Per ora, si sta lavorando su questo fronte soltanto a livello sperimentale, ma presto la biopsia liquida diventerà un esame di routine, per la diagnosi molto precoce delle micrometastasi». 


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