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La nuova arma contro l’influenza

Un vaccino più efficace è già disponibile per contrastare l’epidemia in arrivo. Ma il mondo scientifico non si ferma e lavora per mettere a punto strategie sempre più mirate contro il virus

Foto: iStock



D’ora in poi l’influenza farà meno danni, perché da adesso – stando alle previsioni – il virus stagionale risparmierà mediamente 120 mila italiani e 30 mila visite mediche all’anno.

A dare i “numeri” è un modello matematico messo a punto dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler di Trento, che ha valutato il possibile impatto del primo vaccino antinfluenzale prodotto su coltura cellulare, disponibile da questo mese.

In cosa consiste la novità? «Da oltre settant’anni», spiega il professor Giorgio Palù, ordinario di microbiologia e virologia all’Università di Padova e presidente della Società italiana di virologia, «i vaccini contro l’influenza sfruttano le uova embrionate di pollo come incubatori biologici: al loro interno, i virus si moltiplicano e poi vengono isolati, inattivati o frammentati per ottenere le proteine utili per produrre i vaccini.

Il problema è che, dovendosi adattare all’uovo, i virus mutano leggermente il loro aspetto esterno, quello che i nostri anticorpi si “allenano” a riconoscere, per cui il microrganismo inserito nelle vaccinazioni è sempre un po’ diverso rispetto all’originale, che effettivamente circolerà».

Per ovviare al problema, si sta sperimentando da tempo la coltura cellulare: al posto delle uova, i virus vengono cresciuti in laboratorio su cellule di mammifero (uomo compreso), che non stimolano quella mutazione superficiale.

«Ecco perché il vaccino sbarcato quest’anno in Italia è stato salutato con entusiasmo, nella convinzione che possa offrire una protezione più mirata e potenzialmente migliore rispetto a quello tradizionale, che comunque resta sul mercato: spetta infatti alle amministrazioni regionali stabilire quale tipologia mettere a disposizione della propria utenza».


Gli ingegneri genetici al lavoro

Ma la vera rivoluzione potrebbe arrivare nei prossimi anni grazie all’ingegneria genetica e alla biologia sintetica. «Tramite tecniche sofisticate, si potranno identificare e clonare le proteine di interesse nell’arco di poche ore», riferisce Palù.

Ciò significa che non sarà più necessario fare previsioni sull’influenza che verrà (cosa che avviene osservando quanto è successo l’anno precedente nell’emisfero australe), ma si potrà isolare il virus direttamente alle nostre latitudini e produrre un vaccino in due giorni, rispetto ai 4-5 mesi necessari con le tecniche attuali.

«Questo consentirebbe un’efficacia massima delle preparazioni: il virus influenzale infatti è un trasformista, cambia ogni anno e addirittura all’interno della stessa stagione, ma in questo caso non gli concederemmo il tempo necessario per mutare».

A dire il vero, l’obiettivo finale degli scienziati è andare ancora oltre, mettendo a punto una vaccinazione universale che non agisca soltanto contro alcuni ceppi influenzali, ma che sia in grado di combatterli tutti. A compiere un passo importante in questa direzione è stato un team della Vanderbilt University di Nashville e dello Scripps Research Institute di La Jolla, entrambi negli Usa: lo studio ha individuato il “tallone d’Achille” del virus influenzale. Si tratta di un anticorpo umano, ribattezzato FluA-20, in grado di riconoscere e distruggere parte della proteina (emoagglutinina) che permette al virus di trasformarsi e che rende necessario mettere a punto vaccini sempre diversi.

Sulla base di questa scoperta, l’équipe ha sviluppato un sistema di immunoterapia basato su FluA-20, testato al momento soltanto sui topi ma dai risultati incoraggianti: l’anticorpo infatti è riuscito a prevenire l’infezione quando gli animali sono stati esposti a quattro diversi ceppi dell’influenza di tipo A, per cui i ricercatori si sono detti ottimisti sulla possibilità di ottenere presto un’immunità universale.

«Questo è un sogno che circola da anni nel mondo scientifico e che si vorrebbe applicare anche ad altri virus, come quello dell’HIV», commenta Palù.

«Potremmo certamente salvare vite umane e ridurre di molto i costi sanitari, ma il percorso è ancora lungo. L’emoagglutinina è composta da tre unità ed è simile a un fiore, fatto di una testa e uno stelo: non è così facile produrre vaccini che riconoscano e si “aggancino” a una struttura tridimensionale. Più semplice invece, ma molto costoso, potrebbe essere l’utilizzo dei cosiddetti anticorpi neutralizzanti. Alcuni soggetti infatti sono naturalmente in possesso di super anticorpi in grado di neutralizzare più ceppi virali, che un giorno potremmo essere in grado di clonare».


