di Rossella Briganti e Ida Macchi
Secondo recenti dati diramati dall’Aogoi (Associazione ostetrici-ginecologi ospedalieri italiani) sono circa 3 milioni le italiane affette da fibromi uterini, tumori benigni dell’utero che si manifestano con sintomi di intensità variabile: da un leggero aumento del volume uterino a un senso di pesantezza al basso ventre, dal flusso mestruale particolarmente lungo e abbondante a dolori che si irradiano alla zona lombare, fino all’incontinenza urinaria per la costante compressione esercitata sulla vescica.
A volte poi possono ostacolare l’avvio della gravidanza. Fortunatamente oggi chi riscontra la presenza di un fibroma può contare su valide soluzioni per sbarazzarsene definitivamente. Ecco quali.
QUANDO È UTILE IL FARMACO
La molecola che ha rivoluzionato il trattamento dei fibromi uterini si chiama Ulipistral acetato. «Agisce provocando la morte delle cellule cresciute in eccesso», spiega Fiammetta Trallo, ginecologa a Bologna.
«Si inizia a prendere dal primo giorno del ciclo per bloccare il flusso ed evitare le emorragie prolungate. Dal mese successivo si entra in amenorrea (assenza di ciclo) e si continua ad assumere il farmaco per tre mesi complessivi. Dopo un periodo di sospensione, si inizia un secondo ciclo, al termine del quale si assiste a una riduzione del fibroma pari al 50-70% del volume iniziale».
Ben tollerato e privo di effetti collaterali di rilievo, l’Ulipistral acetato viene prescritto soprattutto in questi tre casi.
1. Se si è vicine alla menopausa e si hanno fastidiosi sanguinamenti. Precisa la dottoressa Trallo: «Lo scopo è di accompagnare dolcemente la donna alla fine dell’età fertile, quando il suo fibroma (o i suoi fibromi) si ridurranno automaticamente di volume per il crollo degli ormoni sessuali femminili»
2. «In età fertile, se si soffe di anemia per la perdita di ferro dovuta alle continue emorragie: il farmaco permette di fare una pausa di sospensione e di far risalire i livelli di emoglobina», spiega la dottoressa Trallo. E se si cerca un bambino? Durante il ciclo terapeutico non si può restare in dolce attesa.
Dopo, si può cercare una gravidanza beneficiando dell’effetto-riduzione. «Va però detto che, a sei mesi, un anno di distanza dal termine della cura, sotto la spinta ormonale i fibromi uterini possono ricominciare a crescere», avverte Fiammetta Trallo. «E in questo caso spetta al ginecologo valutare se candidare o meno all’intervento la paziente, soppesando anche le sue esigenze».
3. Per ridurre di dimensioni il fibroma prima dell’intervento chirurgico, che diventa quindi meno invasivo: un conto è rimuovere una formazione di sette centimetri, un altro è asportarne una di tre.
IN QUESTI CASI SERVE L’INTERVENTO
L’operazione resta la scelta obbligata per eliminare i fibromi più fastidiosi. La buona notizia è che oggi c’è una nuova tecnica ancora più sicura di quella eseguita utilizzando il bisturi elettrico:
«È la miomectomia isteroscopica effettuata con un’ansa a freddo, un piccolo strumento che rimuove il fibroma con precisione millimetrica e, soprattutto, senza rischio che si formino aderenze», spiega il dottor Ivan Mazzon, responsabile del centro di ginecologia endoscopica Arbor Vitae della Casa di cura Nuova Villa Claudia di Roma, che vanta la più grande casistica mondiale sulla nuova tecnica (vedi qui di seguito). Ecco quando si ricorre all’intervento
1. «Per eliminare i fibromi sottomucosi quando, come capita nell’80-90% dei casi, danno il via a una serie di disturbi che la terapia medica non è più in grado di arginare: mestruazioni molto abbondanti e debilitanti, alterazioni della fertilità (difficoltà dell’impianto dell’embrione o aborti ripetuti )», spiega il dottor Mazzon. «Questi fibromi si affacciano sulla cavità uterina, deformandola e arrivando a sollevare l’endometrio. Sono inoltre ben vascolarizzati e tendono a crescere rapidamente».
2. «Per rimuovere alcuni fibromi intramurali: «sono quelli che si sviluppano nello spessore della parete uterina, ingrossandola», spiega il nostro esperto. «Nel 10% dei casi, al pari di quelli sottomucosi, alterano la fertilità e provocano mestruazioni abbondanti, risolvibili solo con la loro eliminazione chirurgica».
LA NUOVA TECNICA
L’intervento con “l’ansa a freddo” viene effettuato in sedazione profonda. Il chirurgo raggiunge il fibroma direttamente dalla vagina e lo rimuove meccanicamente con uno strumento “a freddo” e non più, come si faceva tradizionalmente, con un bisturi che agisce sfruttando il calore dell’energia elettrica.
I vantaggi: «Nessuna formazione di aderenze cicatriziali sulle pareti uterine che minano la fertilità della donna, sia come capacità di restare incinta sia come probabilità di proseguire, senza intoppi, una gravidanza appena avviata», precisa il dottor Ivan Mazzon.
«Non solo: si evitano le complicanze legate all’uso del bisturi elettrico (perforazione accidentale dell’intestino, della vescica o del peritoneo, la membrana che avvolge gli organi interni) che, secondo un recente studio inglese, si possono verificare nel 2 - 6% dei casi».
Articolo pubblicato sul n.32 di Starbene in edicola dal 26/07/2016