L'emicrania è a tutti gli effetti una malattia “in rosa”. I numeri del problema, piuttosto corposi (si stima in media che ne soffra il 12% della popolazione adulta mondiale), dicono che solo in Italia, 4 vittime su 6 siano donne. «Colpisce prevalentemente il sesso femminile soprattutto nell’età riproduttiva, dai 20 ai 50 anni, con risvolti professionali che costringono all’assenteismo o agli straordinari, per recuperare le ore perdute a causa del dolore», puntualizza Grazia Sances, specialista in neurologia e referente del Centro Diagnosi e Cura Cefalee IRCCS Fondazione Mondino di Pavia.
Il prezzo da pagare è molto salato: «Corrisponde alle cifre richieste per visite, esami, farmaci, ricoveri. E coinvolge anche aspetti sociali importanti, perché influisce sulle normali attività famigliari (rapporti con partner, figli) e di svago (amici, vacanze)», continua la neurologa.
Del resto, se l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica l’emicrania come seconda malattia più invalidante nell’arco della vita, e nel caso delle giovani donne diventa la prima, una ragione ci sarà.
Oggi, però, le armi a disposizione dei pazienti non mancano. Da molti anni le terapie contro l’emicrania hanno visto l’utilizzo di farmaci di cura non specifici, cioè medicinali messi a punto per altre malattie ma, allo stesso tempo, efficaci contro il mal di testa, come i betabloccanti utilizzati in cardiologia, alcuni antiepilettici come il topiramato, gli antidepressivi triclici, certi calcio antagonisti.
Dal 2013 è comparsa la prima terapia specifica, la tossina botulinica, che è indicata nel trattamento dell’emicrania cronica. La vera rivoluzione, però, è iniziata alla fine del 2018 e continua ancora oggi. In questi ultimi anni, dopo un lungo digiuno farmacologico, sono nati nuovi medicinali specifici. Scopri quali sono con l’aiuto dei nostri esperti.
Emicrania, i farmaci da iniettare
«I primi fra tutti, arrivati dal 2018 in poi, sono gli anticorpi monoclonali anti-CGRP. Oggi ne esistono quattro (Erenumab, Galcanezumab, Fremanezumab, Eptinezumab) e agiscono come antagonisti (sul recettore o sul peptide) del Calcitonin Gene Related Peptide (CGRP), una molecola fortemente coinvolta nella neuromodulazione dei circuiti del dolore. Hanno un effetto di prevenzione dell’emicrania, quindi il loro impiego tende a non far sorgere attacchi e a ridurre il loro numero», spiega Grazia Sances.
La somministrazione è per via sottocutanea per Erenumab, Galcanezumab e Fremanezumab, mentre è per via endovenosa nel caso di Eptinezumab. La possibilità di usufruire di somministrazioni diversificate, permette, inoltre, allo specialista di scegliere il medicinale “tagliato” sulle esigenze della persona: per chi viaggia molto, e non vuole essere costretto a ricordare tutti i mesi la terapia, può andare bene una tripla somministrazione trimestrale sottocutanea che viene eseguita in autonomia, come nel caso del Fremanezumab; per il paziente che ha bisogno di essere seguito un po’ più da vicino si può scegliere la via endovenosa, eseguita in ospedale una volta ogni tre mesi (Eptinezumab). Gli altri due anticorpi invece, vanno effettuati mensilmente, tutti con iniezione sottocutanea autogestita.
«Queste terapie sono molto importanti per tutte le persone con emicrania, in particolare per le donne, che soffrono delle forme più frequenti e invalidanti del problema. Lo dimostra il fatto che sono prescrivibili a carico del Sistema Sanitario Nazionale nei centri cefalee (secondo indicazioni Aifa di prescrivibilità), ai pazienti che non rispondono a quelle preventive tradizionali», rimarca la dottoressa Cinzia Finocchi, direttore della struttura complessa di Neurologia dell’ospedale San Paolo di Savona.
Ma attenzione: «Se un paziente soffre di ipertensione e non è ben controllato non può essere trattato con gli anticorpi monoclonali anti-CGRP, se prima non si sono trattati e stabilizzati i valori pressori con una terapia adeguata», avverte Sances.
Inoltre, il loro uso è controindicato nelle persone con angina pectoris, ischemie cerebrali, tromboembolie e nei pazienti che abbiano avuto recenti trattamenti di bypass aorto-coronarico o procedure di rivascolarizzazione (come da indicazioni Aifa). Gli effetti collaterali più comuni sono stipsi, eritemi e prurito transitori nel sito di iniezione, e a volte una leggera caduta di capelli.
Ottimi i risultati: «Alcune ricerche hanno dimostrato una riduzione di almeno il 50% degli attacchi già nei primi 3 mesi, ma ci sono pazienti che rispondono con una percentuale del 75% e, addirittura, in alcuni arrivano al 100%. Cioè che non hanno l’emicrania nei mesi in cui viene loro somministrato il farmaco», conclude la neurologa.