La molecola super intelligente

E mentre in America è pronto per essere testato sull’uomo un vaccino antinfluenzale progettato interamente dall’intelligenza artificiale, c’è chi lavora a soluzioni ancora più innovative. All’Istituto di ricerca in biomedicina di Bellinzona, in Svizzera, è stata individuata una molecola (Sign-R1) naturalmente presente sulla superficie di alcune cellule del nostro sistema immunitario, le cellule dendritiche, che funzionano da “direttori d’orchestra” nella risposta alle infezioni.

Questa molecola è caratterizzata da un particolare “talento”: sa riconoscere la porzione fissa delle proteine di superficie dei virus influenzali, quella che non cambia mai ed è condivisa da tutti i ceppi, per poi legarsi ad essa, stimolando una risposta immunitaria efficace. Adesso, l’obiettivo è progettare farmaci basati proprio su molecole in grado di stimolare la Sign-R1, utili per potenziare l’effetto dei vaccini.

«Si tratta di uno studio importante che chiarisce i meccanismi che regolano il funzionamento del sistema immunitario», interviene la professoressa Anna Teresa Palamara, presidente della Società italiana di microbiologia e ordinario di microbiologia presso l’Università Sapienza di Roma. «Detto ciò, progettare farmaci di precisione che vadano a stimolare esattamente quelle molecole e poi provarne l’efficacia nell’uomo richiede ancora molti studi».


Le categorie a rischio

Al momento, quindi, il vaccino rimane lo strumento primario e più efficace per prevenire l’influenza. «Lo raccomandiamo ai bambini sopra i sei mesi, ad anziani, malati cronici, donne in gravidanza e persone a frequente contatto con pazienti ad alto rischio», elenca Palamara. Proprio nei giorni scorsi, le nuove linee guida dell’American Academy of Neurology hanno incoraggiato anche chi è affetto da sclerosi multipla ad aderire ai programmi vaccinali.

«Nei pazienti immunodepressi, ma anche in diverse condizioni che possono fiaccare il sistema immunitario come chemioterapia, trapianti, malnutrizione e trattamenti farmacologici, è sempre utile vaccinarsi. È vero infatti che questi soggetti rispondono meno allo stimolo vaccinale, ma l’immunizzazione conferisce sempre e comunque una protezione o, per lo meno, aiuta a rendere meno severa la malattia in caso di contagio».

L’importante è non avere paura: «Il vaccino antinfluenzale è assolutamente sicuro e viene sottoposto a rigorosi controlli, sia prima sia dopo l’immissione in commercio», conclude Palamara. «Le morti sospette che talvolta si sono verificate a poche ore dalla somministrazione, scatenando il panico, non sono mai risultate correlabili ad esso, in quanto i pazienti deceduti presentavano già altre patologie in atto e un quadro clinico compromesso. Dunque, niente allarmismi».



Cosa ci aspetta

Quest’anno, i virus circolanti saranno quattro: B/Colorado/06/2017 (lineaggio B/Victoria) e B/Phuket/3073/2013 (lineaggio B/Yamagata), già presenti nel vaccino 2018-19, e le nuove varianti A/Brisbane/02/2018 (H1N1) e A/Kansas/14/2017 (H3N2).

Ancora una volta, le principali avvisaglie saranno febbre con temperatura superiore ai 38 gradi, manifestazioni respiratorie (come tosse, mal di gola, raffreddore), malessere generale (cefalea, stanchezza, mancanza di appetito, dolori muscolari o articolari) e talvolta disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, diarrea). Secondo le previsioni, diffusione e aggressività saranno sovrapponibili a quelle dello scorso anno.


Non esageriamo con i farmaci

Per contrastare l’influenza si utilizzano farmaci sintomatici (antifebbrili, antinfiammatori). Ne esistono poi alcuni con una attività antivirale: tra questi ci sono i cosiddetti inibitori della neuraminidasi, da assumere sotto controllo medico ed entro le prime 48 ore dall’esordio della malattia.

Si tratta di medicinali raccomandati in casi particolari, per esempio nelle persone ad alto rischio di complicanze: la loro efficacia è limitata e consiste nell’accorciare la durata della malattia di circa un giorno o poco più.



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Articolo pubblicato sul n. 41 di Starbene in edicola dal 24 settembre 2019


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