I farmaci contro l'emicrania a doppio effetto
«Dall’anno scorso sono disponibili anche i gepanti», spiega Sances. «Si tratta di molecole più piccole rispetto agli anticorpi, farmaci antagonisti che agiscono bloccando reversibilmente i recettori del CGRP. Durante gli studi compiuti prima della loro immissione in commercio, ma anche nelle prime ricerche “real-life”, hanno dimostrato un’efficacia molto buona e un’alta tollerabilità, effetti collaterali scarsi e un’elevata adesione al trattamento da parte dei pazienti».
Sono Rimegepant (indicato sia in fase acuta sia come prevenzione) e Atogepant (azione solo preventiva ma è allo studio l’efficacia anche per gli attacchi acuti), però soltanto il secondo è rimborsabile, ad oggi, dal Servizio Sanitario Nazionale e disponibile con il piano terapeutico Aifa.
«Presi stabilmente agiscono come terapia preventiva ma assunti al bisogno funzionano per il trattamento acuto dell’attacco. Questo permette di allargare l’azione anche verso molti pazienti resistenti alle cure tradizionali», aggiunge la dottoressa Finocchi. «Non hanno gli stessi “avvertimenti” degli anticorpi monoclonali anti-CGRP perché sono privi di effetti importanti su livelli pressori e disturbi vascolari. Inoltre si assumono per bocca (a giorni alterni o quotidianamente), perciò eventualmente si possono sospendere subito e non c’è il rischio che rimangano in circolo a lungo come gli anticorpi monoclonali», chiarisce Sances.
Le uniche vere controindicazioni sono insufficienza renale o epatica gravi e possibili interazioni, soprattutto con alcuni antimicotici o determinati antibiotici.
Gli ultimi medicinali: simili ai triptani
L’ultimo ritrovato appartiene a un’altra famiglia di medicinali, quella dei ditani. «Consigliato soltanto in caso di attacco durante la fase acuta, vanta studi che stanno dimostrando una buona efficacia, anche se le ricerche condotte sulla pratica clinica non sono tantissime», avverte Sances.
La molecola, disponibile in Italia, si chiama Lasmiditan ed è a carico del paziente. Agisce come agonista dei recettori 5-HT1F della serotonina, in modo più selettivo e specifico rispetto ai triptani e si assume per bocca.
Effetti collaterali: «Da segnalare in particolare la sonnolenza, per cui non si può guidare o svolgere attività che richiedono notevole attenzione nelle 8 ore dopo l’assunzione, e possibili anche vertigini, formicolio, fatica».
Anti-CGRP e Atogepant: servono precisi requisiti
«Anti-CGRP e Atogepant sono distribuiti dagli ospedali tramite un piano terapeutico che prevede dei “paletti” riportati sul registro Aifa di monitoraggio ed elencano i requisiti per la prescrizione e la rimborsabilità dei farmaci», spiega Grazia Sances.
«Il paziente deve aver sofferto di emicrania per almeno 8 giorni negli ultimi 3 mesi e ottenere come minimo 11 nel questionario MIDAS Midas (Migraine Disability Assessment Score Questionario), che offre un quadro della disabilità causato dagli attacchi emicranici. Poi, per proseguire con il trattamento occorre che dopo 3-6 mesi di terapia il punteggio della scala sia ridotto almeno del 50%.
Infine, Aifa richiede che il paziente, prima di accedere ai nuovi farmaci specifici, abbia registrato una risposta non particolarmente adeguata o addirittura fallito almeno 3 trattamenti anti-emicrania non specifici tra betabloccanti, antidepressivi triciclici, antiepilettici e, in caso di emicrania cronica, tossina botulinica», conclude la neurologa.
Ginecologo e neurologo, il connubio vincente
«Le cefalee, in particolare l’emicrania (tra le forme più frequenti e invalidanti), oltre a essere più comuni e intense nella donna, risultano molto legate ad alcuni fasi della vita riproduttiva », spiega la neurologa Cinzia Finocchi.
«Prima di tutto sono collegate col ciclo mestruale. Gli attacchi di emicrania che colpiscono durante questa fase si rivelano generalmente molto più intensi, invalidanti e quindi richiedono spesso un approccio multidisciplinare, che deve vedere il neurologo collaborare con il ginecologo, in modo da trovare una buona soluzione. E in questo, le nuove terapie ci vengono molto in aiuto».
Un’altra fase delicata dal punto di vista della gestione dell’emicrania è il periodo della perimenopausa: «Anche in questo caso l’approccio multidisciplinare è fondamentale, perché le oscillazioni ormonali possono far peggiorare la cefalea, renderla difficile da gestire e invalidante», continua l’esperta. Senza dimenticare la gravidanza: «Durante l’attesa molti tipi di cefalee migliorano spontaneamente, ma per alcune donne è vero il contrario. Quindi, con le ovvie limitazioni imposte dalla gestione dei farmaci, le future mamme devono essere seguite con particolare delicatezza », conclude la neurologa.
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